4 Agosto 1588. San Martin de Portugal, nave ammiraglia della flotta spagnola.

1542 Parole
4 Agosto 1588. San Martin de Portugal, nave ammiraglia della flotta spagnola. L’oscurità era calata all’improvviso. Nuvole nere cariche d’acqua si erano ammassate nel cielo a una velocità sorprendente, formando una coltre talmente compatta da oscurare il sole. Le navi inglesi avevano interrotto il loro inseguimento. Quando il vento calò di intensità iniziò a cadere la pioggia. Si dice che i marinai riescano a sentire la tempesta dal vento e dall’odore dell’aria. In quel momento il Duca, pur non essendo un marinaio, riusciva lo stesso a percepire la minaccia del cielo. Dapprima lentamente, poi con maggiore forza, la pioggia si abbatté sul legno della nave. Fulmini simili a rami contorti illuminavano l’oscurità, seguiti dai rombi sordi dei tuoni che sembravano in grado di sbriciolare la nave con la sola forza del suono. Il Duca di Medina Sidonia era tornato nel suo alloggio dopo aver osservato a lungo il cielo. Le lunghe settimane di mare lo avevano abituato al continuo e fastidioso rollio della nave. A patto che i pasti fossero leggeri, il suo stomaco riusciva a tollerare il cibo e la nausea era diventata quasi sopportabile. Quando, due giorni prima, aveva visto le minacciose nuvole nere all’orizzonte, aveva mandato a chiamare il comandante. Questi lo aveva rassicurato «Non si preoccupi signore, il vento è favorevole. Ci allontaneremo in fretta dalla tempesta» Sembrava così sicuro di quello che stava dicendo che gli aveva creduto e si era rilassato. Il giorno successivo, in effetti, il sole era alto nel cielo e non c’era più traccia delle grandi nuvole cariche di pioggia. Ora però la tempesta era arrivata. Il sole era stato oscurato e nell’arco di pochissimo tempo era calato il crepuscolo. Le onde avevano iniziato a ingrossarsi. La nave veniva squassata da sussulti sempre più violenti. Il Duca di Medina Sidonia stava cercando di non ascoltare lo stomaco che si ribellava. Seduto sul letto, tentava di controllare il suo corpo, attraversato da brividi forti e continui. Il capitano piombò nella sua cabina all’improvviso «Signore, deve venire sul ponte. Gli uomini sono terrorizzati» Deglutendo a fatica chiese «Che cosa sta succedendo?» «È la tempesta signore. Io…io…» Il capitano era pallido. Il respiro accelerato. I lunghi capelli erano fradici di pioggia, così come il viso. Si alzò a fatica dal letto, mentre uno scossone più violento degli altri faceva rotolare sul pavimento bottiglie e bicchieri di cristallo. Quando uscì sul ponte, la prima cosa che notò furono due soldati che, appoggiati alla balaustra, stavano rigettando il pranzo. La scena in qualche modo lo rinfrancò. Per lo meno, non era l’unico a stare male. Adesso le onde erano muraglie d’acqua alte più di quattro metri. La pioggia cadeva in modo incessante. Il ponte della nave era continuamente spazzato da spruzzi d’acqua. Le vele erano state ammainate per evitare che gli alberi si spezzassero a causa del forte vento. Il capitano, tenendosi a una cima, indicò qualcosa. Il Duca socchiuse gli occhi cercando di vedere oltre la fitta coltre di pioggia. «Io non vedo niente» urlò per sovrastare l’ululato del vento. «Là, guardi meglio!» Il capitano continuava a indicare ostinatamente un punto nel mare. Dopo un attimo di perplessità il Duca lo vide. O meglio, li vide. Decine di gorghi di alcuni metri di diametro che, tra un’onda e l’altra sembravano aumentare di dimensioni. «Che cosa sono?» «Non lo so. Che io sia dannato se lo so» il capitano sembrava spaventato a morte. I fulmini illuminavano il cielo con una frequenza incredibile. Sembrava quasi di riuscire a percepire l’elettricità nell’aria. Non lontano da loro, un’imbarcazione più piccola era in difficoltà. Un fulmine aveva spezzato l’albero maestro. Il troncone di legno penzolava inerte, ancora attaccato in parte alla base del ponte. L’imbarcazione spariva tra un’onda e l’altra, fagocitata dal mare e la nave, oramai ingovernabile, si stava allontanando da loro. Sembrava una piuma in balia di un vento fortissimo. Il Duca era affascinato dalla scena, ma ancora di più dalla tempesta. La potenza che il mare e il cielo stavano sprigionando in quel momento era qualcosa di imperioso. Sapeva che la sua vita e quella dei suoi uomini erano attaccate a un filo. Le dimensioni del vascello non garantivano di attraversare indenni una tempesta di quella portata. Se un’onda abbastanza forte li avesse ribaltati o un fulmine l’avesse colpita, sarebbe stata la fine. Ma in quel momento non aveva paura. Era di fronte a qualcosa di grandioso. La forza della natura nel pieno del suo potere. «Signore guardi là» il capitano si era avvicinato per farsi udire al di sopra del fragore del vento. Alla prima nave alla deriva se ne era aggiunta un’altra. Gli sembrò di riconoscere la “Maddalena” ma non poteva esserne sicuro. Le due navi si stavano avvitando su sé stesse. Sembravano vicinissime ma forse era solo un effetto ottico generato dalla distanza. Giravano in spirali sempre più rapide. Era tutto così reale e drammatico. Gli uomini presenti sul ponte della San Martin de Portugal osservavano ipnotizzati la danza mortale delle due imbarcazioni. Un vortice immenso si andava allargando sotto alle due navi. In quel preciso istante accadde qualcosa di incredibile. Nel cielo, esattamente sopra al gorgo, era apparso un foro circolare, enorme. La luce del sole, non più coperta dallo spesso strato di nubi, si irradiò nella porzione di mare, illuminandola. L’intensità dell’esplosione luminosa fu tale che il Duca, insieme a tutti gli altri uomini presenti sul ponte, fu costretto a ripararsi gli occhi sollevando il braccio. Dopo pochi istanti, il foro si richiuse. Un urlo lacerante sovrastò il rumore del vento e della pioggia, che ora sembravano aver perso un po’ della loro forza. Un uomo era accasciato sul ponte. Un gruppo di marinai lo stava soccorrendo. Ma era difficile riuscire a rimanere in piedi sulle assi di legno rese scivolose dall’ acqua di mare e dalla pioggia. Inoltre, anche se il vortice era scomparso e la tempesta sembrava aver perso parte della sua violenza originaria, la nave continuava a ricevere gli scossoni delle onde che si infrangevano sulla prua. Il Duca di Medina Sidonia osservava la scena attonito. L’urlo che aveva sentito era stato disumano. Si rivolse al capitano. «Che cosa è successo a quell’uomo?» Il capitano non rispose subito. Come inebetito, continuava a fissare il mare nel punto dove erano scomparse le due imbarcazioni. Poi si riscosse e guardò il Duca. «Non lo so signore. Forse si è sentito male» Sembrò stringersi nelle spalle come a sottolineare che non era poi così importante. «Voglio vedere cosa gli è successo» il Duca non si curava molto della vita dei suoi uomini. Ma l’urlo che era riuscito a superare la voce della tempesta gli aveva fatto accapponare la pelle e voleva vedere chi ne era responsabile. I due uomini si avviarono verso il lato del ponte dove il marinaio era ancora accasciato. Una decina di uomini avevano creato un capannello attorno all’uomo nonostante le difficoltà a rimanere in piedi. Quando arrivarono a ridosso del gruppetto, il capitano si rivolse a un giovane soldato «Che cosa è successo?» Questi non rispose e si trasse di lato imitato da altri due uomini. Quello che il Duca vide lo lasciò senza parole. Il marinaio era accasciato in un angolo. La bocca aperta in un urlo silenzioso. Le mani rattrappite come artigli pronti a ghermire un’invisibile preda. I suoi capelli erano bianchi, candidi come quelli di un vecchio. Ma il suo viso, anche se deformato dalla paura, era quello di un ragazzo, un giovane al di sotto dei vent’anni. Gli occhi erano vitrei e sbarrati, come se scrutassero un abisso indicibile da cui era impossibile sottrarsi. Il duca si avvicinò al ragazzo e, vincendo il senso di repulsione, lo scosse per una spalla urlando «Che cosa ti è successo?» Il ragazzo rimase immobile. Il duca dovette ripetere la domanda più volte per ottenere una risposta che arrivò con un filo di voce «Ho visto…» poi iniziò a gridare «ho visto ho visto ho visto ho visto!» Il capitano interruppe il delirio del giovane con uno schiaffo «Che cosa hai visto?» Adesso il marinaio ondeggiava la testa avanti e indietro. Rimase in silenzio per alcuni istanti poi riprese a urlare «La luce. Ho guardato la luce la luce la luce. Mi feriva gli occhi ma ho guardato lo stesso. La luce era calda. E ho visto ho visto ho visto» «Che cosa hai visto?» Adesso era il capitano a porre le domande. Il Duca era pietrificato. Aveva voglia di vomitare ma, nello stesso tempo, era affascinato dalle parole di quello che sembrava un oracolo e un pazzo nello stesso tempo. Un altro schiaffo colpì il giovane in pieno viso «Che cosa hai visto?» «Le anime…le loro anime… salivano veloci… verso la luce…sono morti sono tutti morti!» il corpo del ragazzo si accasciò sul ponte della nave scosso da brividi incontrollabili. Il duca di Medina Sidonia si ritrasse dagli altri uomini barcollando leggermente. Quel marinaio aveva chiaramente perso il senno. Adesso aveva paura che accadesse la stessa cosa a lui. Cercando di non scivolare si avviò verso la sua cabina. Aveva la sensazione che fosse tutto finito. La tempesta stava perdendo di intensità. Ma ciò che aveva visto quel giorno non lo avrebbe mai dimenticato. Il volto del ragazzo lo avrebbe ossessionato per il resto della sua vita.
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