La porta non si chiuse e io sbirciai da dietro la spalla di Gunnar per vedere un altro uomo e un’altra donna che cortesemente ci tennero la porta aperta. Gunnar varcò la soglia, io gli stavo dietro, come ci si aspettava da una schiava. Passai la porta aperta e ringraziai l’uomo Viken in modo automatico. “Piacere mio.” Subito mi bloccai; un brivido mi corse lungo la schiena, mentre mi ricordavo di quel timbro grave che diceva qualcosa di completamente diverso. Se non è una nobile, se non vale la pena chiedere un riscatto, allora uccidila. Era lui. Oddio. La mia mente fu occlusa dalla paura e dal panico. Afferrai l’uniforme di Gunnar con la mano irrigidita. Quella voce. Guardai il polso dell’uomo. Sì. Eccolo là. Il tatuaggio. Era questo l’uomo che stavamo cercando, l’uomo che voleva

