Capitolo IV-3

1526 Parole
La risposta di Nastas'ja Filippovna sbalordì i due amici. Non soltanto non si notava in lei il benché minimo segno del sarcasmo d'un tempo, dell'animosità, dell'odio, delle sghignazzate di prima, il cui solo ricordo era sufficiente a far correre un brivido giù per la schiena di Tockij, ma al contrario parve rallegrarsi di poter finalmente parlare con qualcuno in tutta sincerità e amicizia. Confessò che anche lei desiderava da un pezzo chiedere un amichevole consiglio, e solo l'orgoglio glielo aveva impedito, ma che adesso che il ghiaccio era rotto non poteva esserci cosa migliore. Riconobbe, dapprima con un triste sorriso, e poi mettendosi a ridere con allegra vivacità, che in ogni caso non poteva ripetersi la tempesta d'un tempo, che lei da un bel pezzo ormai aveva parzialmente modificato il proprio modo di vedere le cose, e sebbene il suo cuore non fosse mutato, tuttavia era costretta ad ammettere moltissime cose davanti ai fatti ormai compiuti; quel che era fatto era fatto, il passato era passato, e perciò le sembrava persino strano che Afanasij Ivanoviè continuasse a sentirsi tanto spaventato. Qui si rivolse a Ivan Fedoroviè dichiarando, apparentemente con profondissimo rispetto, che da parecchio tempo ormai sentiva parlare moltissimo delle sue figlie, e s'era abituata a stimarle profondamente e sinceramente. Il solo pensiero di poter essere loro utile in qualche cosa le pareva un motivo di felicità e d'orgoglio. Era vero che per lei adesso la vita era penosa e triste, molto triste; Afanasij Ivanoviè aveva indovinato i suoi sogni: lei desiderava risorgere se non nell'amore, almeno nella famiglia, creandosi un nuovo scopo. Quanto a Gavrila Ardalionoviè, non ne poteva dire quasi nulla. Le pareva, è vero, che egli l'amasse, e sentiva che anche lei avrebbe potuto amarlo se solo avesse potuto convincersi della saldezza del suo attaccamento, ma che egli era molto giovane, anche se forse sincero, e perciò la decisione era difficile. Del resto, ciò che più le piaceva era che egli lavorasse, faticasse, e mantenesse da solo tutta la famiglia. Aveva sentito dire che era un uomo energico, orgoglioso, che desiderava farsi una carriera, che desiderava farsi strada. Aveva sentito dire anche che Nina Aleksandrovna Ivolgina, madre di Gavrila Ardalionoviè, era una donna superiore e in sommo grado onorata, che la sorella Varvara Ardalionovna era una ragazza notevolissima ed energica; ne aveva sentito molto parlare da Pticyn. Aveva sentito dire che sopportavano coraggiosamente le proprie disgrazie. Avrebbe tanto desiderato conoscerle, ma bisognava vedere se l'avrebbero accolta con gioia nella loro famiglia. In linea di massima non aveva nulla da dire contro la possibilità di quel matrimonio, ma bisognava pensarci ancora molto, e avrebbe desiderato che non le facessero fretta. In quanto ai settantacinquemila rubli, Afanasij Ivanoviè aveva avuto torto a farsi tanti scrupoli per parlarne. Lei capiva il valore del denaro, e naturalmente li avrebbe presi. Ringraziava Afanasij Ivanoviè per la sua delicatezza, per non averne parlato nemmeno col generale, per non parlare poi di Gavrila Ardalionoviè. Tuttavia, perché egli non avrebbe dovuto saperlo in anticipo? Lei non doveva proprio vergognarsi per quei soldi entrando nella loro famiglia. In ogni caso non aveva intenzione di chiedere scusa a nessuno per nessun motivo, e desiderava che essi lo sapessero. Lei non avrebbe sposato Gavrila Ardalionoviè finché non si fosse convinta che né in lui né nella sua famiglia c'era qualche recondito pensiero a suo riguardo. In ogni caso lei non si riteneva colpevole di nulla, ed era meglio che Gavrila Ardalionoviè sapesse su quali basi lei avesse trascorso quei quattro anni a Pietroburgo, quali erano i suoi rapporti con Afanasij Ivanoviè, e se aveva potuto accumulare una grossa fortuna. Infine, se adesso accettava quel capitale, non era affatto come prezzo del suo disonore di fanciulla, di cui non aveva nessuna colpa, ma semplicemente come ricompensa per il proprio avvenire spezzato. Verso la fine si infiammò e si eccitò a tal segno mentre esponeva tutto ciò (tanto naturale, del resto), che il generale Epanèin ne restò molto soddisfatto e ritenne chiusa la questione. Tockij invece, che una volta si era tanto spaventato, anche adesso non ci credeva del tutto, e temette a lungo che sotto i fiori si nascondesse un serpente. Tuttavia le trattative avevano avuto inizio. Il punto sul quale i due amici avevano basato tutta la propria manovra e precisamente la possibilità di un'attrazione di Nastas'ja Filippovna per Ganja, cominciò poco per volta a chiarirsi e trovar conferma, cosicché anche Tockij cominciò a credere alla possibilità di un successo. Nel frattempo Nastas'ja Filippovna aveva avuto una spiegazione con Ganja: furono dette poche parole, quasi che il pudore di lei ne soffrisse. Tuttavia ella autorizzò e permise il suo amore, dichiarando però insistentemente che non si voleva impegnare in nulla, che fino alle nozze (se dovevano esserci) si riservava il diritto di dire “no” anche all'ultimo momento. Lo stesso identico diritto era concesso a Ganja. Ben presto Ganja venne a sapere con sicurezza, attraverso un caso propizio, che l'avversione di tutta la sua famiglia per quel matrimonio e per Nastas'ja Filippovna, rivelatasi con scenate, era già nota a Nastas'ja Filippovna in tutti i particolari. Ella non toccava comunque l'argomento, anche se lui se l'aspettava da un giorno all'altro. Del resto, si potrebbe raccontare ancora molto di tutte le storie e le circostanze venute in luce a proposito di quelle trattative, ma siamo già andati troppo oltre, tanto più che alcune di quelle circostanze apparivano ancora come voci troppo vaghe. Ad esempio, pareva che Tockij avesse saputo, attraverso chissà quali vie, che Nastas'ja Filippovna aveva allacciato rapporti indefiniti e segreti a tutti con le signorine Epanèin, il che era una diceria assolutamente inverosimile. Però, pur senza volerlo, prestava fede ad un'altra diceria, e la temeva come un incubo: aveva sentito spacciare per vero che Nastas'ja Filippovna sapeva perfettamente che Ganja si sposava soltanto per i soldi, che Ganja aveva un'anima nera, avida, intollerante, invidiosa, ed era immensamente, sproporzionatamente pieno di sé, che, anche se per dire la verità in un primo tempo aveva cercato appassionatamente di conquistarla, quando poi i due amici avevano deciso di sfruttare a proprio vantaggio la passione che era sorta da entrambe le parti, e di comprare Ganja vendendogli Nastas'ja Filippovna quale legittima moglie, questi aveva preso a odiarla come se fosse il suo incubo. Stranamente la passione e l'odio parevano essersi fusi nel suo animo, e anche se alla fine, dopo tormentose incertezze, aveva accettato di sposare quella “lurida donna”, aveva giurato in cuor suo di ripagarla amaramente, e di “metterla a posto”, come pare si fosse espresso. Pareva che Nastas'ja Filippovna sapesse tutto ciò, e preparasse qualcosa in segreto. Tockij era spaventato a tal punto che aveva persino smesso di comunicare a Epanèin le proprie inquietudini. Però c'erano momenti in cui egli, da quel debole che era, riprendeva decisamente coraggio e tornava subito baldanzoso, come quando, ad esempio, Nastas'ja Filippovna aveva finalmente dato la propria parola ai due amici che la sera del suo compleanno avrebbe detto l'ultima parola. Però la diceria più strana e incredibile, quella che riguardava proprio il rispettabilissimo Ivan Fëdoroviè, si dimostrava, ahimè, sempre più vera. A prima vista la cosa pareva una vera e propria stranezza. Risultava difficile credere che Ivan Fëdoroviè, proprio negli anni della sua rispettabile maturità, con tutta la sua superiore intelligenza, e la sua conoscenza della vita eccetera, eccetera, si fosse anch'egli invaghito di Nastas'ja Filippovna, e pareva addirittura che si fosse invaghito a tal punto che quel capriccio sconfinava quasi con la passione. In che sperasse era difficile immaginarlo, forse addirittura nella collaborazione dello stesso Ganja. O per lo meno Tockij aveva un sospetto di questo genere, vale a dire sospettava l'esistenza di un quasi tacito patto fondato sulla reciproca comprensione esistente fra il generale e Ganja. Del resto è noto che un uomo troppo preso da una passione, tanto più se avanti negli anni, diventa completamente cieco, ed è pronto a vedere la speranza là dove questa non c'è affatto. Come se non bastasse, perde il senno, e si comporta come uno sciocco ragazzino anche se è sempre stato un modello di saggezza. Era noto che il generale aveva preparato come regalo per il compleanno di Nastas'ja Filippovna una meravigliosa collana di perle che era costata una somma enorme, e si occupava molto di questo dono, anche se sapeva che Nastas'ja Filippovna era una donna disinteressata. Il giorno prima del compleanno di Nastas'ja Filippovna, era in preda ad una agitazione febbrile, anche se lo dissimulava abilmente. Ed è proprio di quella collana di perle che la generalessa Epanèina aveva sentito parlare. A dire il vero Elizaveta Prokof'evna già da un pezzo aveva sperimentato la volubilità del marito, e vi si era in parte abituata, però in un caso del genere non era possibile lasciar correre. Le chiacchiere circa quella collana di perle la interessavano in modo straordinario. Il generale aveva subodorato in tempo la faccenda. Già il giorno prima erano state dette alcune paroline, ed egli prevedeva un chiarimento completo e ne aveva timore. Ecco perché quella mattina in cui comincia il nostro racconto egli non aveva per niente voglia di andare a fare colazione con la famiglia. Ancor prima dell'arrivo del principe aveva trovato la scusa degli affari per sfuggire a quell'incontro, e per il generale sfuggire significava a volte assai semplicemente scappar via. Voleva passare quel giorno, e soprattutto quella sera, senza incidenti, e d'un tratto era capitato perfettamente a proposito il principe. “Pare che me l'abbia mandato Iddio!” pensò fra sé il generale entrando dalla moglie.
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