Capitolo 2

2632 Worte
Capitolo 2 «Ti mandava a rubare?!» Esclamò Gypsy confusa. «Non ci posso credere che t’incoraggiasse a fare qualcosa di così pericoloso.». «E come pensi che sia entrato in questo giro?» Disse Lacey sorridendo. «In effetti, avevo sentito delle voci.» mormorò Gypsy, più che sorpresa da quella confessione. Negli ultimi due anni, alcune persone altolocate le avevano destato dei sospetti alle aste clandestine. Lei si era limitata a sorridere e aveva cancellato quelle voci dalla mente, non volendo darci troppo peso. Sospirando, ammise: «Non gli ho dato importanza, pensavo che mi stessero solo prendendo in giro perché spesso noi prendevamo le cose che volevano gli altri.». «Avevano tutto il diritto di essere gelosi. Il nonno, da giovane, era un famigerato ladro acrobata e in quegli anni riuscì a mettere le mani su parecchi oggetti di valore.» disse Lacey con orgoglio. «La sua specialità erano gli artefatti soprannaturali... vecchi libri di incantesimi, diari, dipinti e svariati oggetti magici. Gira anche voce che abbia trovato il Sacro Graal e l’abbia tenuto nascosto all’uomo che l’aveva assoldato per trovarlo. Dubito seriamente che sia andata così, ma è solo una delle tante leggende che circolano su di lui.». Gypsy si accigliò «Come ha fatto a sopravvivere in tutti questi anni, dando la caccia a oggetti così pericolosi?» Lacey scrollò le spalle «Chissà. Si era fatto molti nemici prima di abbandonare il suo passatempo preferito. Nessuno poteva dimostrare che fosse lui perché era un genio del furto. Una delle prime cose che rubò fu un dispositivo di occultamento che lo rendeva completamente invisibile. La maggior parte di quei nemici lo accusava di aver rubato oggetti che, in realtà, erano abbastanza potenti da poter esseri usati contro di loro se si fossero vendicati, quindi lui sfruttava questa cosa a proprio vantaggio.». «Un dispositivo di occultamento.» ripeté Gypsy con gli occhi spalancati. «Come il mantello dell’invisibilità di Harry Potter?» «Non lo so... non l’ho mai visto, è sparito prima che io e te nascessimo.» rispose Lacey. «Sarà stato un ladro ancora più bravo di lui.». «Non c’è da stupirsi che i membri rimasti della nostra famiglia si siano trasferiti fuori città e ci abbiano messo in guardia dal nonno. Pensavo che lo facessero solo perché lo ritenevano un pazzo che credeva nel soprannaturale e gestiva questo tipo di negozio.». Gypsy scosse la testa, ricordando tutte le volte che aveva preso le sue difese. Non se ne pentiva comunque. Gli voleva bene e quella era l’unica cosa che le importava. «Oh no», la corresse Lacey, «la famiglia non sa niente. Lui ha voluto così. Si comportava sempre in modo strano di proposito... così lo avrebbero emarginato e avrebbero tenuto le distanze. Non voleva mettere in pericolo nessuno di loro, nel caso lo seguissero.». Lacey accennò un sorriso triste mentre ripensava a quando si era trasferita dal nonno... proprio lì, in quel negozio. Quando aveva nove anni, i suoi genitori erano rimasti uccisi in uno strano incidente e, poche ore dopo, suo nonno era andato a prenderla. Lui non sapeva se si fosse trattato davvero di un incidente e le aveva confessato quella preoccupazione dopo averle detto la verità su di sé. Lacey pensava che i suoi genitori fossero stati uccisi per un artefatto paranormale e, alla fine, aveva iniziato a desiderare di vendicarsi contro chiunque vendesse oggetti soprannaturali, nella speranza trovare il responsabile. Ma ciò non accadde e, ben presto, il brivido di rubare divenne come una droga per lei. E poi, il guadagno non era male. «È stata una mia idea quella di seguire le sue orme, lui era contrario fin dall’inizio.» ammise. «Poi, dopo un po’, si arrese e io iniziai a rubare per conto mio. Feci in modo che mi scoprisse, così non avrebbe avuto altra scelta che insegnarmi ad entrare e uscire senza essere beccata. Non era una sua idea, ma io non gli ho lasciato altra scelta. O me lo lasciava fare da sola col rischio di finire ammazzata, o m’insegnava tutti i suoi trucchi e sperava per il meglio.». «Capisco.» Gypsy scosse la testa verso la sua stramba cugina e si sentì quasi dispiaciuta per il nonno. «Il poveretto non aveva alternative.». «Sì, beh... mi ero proprio fissata con questo lavoro.» confessò Lacey. «Non avrebbe dovuto incolpare se stesso, era mia la colpa. Sapeva che ero testarda e ha fatto tutto quello che poteva.». Facendo una smorfia, Gypsy disse: «Sei stata via per più di un anno. Che ti è successo in realtà?». Allungò una mano e le sfiorò la guancia con il pollice, togliendo un po’ di polvere. «È per questo che sei conciata come un ragazzo di strada e ti aggiri con aria furtiva? Stai scappando da qualcosa... o da qualcuno?» «Entrambe le cose, temo. Non dovrei nemmeno essere qui, adesso, e meno cose sai meglio è.». Guardò verso la porta, sapeva che avrebbe dovuto seguire l’esempio del nonno e proteggere la famiglia mantenendo le distanze. «Dovevo entrare e uscire da qui senza che nessuno se ne accorgesse, ma il tuo cane da guardia ha rovinato tutto.». Gypsy notò che Lacey iniziava ad agitarsi e guardava la porta quasi con desiderio, come se volesse andarsene. Non volendo che se ne andasse, disse in tutta fretta: «Nel testamento c’è una clausola che riguarda te... il nonno non si è mai arreso all’idea che fossi scomparsa.». Lacey sorrise affettuosamente «Si è sempre preso cura di noi.». Gypsy annuì «Sì, ed è per questo che ti ha lasciato metà del negozio. “The Witch’s Brew” è metà tuo e metà mio. Anche se non c’eri, ho fatto redigere l’atto esattamente come voleva lui. Adesso siamo socie e, se resti, possiamo gestire questo posto insieme.». «Non lo so.» mormorò Lacey. Aveva i giorni contati. Se anche avesse trovato il libro degli incantesimi e intaccato il marchio demoniaco... sarebbero comunque riusciti a trovarla e sarebbe stata la sua fine. Fece per scostare la mano da quella di Gypsy, ma l’altra continuò a tenerla stretta. «Non sai quello che mi stai chiedendo. Se resto potrebbe essere pericoloso per entrambe... non solo per me.». «Adesso ho degli amici molto potenti che possono aiutarti... possono tenerti al sicuro da qualsiasi cosa ti spaventi così tanto.» disse Gypsy alzando il mento. «Dopo quello che è successo... sono un po’ più tosta di quanto ricordi, so cavarmela.». Lacey chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Il negozio che aveva sempre amato era suo per metà... sia benedetta l’anima del nonno. Le aveva sempre detto che in lei rivedeva se stesso quando era più giovane e, invece di trovarla una cosa negativa, ne era orgoglioso. Ovviamente lei ricordava le sue lunghe ramanzine quando rischiava di farsi uccidere. Eh già... se l’avesse vista adesso, le prime parole ad uscire dalla sua bocca sarebbero state “Te l’avevo detto.”. Gypsy capì che stava vincendo e aggiunse: «Puoi anche dirmi cosa cercavi nella cassaforte e chiederò a Ren di ridartela, se ti aiuterà a sentirti più al sicuro.». Era così sola da quando Lacey era scomparsa e il nonno era morto. Era convinta che fosse morta e aveva persino pianto. Vedendola lì, in quel momento, l’ultima cosa che voleva era perderla di nuovo. La mente di Lacey correva all’impazzata. Voleva tanto restare ma... poteva permettersi di abbassare la guardia, sottovalutando i demoni che le davano la caccia? Tra l’altro, anche uno degli amici di Gypsy era un demone... o un superuomo, o qualcosa del genere, e questo la rendeva un po’ nervosa. Fu allora che ripensò alle parole di Gypsy e le apparve un sorrisetto sul viso. «Gypsy», disse pensierosa, «hai detto che, con l’incantesimo nel negozio, solo il proprietario può invitare le persone... giusto? Metà del negozio è mia, perciò, se dico a qualcuno di andarsene... deve andarsene?» «Esatto, puoi decidere chi può entrare e chi no se non sono umani al cento per cento.». Gypsy confermò con un cenno, poi sussultò quando Lacey si avvicinò all’improvviso e la strinse forte. «Significa che posso scacciare chi m’infastidisce, compresa la tua prepotente guardia del corpo.» disse Lacey con una risatina nervosa; adesso era convinta che la mossa più intelligente da fare fosse restare lì, dove sarebbe stata circondata da una barriera contro i demoni. Magari sarebbe diventata una reclusa ma, almeno, si sarebbe accorta quando sarebbe arrivato il momento di affrontare i suoi demoni. «Oh ti prego, non cacciare i ragazzi.» disse Gypsy, quasi ridendo per l’espressione delusa di Lacey. «Se non fosse per Ren e Nick, adesso sarei morta o schiava di un demone e tu non avresti avuto alcun negozio in cui tornare. Devo la vita a entrambi. E, per quanto riguarda Ren, non puoi usare contro di lui l’incantesimo che lui stesso ha aiutato a lanciare.». Nascose un sorriso colpevole, sapendo che lei stessa l’aveva fatto per testare l’incantesimo. Lacey quasi alzò gli occhi al cielo, ma annuì per farle capire che si sarebbe comportata come meglio poteva. «Puoi almeno mantenere il mio segreto? Meno persone sanno cosa faccio, meglio è. Ad essere onesti, non avrei dovuto dirlo neanche a te. D’altra parte, preferirei andare d’accordo con i tuoi uomini, piuttosto che combattere con loro.». Gypsy stava per rispondere quando sentirono girare la ruota della porta blindata, ed entrambe sussultarono. Gypsy sospirò: o i ragazzi era stufi di aspettare, o avevano sentito tutto... e lei preferiva la prima opzione. Videro la massiccia porta d’acciaio che si apriva e Ren che entrava, seguito da Nick. Il primo non sembrava affatto felice, mentre l’altro aveva un’espressione complice e tranquilla. «Temo che sia un po’ troppo tardi per i segreti.» disse Ren compiaciuto. «Abbiamo già sentito tutto.». Lacey lo fissò, sapendo che avevano sentito solo quello che aveva appena detto e... quella era solo la punta dell’iceberg. Se avessero sentito proprio tutto, l’avrebbero già buttata fuori chiudendo la porta a chiave. Nick notò lo sguardo intenso con cui Ren stava fissando Lacey e si chiese se quell’idiota non volesse aggredirla perché era davvero una ladra come lui aveva detto. Nel profondo della sua mente, sperava che il succubo facesse qualcosa di stupido, così le ragazze l’avrebbero cacciato a calci nel culo. Decidendo di aspettare per vedere cosa sarebbe successo, Nick si avvicinò al divano dal lato di Gypsy e assistette allo spettacolo. Sapendo che erano state beccate, Gypsy allontanò subito la mano dal cristallo e rabbrividì quando Ren guardò la pietra con un’espressione delusa. Non capiva perché ma essere stata beccata da Ren la fece sentire come una bambina. Si accigliò e si spostò per avvicinarsi a Nick. «In circostanze normali, un cristallo della solitudine avrebbe funzionato con vostro nonno e gli altri parenti... ma io non sono umano.» disse Ren a entrambe, ma in realtà si riferiva soltanto a Lacey. «E, dopo quello che ho appena sentito, penso che mantenere i segreti non sia l’idea migliore... anzi, è pessima, e tu...», aggiunse puntando verso Lacey con uno sguardo duro, «... non hai raccontato neanche la metà della storia.». Lacey serrò le labbra e gli rivolse uno sguardo provocatorio «Nessuno ti ha chiesto di origliare, piccolo spione.». Ren le si parò davanti all’improvviso, fissandola con i suoi intensi occhi argentati e gli occhiali da sole in mano. Come osava chiamarlo “piccolo”, se era grosso il doppio di lei? Gypsy scattò in piedi e si nascose subito dietro Nick quando Ren sbatté i palmi sullo schienale del divano, intrappolando Lacey tra i cuscini. «Comincia a parlare.» le ordinò con voce dura, sperando che l’intimidazione fosse la chiave per ottenere le informazioni che voleva. Nick si lasciò sfuggire un sorriso smagliante, adesso che Gypsy era dietro di lui e non poteva vederlo in faccia. Fece un passo indietro, avvicinando il proprio corpo al suo per farle capire che l’avrebbe protetta da quel Ren fuori controllo. Non era colpa sua se il succubo lo faceva apparire come il bravo ragazzo della situazione. Lacey lanciò un’occhiataccia a Ren con la stessa ferocia ed estrasse un oggetto dalla tasca, toccandolo senza che nessuno se ne accorgesse. Sentendo il metallo caldo, colse tutti di sorpresa quando sbatté il palmo sul petto di Ren e lo spinse via. «Indietro.» insistette con calma. Ren sentì qualcosa che gli bruciava la pelle da sotto la camicia e indietreggiò. Serrò le labbra quando capì che lei aveva in mano un medaglione magico e, con un rapido gesto, glielo sottrasse. Sentendo il palmo bruciare, lo gettò via. «Hai finito con i giocattoli?» Ringhiò, desiderando che la mano smettesse di bruciargli. Qualunque cosa fosse, non gli era piaciuto... e la sensazione era reciproca. «Io non devo dirti proprio niente.» disse Lacey, mantenendo la voce calma mentre si alzava in piedi. Il fatto che il medaglione avesse funzionato così bene su di lui le fece capire che era un tipo potente. Il monile reagiva soltanto con il potere e, di solito, non funzionava neanche con i demoni di basso livello perché non ne avevano abbastanza. Sinceramente, non si aspettava che funzionasse... era semplicemente l’unica arma che aveva a portata di mano. «Sarò anche un essere umano ma non commettere l’errore di sottovalutarmi.» ringhiò Lacey quando Ren fece un passo minaccioso verso di lei. «Non ti conosco neanche.» aggiunse, alzando un sopracciglio. Ren, esasperato, si passò una mano tra i capelli e contò mentalmente fino a dieci... ma non gli fu di aiuto. Ignorandolo, Lacey guardò Gypsy. «Mi tolgo questi vestiti da maschio e faccio una doccia. Il nonno ha conservato qualcosa di quello che avevo lasciato qui?» Gypsy annuì, concludendo che sua cugina aveva più fegato di quanto ricordasse, sebbene non fosse mai stata una debole. «I vestiti sono in un baule nell’armadio.». Lacey sorrise sollevata «Bene, ci vediamo tra poco. E tu...», continuò, lanciando un’altra occhiataccia a Ren e ripagandolo per il modo in cui l’aveva fatta arrabbiare poco prima, «... non provare a sbirciare.». «Figurati...», ribatté Ren con tono offensivo, incrociando le braccia sul petto, «... sembri un topo di fogna sporco.». Un sorrisetto compiaciuto apparve sul viso di Lacey... se non poteva batterlo in quella gara di insulti, allora lo avrebbe stuzzicato «E invece vuoi farlo, lo sai.». «Io, piuttosto, direi il contrario.» disse Ren guardandola storto. «Sei tu quella che sblocca le serrature e s’intrufola dove non dovrebbe.». Arrendendosi, Lacey gli lanciò contro il cristallo che teneva ancora in mano e andò in bagno, sbattendo la porta dietro di sé. Ren sorrise afferrando il cristallo a mezz’aria e se lo infilò in tasca... non lo avrebbero più usato. «Ha dimenticato i vestiti.» disse Nick, facendo cenno verso l’armadio indicato da Gypsy. Dopo pochi secondi, la porta si aprì di nuovo e Lacey uscì borbottando qualcosa a proposito della necessità di una zona senza testosterone. Andò dritta all’armadio e tirò fuori il baule. Gypsy alzò un sopracciglio e cercò di non ridere quando Lacey trascinò il pesante baule in bagno e sbatté di nuovo la porta, senza mai girarsi a guardarli. Quando si sentì il rumore dell’acqua, Gypsy lasciò andare la sua risata sommessa che risuonò nella stanza. Sarebbe stato molto divertente riavere sua cugina a casa. Se non altro, era una ragazza simpatica ed era stata la sua migliore amica da sempre. «Non capisco perché sei così divertita.» borbottò Ren, poi uscì dalla stanza, percorrendo le scale con passo pesante. Non aveva idea di come fosse possibile sentirsi così nervoso ed eccitato allo stesso tempo. Nick sbuffò e guardò Gypsy «Credo proprio che stessero flirtando.». Gypsy annuì, apprezzando molto l’idea. Forse quello sarebbe stato un altro motivo per Lacey per restare. «Beh, se è nei guai, e io credo che lo sia, chi può proteggerla meglio di Ren?» Disse sorridendo. Nick non sapeva se essere geloso per quello che Gypsy pensava di Ren, o essere contento che appoggiasse la strana attrazione tra quei due. Ci pensò per un secondo poi si arrese... ammettendo in silenzio che Ren era più grosso, più forte e molto più potente di lui. Peccato che alcune rotelle mancanti fossero la sua rovina. Ren aveva sentito la battuta di Nick ma ignorò quell’insinuazione. Flirtare... non avrebbe pensato neanche lontanamente di sentirsi attratto da quella mocciosa. Era sarcastica, ambigua ed era una ladra... tutti aspetti negativi, per i suoi gusti. Salì le scale e cominciò a camminare avanti e indietro nell’enorme magazzino. «Mi ha davvero detto di non sbirciare... a me?!» Borbottò a bassa voce.
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