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1369 Parole
Tendendo le mani aveva l’aria di una antica greca che invochi una divinità, tanto era larga e bella e i suoi capelli così rigogliosamente biondi. E in effetti, per lei, in quel mistero e in quel silenzio, egli aveva l’aria di una divinità che poteva scagliare dardi impensabili e concedere favori inimmaginabili. Anche se erano cambiate tutte le circostanze, quello non era cambiato, così che persino la sua immobilità accresceva il suo mistero. In tutta la loro vita insieme, non solamente in quel caso, lui era rimasto in silenzio mentre lei aveva parlato. Nei due giorni la settimana in cui lui soleva farle visita, dal momento in cui lei apriva la porta alle sette di sera in punto e lo vedeva con la bombetta e l’ombrello accuratamente arrotolato, gli occhiali da automobile infilati in diagonale, al momento in cui, la mattina dopo alle dieci e mezza lei gli spazzolava la bombetta e gliela passava assieme all’ombrello, lui a malapena proferiva parola – ne diceva talmente poche da dare l’idea di assoluta taciturnità mentre lei lo intratteneva con un incessante flusso di discorsi e di commenti sulle notizie del Quartier – dei coloni francesi in quella parte di Londra, o sulle notizie dei quotidiani francesi. Lui rimaneva seduto su una sedia rigida, leggermente piegato in avanti con, agli angoli della bocca, piccole pieghe che suggerivano un sorriso infinito e indulgente. Di tanto in tanto suggeriva che lei dovesse scommettere mezza corona su un cavallo; di tanto in tanto le portava un regalo sfarzoso, ponderosi braccialetti d’oro tempestati di grandi smeraldi, sontuose pellicce, pesanti bauli da viaggio per le visite a Parigi o per le vacanze al mare in autunno. Quel genere di cose. Una volta le aveva comprato la raccolta completa delle opere di Victor Hugo rilegate in marocchino viola e tutte le opere illustrate da Gustave Doré, in vitello verde, una volta uno zoccolo di un cavallo da corsa, allenato in Francia, incastonato in argento a formare un calamaio. Per il suo quarantunesimo compleanno – sebbene lei non avesse idea di come lui avesse accertato che fosse il suo quarantunesimo compleanno – le aveva regalato un filo di perle e l’aveva portata in un albergo di Brighton gestito da un ex pugile professionista. Le aveva detto di indossare le perle a cena, ma di stare attenta perché erano costate cinquecento sterline. Una volta le aveva chiesto come investisse i suoi risparmi, e quando lei gli aveva detto che li investiva in rentes viagéres francesi, lui le aveva risposto che avrebbe potuto fare di meglio per lei e, in seguito, di tanto in tanto, le aveva parlato di modi strani ma molto redditizi di investire piccole somme. In questo modo, poiché i suoi doni la colmavano di estasi per la loro opulenza e pesantezza, aveva assunto per lei gradualmente l’aspetto di una divinità che poteva benedire – e possibilmente colpire – imperscrutabilmente. Per molti anni dopo che l’aveva avvicinata per la prima volta in Edgware Road fuori il vecchio Apollo lei l’aveva guardato con sospetto, perché era un uomo ed è la natura dell’uomo riservare alle donne tradimento, lussuria e malevolenza. Ora lei si vedeva come la compagna di una divinità, sicura e immune dai manrovesci della Fortuna – come se fosse al sicuro sulle spalle di una delle aquile di Giove, accanto al suo trono. È noto che gli Immortali scelgono le compagne tra gli umani: quando lo facevano è invero fortunata la sorte dei prescelti. Lei sentiva di essere fra questi. Neppure la malattia di lui l’aveva privata della sensazione del potere diffuso e imperscrutabile dell’uomo, e non riusciva a liberarsi della convinzione che se egli avesse voluto, avrebbe potuto parlare, camminare e affrontare le fatiche di Ercole. Era impossibile non pensarlo; la forza del suo sguardo non era diminuita, ed era lo sguardo oscuro di un uomo, orgoglioso, vigoroso, vigile e autoritario. E la natura e il verificarsi misterioso della malattia avevano di fatto confermato la sua convinzione inconscia. L’attacco si era presentato in maniera così poco drammatica che, sebbene i diversi e pomposi – e, per lei, praticamente imbecilli – medici inglesi che erano stati chiamati ad assisterlo concordassero sul fatto che un attacco di qualche tipo doveva averlo colpito mentre era a letto, questo non era servito a farle cambiare idea. Infatti, anche quando il suo stesso medico, Douant-Rouault, aveva asserito con certezza e consapevolezza che si trattava di un caso di emiplegia fulminante di tipo caratteristico, sebbene con la ragione accettasse quella conclusione, la sua intuizione subconscia rimaneva la stessa. Il dottor Drouant-Rouault era un uomo sensibile; ciò lo aveva dimostrato esaltando l’eccellenza anatomica delle opere scultoree di Monsieur Casimir-Bar e concordando che solo una cospirazione dei suoi rivali gli avesse impedito di diventare presidente della Ecole des Beaux-Arts. Era, allora, un uomo di buon senso e la sua reputazione tra i commercianti francesi del Quartiere era molto alta: lei non aveva mai avuto bisogno delle attenzioni di un dottore. Ma se avevi bisogno di un dottore, ovviamente andavi da un francese e accettavi quel che diceva. Ma anche se a parole concordava con gli altri, e in effetti con sé stessa, non riusciva a convincersi nell’intérieur, né era arrivata a quella quantità di convinzione esteriore senza almeno qualche discussione. Aveva fatto notare, non solo al Dottor Drouant-Rouault, ma aveva persino ritenuto suo dovere far notare ai medici inglesi con cui altrimenti non avrebbe parlato, che l’uomo che giaceva lì steso era un abitante del Nord, dello Yorkshire, dove gli uomini erano di un’ostinazione inconcepibile. Aveva chiesto loro di considerare che non era insolito per fratelli e sorelle dello Yorkshire, o altri parenti, vivere insieme nella stessa casa per decenni senza rivolgersi la parola l’un l’altro, e aveva fatto notare che lei conosceva Mark Tietjens come uomo di indicibile determinazione. Lo conosceva data la loro intimità di lunghissima data. Lei, per esempio, non era mai stata capace di fargli cambiare la dieta per un’oncia di peso, o di scuotere la pepiera per insaporire – neanche una volta nei venti anni in cui aveva cucinato per lui. Aveva pregato questi signori di considerare come una possibilità che i termini dell’Armistizio fossero di natura tale da portare una persona della determinazione e delle idiosincrasie di Mark a ritirarsi da tutti i contatti umani, e che se lui era così determinato niente gli avrebbe fatto cambiare la sua determinazione. Le ultime parole che aveva pronunciato erano state quando uno dei suoi colleghi al Ministero aveva telefonato per riferire a lei, perché informasse Mark, quali fossero i termini dell’Armistizio. Alla notizia, che lei aveva dovuto dargli da sopra la spalla, dal letto lui aveva fatto qualche commento – era convalescente da una doppia polmonite, a quel tempo. Quali fossero i commenti non poteva ripeterlo con esattezza; era quasi certa che volesse dire – in inglese – che non avrebbe più parlato. Ma era consapevole che la sua predilezione era sufficiente a distorcere il suo udito. Lei si era sentita, alla notizia che gli Alleati non intendevano inseguire i tedeschi nel loro paese – lei si era sentita come se lui volesse dire all’Alto Ufficiale all’altro capo del telefono che non avrebbe mai più rivolto una parola a lui e alla sua razza. Era la prima cosa che le era venuta in mente e senza dubbio era stata la prima a venire in mente a Mark. Questo aveva riferito ai medici. Quelli non le avevano praticamente prestato attenzione, e lei era consapevole che questo era molto probabilmente dovuto alla sua posizione ambigua di compagna di lunga data, senza nessun legame legale, di un uomo che essi consideravano ora incapace di continuare a proteggerla. Questo non le dispiaceva affatto; era nella natura dell’umanità maschile inglese. Il francese aveva naturalmente ascoltato con deferenza, chinando persino un po’ il capo. Ma aveva risposto con una specie di sorda ostinazione: Madame deve capire che l’occasione in cui si è verificato l’attacco rende solo più sicuro che ci sia stato un attacco. E quell’argomento a lei, come francese, doveva sembrare quasi incontrovertibile. Perché il tradimento della Francia a opera dei suoi Alleati nel momento supremo del trionfo era stato un crimine, la cui notizia avrebbe ben potuto far sembrare auspicabile la fine del mondo.
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