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Orlando, è vero, non era tra i più bravi nell’accennare passi di corrente e di volta; era sbadato e un poco distratto. A quelle astruse cadenze straniere preferiva assai le semplici danze del suo paese, che gli eran note sin dall’infanzia. Appunto, in sul finir d’una di quelle quadriglie, o minuetto che fosse, verso le sei di sera – era il sette di gennaio – Orlando stava giungendo i tacchi, allorché vide uscire dal padiglione dell’Ambasciata moscovita una figura, la quale, garzone o donzella che fosse – poiché la tunica lenta e i pantaloni di foggia russa ne dissimulavano il sesso – lo riempì della più viva curiosità. La persona, quale ne fosse il nome o il sesso, era di media statura, di forme assai svelte e vestita di velluto color dell’ostrica, guarnito di un pelo esotico a riflessi ve

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