SI SONO FATTE LE DUE E TRENTA

601 Parole
SI SONO FATTE LE DUE E TRENTAIl primo a venirmi incontro è Assi. Ha i capelli arruffati. Sarà schizzato fuori di casa cinque minuti dopo che l’ho chiamato. «Ciao Leardo, che cosa abbiamo qui?» «Dottore, venga che le illustro la situazione.» Sta arrivando anche il sostituto procuratore, lo riconosco dal saluto. A trovarmelo davanti per una volta tanto vestito casual, jeans e felpa di sicuro raccattati al volo, come del resto ho fatto io, noto una piccola protuberanza addominale. Gliela indico. «Ha smesso di giocare a tennis?» Sciàta si passa una mano poco sopra la cintura. Sorride. «Caro Tombamasselli, negli ultimi tempi lo sport l’ho dovuto relegare nell’archivio delle buone intenzioni future.» In fondo al recinto, da una torre più bassa delle altre, sbuca la sagoma del Doc. Non ho dubbi che lui pagherebbe qualsiasi cifra per fare uno scalpo, incruento, a Novati. Con quella coda di capelli sostituirebbe il ridicolo riportino che gli attraversa in diagonale il cranio. L’alopecia sta trionfando a mani basse. Ci dirigiamo verso di lui, il Doc si aggiusta gli occhiali sul naso e scuote la testa. «Caspita, avete tutti l’espressione di chi è stato tirato giù dal letto a secchiate d’acqua gelata.» Sorrido, incasso e rilancio. «Senti chi parla, togliti le caccole di sonno che hai agli angoli degli occhi.» Sciàta ride, con una mano il Doc mi manda a quel paese. Assi tossisce per richiamare la nostra attenzione. «Se volete seguirmi, ci sono delle persone che ci stanno aspettando.» Attraversiamo una porticina ricavata nella parete metallica in fondo al capannone, entriamo in un ampio locale adibito in parte a ripostiglio e in parte a dependance. Alcuni scatoloni sono ammassati lungo un lato, dall’altra parte ci sono un tavolo, una brandina letto e due sedie occupate. L’uomo in divisa, muscoloso e con i capelli cortissimi è senza dubbio il vigilante, l’altro si alza e ci viene incontro. Indossa un elegante completo blu scuro sopra una camicia a righine azzurro chiaro, senza cravatta. Altro stile rispetto a Novati. Assi ce lo indica. «Il dottor Antonio Puglisi, è un componente del consiglio d’amministrazione dell’HangarBicocca.» Gira la mano verso di noi. «Il mio superiore, il vicequestore aggiunto Tombamasselli, e il sostituto procuratore Sciàta.» «Molto piacere, consideratemi a vostra completa disposizione. Per qualunque cosa, qualsiasi informazione vi serva, non fatevi problemi. Scusatemi per l’agitazione, ma… capite, un fatto del genere, proprio qui.» Lo capisco sì. Nella mia carriera situazioni come questa le ho vissute decine di volte e, anche se con parole diverse in base a chi mi trovo davanti, i concetti che sto per esprimere sono sempre gli stessi. Gli porgo la mano e ricevo in cambio una vigorosa stretta. «La ringrazio per la sua disponibilità dottor Puglisi, spiace anche a me che un luogo come questo sia stato scelto per compiere un delitto. Ma, come vede, il sostituto procuratore, il medico legale e noi della polizia siamo arrivati in forze. Faremo in modo di operare al meglio, per ridurre il più possibile l’impatto che questo evento criminoso potrà arrecarvi.» Sciàta annuisce con convinzione, anche lui deve avere ricevuto precise istruzioni sul contenimento dei disagi. Mi avvicino al vigilante. Non si è alzato, è assorto nel guardarsi i pollici che sfrega in continuazione tra loro. Mi siedo accanto a lui. «Sono il vicequestore aggiunto Tombamasselli, come ti chiami?» Alza la testa, ha gli occhi azzurri, chiarissimi. «Manrico Gaudenzi.» «Da quanto tempo fai il vigilante?» «Poco più di due anni, da quando mi sono trasferito a Cinisello Balsamo. Vengo da un paesino abruzzese.» «Penso non ti sia mai successa una cosa del genere, vero? Ti va di parlarne?»
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