I
«Avete sentito Madre? ».
«Cosa dovrei sentire sorella Chiara?».
«Sembra il pianto di un bambino».
«Sarà un gattino sperduto».
«No, no, ascoltate bene Madre, è proprio il vagito di un neonato».
Suor Chiara si voltò senza indugio dando le spalle alla Madre Superiora e con il fiato in gola seguì quel richiamo primordiale.
Era avvolto in una copertina azzurra che non riusciva più a contenere il suo impeto famelico. I piedini si dibattevano in una corsa frenetica senza traguardo e le manine chiuse a pugno martellavano l’aria in cerca di cibo.
Gli occhietti prosciugati da un’attesa senza risposta e le labbra paralizzate nella ricerca incessante di quel primo bacio. Al collo un fiocco di raso bianco con un cuore d’argento diviso a metà. Accanto al cestino di vimini, che conteneva quel garbuglio di urla e speranze, una lettera. Suor Chiara la aprì.
«Elia», pronunciò con un soffio.