II

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II 30 ottobre 1974 – Ore 17:05 L’aereo si livella in quota di crociera. Leonard smette di guardare fuori. Torna col pensiero al Volo 401, alla strana coincidenza di nomi fra il secondo ufficiale perito nell’incidente e il pilota che adesso è in cabina. Riprende l’articolo... “Donald Louis Repo viveva a Miami. Originario del Massachusetts, lavorava alla Eastern Airlines da venticinque anni, praticamente metà della sua vita. Quella mattina era stato in banca e poi era partito in volo per Tampa, dove aveva preso servizio a bordo del Tristar N310EA che effettuava il volo Eastern 164 per New York. Con lo stesso equipaggio, sarebbero tornati in Florida come volo Eastern 401. L’ingegnere di bordo sale sull’aereo sempre prima del capitano e del primo ufficiale per effettuare una serie di test. Ancor prima di accendere l’impianto di condizionamento d’aria, deve assicurarsi che in cabina vi siano uno stock di lampadine di ricambio, un kit per il pronto soccorso, repellente per la pioggia, occhiali protettivi antifumo, un’accetta… e così via. Deve poi compilare la scheda con i dati per il decollo, calcolando i limiti di peso in relazione alla lista dei passeggeri e al carico. Repo esegue tutto con scrupolo – anche se successivamente verrà fuori un errore, comunque irrilevante, nel conteggio dei passeggeri – e aggiunge alla stima del peso circa centottanta chili poiché oltre lui, il comandante e il copilota, viaggeranno in cabina altri due uomini: il pilota Warren Terry e Angelo Donadeo, specialista in manutenzione aerea. Lavorano per la Eastern e tornano a Miami dopo aver svolto un servizio. Il volo 401 è affidato al capitano Robert Albin Loft, cinquantacinquenne, alto, magro, trentadue anni di anzianità di volo. Poco prima delle 21 entra in cabina Albert John Stockstill, il primo ufficiale. Vive anche lui a Miami, come Repo, ma è nato in Louisiana. Stockstill ha al suo attivo più ore di volo a bordo dei Tristar del capitano Loft. Si avviano i motori. Le luci di stazionamento si spengono, avvertendo il personale a terra che l’aeroplano sta per prendere vita. Repo aziona la pompa del carburante. ‘Accensione numero 2’, dice il pilota mentre schiaccia l’interruttore d’avvio. Come un enorme flipper, gli strumenti s’illuminano di luci colorate verdi, ambrate, e attivano una serie di funzioni sintetizzate su pulsanti e interruttori in una o due parole: Valvola, Aperto, Premere, Pressione Olio, Acceso… 21:20: decollo autorizzato. Appena sulla pista, Stockstill sblocca il freno e il Tristar comincia la sua corsa. Raggiunge V1, poi VR e Loft ordina ‘Go’. Il bianco aviogetto s’innalza lentamente verso la notte stellata. L’Eastern 401 punta a sud verso Norfolk, Virginia, poi imbocca il corridoio aereo 79 in direzione di Wilmington, North Carolina. Da qui, verso il mare. Giunto su ‘Barracuda’, punto di controllo virtuale sopra l’oceano, la rotta curva verso ovest. Il piano di volo computerizzato guiderà poi il Whisperliner verso l’interno, su Palm Beach, quindi più a sud in direzione di Miami, una distesa di luci incastonate tra due oscurità, l’oceano Atlantico e le Everglades. Il clima è il maggior richiamo per i passeggeri del volo 401 in quel venerdì d’inverno, ma non l’unico: a Miami ci sono Ann Margret al Fontainbleau, Woody Allen al Deauville e tante altre attrazioni…” L’articolo prosegue con le testimonianze dei sopravvissuti al disastro che rievocavano il fatidico volo. Leonard appoggia la rivista sulle ginocchia e torna a guardare fuori: ormai è buio ed è difficile indovinare cosa ci sia sotto anche se il quadrimotore si mantiene poco oltre gli 8.000 metri. Ogni tanto una fila di punti luminosi che si muovono in coppia rivela una strada di campagna percorsa da automobili. Più oltre, un centro urbano che pare una piccola gemma scintillante. Continua a leggere. “Appena dopo il decollo, Warren Terry, uno dei due ospiti in cabina, si sposta in una poltrona di prima classe. Nel cockpit restano in quattro: Stockstill che pilota, Loft che bada alla radio, Donald Repo e Angelo Donadeo, l’unico che non è pilota ma conosce il Tristar perché è stato capo tecnico della Eastern a Miami e da settembre ha lavorato come supervisore nell’analisi dei guasti che di tanto in tanto hanno afflitto la nuova flotta di L-1011. La mattina di quel venerdì è stato a New York per esaminare proprio un Tristar che aveva problemi ai motori. Il volo è tranquillo. Lasciata l’area di New York, Stockstill inserisce il pilota automatico e abbassa le luci per favorire la visibilità esterna. Un DC-10 precede il Tristar a quota più alta. Gli altoparlanti in cabina sono attivati, così anche senza cuffie si possono ascoltare le conversazioni tra il capitano Loft e i controllori di volo e quelle tra i vari aerei che popolano il cielo… […] A un’altitudine maggiore dell’Eastern 401, il National Airlines 607 in avvicinamento all’aeroporto di Miami ha qualche problema: la torre gli ha dato le coordinate di discesa ma il pilota ha risposto che avranno bisogno di un po’ di tempo per tirar giù manualmente il carrello che non scende. Poiché una spia luminosa indica un problema idraulico, il National 607 chiede di far uscire i camion antincendio. A bordo dell’Eastern 401 l’equipaggio ascolta il pilota del National 607 che lotta con il suo carrello mentre le squadre di emergenza si schierano ai bordi della pista 9 Destra. All’Eastern 401 assegnano la pista parallela, 9 Sinistra. 23:32: ordinano al volo 401 di cambiare frequenza radio e entrare in contatto con il controllo locale. Loft saluta, lascia la frequenza 1003 e si sposta su 118.3, come indicato. ‘Torre Miami, Eastern 401 in dirittura finale’ avverte. Poi ordina al suo secondo: ‘gear down’. ‘Eastern 401, continuate l’avvicinamento per la pista 9 Sinistra’. Loft ringrazia ancora e comincia la checklist pre-atterraggio. ‘Il carrello anteriore non è sceso!’ avverte Stockstill. Suona il segnale di posizione dei flap. Da questo momento risuonano in cabina vari segnali di allerta, insieme con le voci dei piloti. ‘Lo avevo messo giù – dice Loft. – Maledizione. Ora provo di nuovo a farlo scendere.’ ‘Va bene’ ribatte Stockstill, la voce quasi coperta dal forte segnale d’allerta dell’altimetro. Per un istante i due segnali suonano contemporaneamente, poi quello dei flap smette. ‘Bene. – ripete Stockstill con voce calma. – Significa che ci mettiamo a girare in circolo?’ 23:34. ‘Ok, torre, qui Eastern 401, – parla Loft – pare che ci toccherà fare un giro: non sappiamo se il carrello anteriore sia sceso e bloccato! La spia che si sarebbe dovuta accendere è rimasta spenta’. ‘Roger, Eastern 401 – rispondono da Miami – salite dritti a 2.000 piedi [circa 609 metri, N.d.R.]. Tornate al controllo d’avvicinamento, frequenza 128.6’ Erano già sotto i 1.000 piedi [circa 305 metri, N.d.R.] in direzione della pista 9 Sinistra. ‘Virata 22 gradi. Gear up’ dice Stockstill manovrando la leva del carrello. Loft suggerisce: ‘aumenta la potenza, anzitutto,… lascia giù quel dannato carrello’. Donadeo osserva Stockstill che continua a pilotare mentre Loft aumenta la potenza. L’aereo interrompe la discesa. Repo, seduto al suo posto dietro ai piloti, chiede: ‘Volete che provi le luci delle spie?’ ‘Sì, prova’ gli risponde Loft. Niente da fare: la spia verde del carrello anteriore non si accende. Stockstill è convinto che il problema sia la lampadina: ‘Sai, Bob, dev’essere la luce… Riesci a raggiungerla?’ ‘Okay, saliamo a 2.000’ comunica Loft alla radio. Una quarantina di secondi dopo Stockstill domanda al capitano: ‘Siamo a 2.000. Vuoi che lo piloti io, Bob?’ Ma Loft risponde con un’altra domanda: ‘Che frequenza dobbiamo usare?’ ‘128.6’. Il comandante continua a occuparsi della radio e Stockstill pilota. ‘La spia è quella, sopra a destra, vero?’ chiede Repo, alle spalle di Stockstill. ‘Sì. Non ci arrivo da qui…’ interviene Loft. La spia guasta si trova nel pannello centrale dalla parte del secondo che è occupato a pilotare. Tocca a Repo tentare di aggiustarla. ‘Non so se ce la faccio a estrarla…’ protesta l’ingegnere. 23:35. Loft comunica la posizione al controllo di avvicinamento: ‘Controllo Avvicinamento, Eastern 401… siamo proprio sopra l’aeroporto e saliamo a quota 2.000. In effetti eravamo già a 2.000, ma stiamo cercando di far accendere la spia verde del carrello’. Il controllore dà nuove coordinate: ‘Eastern 401, roger. Virate a sinistra 3-6-0 e mantenete 2.000, verso la pista 9 Sinistra’. Il Tristar inizia una virata a forma di U verso Nord e poi, lentamente, vira ancora in direzione delle Everglades lasciandosi in coda l’aeroporto. ‘Metti l’autopilota a questo bastardo, ora’ dice il capitano. Stockstill esegue. ‘Guarda se riesci a far qualcosa con questa luce’ dice sempre Loft. Finalmente Stockstill riesce a estrarre il dispositivo luminoso dal pannello. Dentro ci sono due piccole lampadine. Donadeo vede Repo che esamina ma non sostituisce le lampadine difettose, per quanto a bordo ve ne siano di ricambio. Alla fine l’aggeggio viene ricollocato alla meno peggio nel suo alloggiamento. ‘Adesso lo hai messo storto – dice il capitano Loft – non so se così reggerà, devi girarlo un po’ a sinistra…’. Il congegno si è incastrato. E la luce è ancora spenta. Ci sono altri modi per vedere se il carrello sia sceso correttamente: ‘Scendi là sotto a vedere se quel dannato carrello sta giù!’ ordina Loft a Repo4. Nel frattempo Stockstill tenta ancora di sistemare la spia luminosa. ‘Hai un fazzoletto o qualcosa di simile per afferrare meglio ’sto affare?’ Repo sta scendendo nel ‘buco dell’inferno’, il primo ufficiale si rivolge al capitano: ‘Non viene via, Bob. Se avessi un paio di pinze, proverei a tirarlo fuori…’ L’ingegnere si ferma e ribatte a Stockstill: ‘Potrei darti le pinze, ma se lo forzi, rischi di romperlo, credimi!’ ‘Appunto per questo vorrei metterci un Kleenex’. Loft perde la pazienza: ‘Vai là sotto! Vai là sotto e dicci se sta a posto… Questo sì che ci interessa! Vada a farsi fottere la lampadina!’ La scatola nera registra a questo punto una sonora risata. Chiaramente l’equipaggio reputa l’incidente con la spia luminosa più un contrattempo che una reale emergenza. 23:38. Loft comunica tranquillo con il controllore: ‘Eastern 401, andrei ancora un po’ verso Ovest se possibile, e vediamo se riusciamo a far accendere questa dannata spia!’ ‘Ok, Eastern 401.’ Frattanto il National Airlines 607, quello col carrello che non è sceso, riceve le coordinate finali per atterrare sulla pista 9 Destra ai cui bordi sono schierati i camion antincendio. Contrariamente al malfunzionamento della spia luminosa sul volo Eastern 401, il problema del National 607 è considerato una vera emergenza. Loft e Stockstill continuano a discutere: ‘Sei riuscito a tirarlo fuori?’ ‘Non ancora…’ ‘S’è incastrato nel verso sbagliato!’ ‘Dai un’occhiata agli strumenti’ dice Stockstill. Mentre il Tristar N310EA sorvola le Everglades, il cielo sopra Miami è quanto mai affollato: il volo Avianca 781 è appena decollato dalla pista 9 Sinistra, seguito dall’Eastern 470. Poi, sempre sulla 9 Sinistra, prende terra l’Eastern 111. In avvicinamento c’è il West Indian 790 e, immediatamente dietro, il Lan-Chile 451, mentre è in attesa di atterrare il National 437. In mezzo a tutto questo traffico, il National Airlines 607 tocca terra senza incidenti. Loft e Stockstill sono ancora alle prese con la lampadina. ‘Non so che succede a questo figlio di puttana’ sbotta il primo ufficiale. Per un istante si ode il suono del segnale d’allerta dell’altimetro. Loft torna a pensare al carrello: ‘Stando gli strumenti direi che quel maledetto è giù, ne sono certo!’ ‘Il test non ha dimostrato che le lampadine funzionassero’ dice Stockstill riferendosi ai collaudi eseguiti prima dall’ingegnere. ‘È vero.’ ‘È la lampadina difettosa – riprende il primo ufficiale mentre continua a tentare di disincastrarla. – Bob, questa figlia di puttana non vuole proprio uscire!’ ‘Ah! Lasciala stare…’ si spazientisce il comandante. Riappare Repo dalla botola: ‘Io non lo vedo giù, da lì!’ ‘Huh?’ mugugna Loft. ‘Non lo vedo’, ripete Repo. ‘Non riesci a vedere gli indicatori? C’è un punto da cui dovresti vedere se le ruote sono ben allineate!’ ‘Lo so, è quell’aggeggio che pare un piccolo cannocchiale!’ ‘Esatto.’ ‘Beh…’ ‘Non sono allineate?’ incalza Loft. ‘Non riesco a vedere, è buio pesto… niente!’ Loft sposta un interruttore sul pannello superiore e dice a Repo: ‘Prova adesso!’ L’ingegnere di bordo ridiscende la scaletta del ‘buco’, stavolta seguito da Donadeo. Il tecnico nota che Stockstill ha la mano destra sul volantino mentre con la sinistra continua a maneggiare il congegno luminoso che non funziona. Loft si è spostato per cercare di aiutarlo. Il capitano si regge con il braccio sinistro alla parte superiore del pannello mentre con la destra raggiunge lo strumento difettoso. Le braccia dei piloti si incrociano giusto all’altezza delle manette. Il controllore di volo guarda l’altitudine segnata vicino al piccolo punto sullo schermo radar che indica il Volo 401. Dovrebbe essere a 2.000 piedi, ma i numerini fosforescenti indicano 900! ‘Eastern 401 – chiama l’uomo-radar – come vanno le cose là?’ Risponde Loft: ‘Bene, vorremmo virare e tornare indietro’. Poi aggiunge, rivolto a Stockstill: ‘Pulisci a sinistra’. Il radarista comunica le coordinate: ‘Eastern 401, vira a sinistra per 1-8-0.’ ‘Uno-ottanta’ ripete Loft. Il Tristar vira gradualmente a sinistra. Dagli altoparlanti giunge la voce dell’addetto al radar che ordina al volo Lan-Chile 451 di scendere a 1.500 piedi seguita dal ringraziamento del pilota. ‘È successo qualcosa con l’altitudine!’ esclama Stockstill. ‘Cosa?’ domanda Loft. Stockstill: ‘Siamo ancora a 2.000, vero?’ Loft: ‘Ehi, che succede là?’ Il controllore di volo, dopo aver guidato un altro aereo, torna allo schermo radar: l’indicatore d’altitudine accanto al simbolo dell’Eastern 401 segna ‘CST’ che significa ‘COAST’, cioè… ‘a livello del mare’! Chiama subito il Whisperliner: ‘Eastern 401, richiedete mezzi di soccorso?’ Silenzio. ‘Eastern 401, vi ho perso, qui sul radar,… il vostro transponder… Qual è la vostra altitudine adesso? Eastern 401, Miami…’ Silenzio. Il Lockheed Tristar L-1011 N310EA, volo Eastern Airlines 401, era precipitato a 25º51’53” latitudine Nord, 80º35’43” longitudine Ovest. A Ovest-Nordovest di Miami, 18,7 miglia [circa 29 Km, N.d.R.] dalla fine della pista 9 Sinistra, nelle inospitali paludi delle Everglades, 2,43 metri sopra il livello del mare. L’aereo viaggiava a circa 365 chilometri orari quando ha impattato con il terreno, prima con l’estremità dell’ala sinistra, poi con il motore e il carrello sinistro che hanno lasciato nell’erba tre tracce, ciascuna larga circa un metro e mezzo e lunga oltre 30 metri. Urtando la terra, la sezione principale della fusoliera ha continuato a muoversi attraverso erba e acqua disintegrandosi a varie riprese. Dal primo impatto fino all’arresto, il Whisperliner ha percorso oltre 600 metri, a metà dei quali ha ruotato su se stesso fin quasi a tornare indietro. La grande fusoliera bianca si è spezzata in cinque grossi tronconi e in numerosissimi frammenti…” Leonard resta con gli occhi avviluppati al testo. Pensa alle vittime. Pensa ai sopravvissuti di quella notte di cui l’articolo riporta i resoconti del momento dell’impatto, dei drammatici istanti in cui sentono la morte gridare il loro nome tra il fragore dei jet ancora in moto che ingoiano acqua e terra, le lamiere che si contorcono gemendo, spezzando, tranciando, martoriando… Alcuni superstiti affermano di aver realizzato soltanto dopo parecchi minuti che l’aereo era caduto, altri riferiscono lo sgomento dinanzi al distorcersi della prospettiva seguita all’impatto: poltrone, suppellettili, bagagli che volano per ogni dove… compagni di viaggio, parenti, amici che scompaiono nel buio, nell’acqua… il tetto che si rovescia, il pavimento che si inarca… poi il freddo, le grida dei feriti, il dolore, per alcuni lieve per altri atroce, l’ansia per i cari inghiottiti dall’oscurità rotta solo dalla combustione degli spezzoni impregnati di jet fuel… L’Electra su cui viaggia Leonard ha iniziato la discesa verso Patuxent River. Sente il variare dei giri delle eliche e le sollecitazioni che l’aria imprime alle ali da quando il pilota ha cominciato a manovrare alettoni e flap. Mette a fuoco l’ultima colonna dell’articolo che riassume i fatti: “…Il volo 401 era proceduto normalmente fino all’avvicinamento a Miami. Poi Stockstill aveva notato che la spia luminosa verde che avrebbe dovuto indicare la corretta discesa e il blocco del carrello anteriore era rimasta spenta. La mancata accensione della spia poteva significare due cose: o il carrello non era sceso o la lampadina non funzionava. I piloti avevano ripetuto l’operazione di discesa dei carrelli, ma la lampadina verde non si era accesa e così avevano deciso di interrompere l’atterraggio per esaminare la situazione. Di conseguenza la torre di Miami aveva ordinato di risalire a 2.000 piedi ed effettuare una virata a U sorvolando ad ovest le buie paludi delle Everglades. Il comandante e il copilota avevano estratto dal pannello il piccolo comando luminoso per verificarne il funzionamento, mentre era stato ordinato all’ingegnere di bordo di scendere nel vano dell’avionica, sotto la cabina, per cercare di vedere attraverso un sistema ottico se il carrello fosse realmente sceso. Cinquanta secondi dopo aver raggiunto l’altitudine assegnata e mentre l’aereo era a metà della sua virata ad U, il capitano aveva ordinato a Stockstill di inserire il pilota automatico. Per i successivi ottanta secondi il Tristar aveva mantenuto il giusto livello di volo, quindi era sceso di un centinaio di piedi e si era mantenuto a questa altitudine per circa due minuti. Poi aveva iniziato una graduale discesa che non era stata avvertita dall’equipaggio. In settanta secondi l’aeromobile aveva perso soltanto 250 piedi, sufficienti però a far suonare l’allarme dell’altimetro, situato nel pannello dell’ingegnere di bordo. Però l’ingegnere non c’era e i piloti – a quanto si evince dalle registrazioni della scatola nera – non si sono accorti del segnale. Dopo altri cinquanta secondi l’aereo volava praticamente a metà dell’altitudine assegnatagli. Quando il radioaltimetro di Stockstill aveva suonato, il Tristar si trovava a 101 piedi, e stava scendendo di circa 50 piedi al secondo. Stavolta l’equipaggio aveva udito il segnale ma… era troppo tardi. Resta una domanda: come fa un aereo guidato dal pilota automatico a sprofondare nelle paludi? L’inchiesta successiva ha imputato il disastro a un ‘errore del pilota. Nello specifico all’errato controllo degli strumenti di bordo da parte dell’equipaggio negli ultimi quattro minuti di volo e alla mancata percezione dell’inattesa discesa. La preoccupazione per il malfunzionamento della spia di controllo del carrello anteriore avrebbe distratto l’equipaggio al punto da non far loro percepire la discesa’. Centotré vite e un aereo da quindici milioni di dollari distrutti… per due lampadine del valore complessivo di non oltre venti dollari! E, per di più, il carrello anteriore è stato ritrovato correttamente sceso e bloccato…” Le luci della cabina del quadrimotore si spengono e Leonard accende d’istinto la luce individuale. Non ha finito l’articolo sul Volo 401: dopo la pagina con la pubblicità dei nuovi orologi Pulsar con le cifre luminose, c’è un altro paragrafo che si intitola “I fantasmi del volo 401” e si chiude con la firma dell’autore: John G. Fuller. Leonard è perplesso: non sa se leggere anche questa parte che sfora decisamente nella fantascienza. L’Electra è a meno di 300 metri da terra e la gravità lo richiama a sé con forza. La macchina si dibatte, sobbalza, intanto che perde il sostegno dell’aria a ogni metro che si avvicina al suolo. Uno scossone più forte porta il viso di Leonard a sfiorare la tendina rossa che serve a coprire il finestrino. Ha l’odore dei viaggi con il padre… Il padre che lo ha invitato sempre a dubitare dell’inesplicabile senza rifiutarlo a priori. Forse la reputazione del professor Johnson negli ambienti scientifici sarebbe stata maggiore se, sullo scorcio degli anni Cinquanta, non si fosse lasciato prendere dall’interesse per l’ufologia trasmessogli da due colleghi: Joseph Allen Hynek e Morris Jessup. Studiando i resoconti degli incontri – che il professor Hynek aveva classificato nella famosa scala dipendente dal più o meno marcato coinvolgimento dell’osservatore con gli oggetti o le entità aliene5 – il padre di Leonard aveva concluso che quella pur bassa percentuale di casi che non si piegavano ad alcuna spiegazione scientifica o logica dimostravano la probabilità della vita extraterrestre. Aveva dovuto affrontare l’incredulità e la derisione della comunità scientifica, ma aveva sempre tirato diritto confutando e smantellando con serrate argomentazioni la faciloneria degli scettici… Ricordando suo padre, Leonard decide di completare la lettura dell’articolo. Intanto i carrelli dell’Electra toccano terra. Le eliche invertono la rotazione e poi girano più lentamente mentre il velivolo si avvicina al parcheggio. Dal finestrino si vedono due operai che spingono la scaletta verso la piazzola. Due dei quattro motori del Lockheed si spengono, gli altri due rallentano fino a fermarsi quando l’aereo si arresta. Lascerà scendere tutti i passeggeri. A differenza dei jet che a terra mantengono le turbine in funzione per garantire il condizionamento dell’aria, gli aerei a elica spengono del tutto i motori e a lui piace scendere ultimo per guardare la cabina vuota con le poltrone colorate, silenziose, inanimate… Mette berretto e impermeabile – l’aria è piuttosto rigida – prende il bagaglio e saluta velocemente l’equipaggio che nel frattempo ha lasciato il cockpit. Non sa perché, ma l’omonimia del primo ufficiale del suo volo con l’ingegnere di bordo dell’Eastern 401 gli ha messo inquietudine. Era stato indeciso se leggerlo, adesso non vede l’ora di terminare l’articolo per capire cosa sia successo esattamente. Scende i primi gradini della scaletta. «Capitano Johnson!» si sente chiamare. È il comandante che gli porge la rivista: «Il suo giornale, Johnson! Le era caduto…» «Grazie, grazie infinite, arrivederci capitano …» fa lui. Mentre qualcosa lo attraversa dentro… Un’elettricità leggera ma persistente… «... Loft. Robert Loft. Addio, comandante Johnson!» Il disagio si trasforma in nausea. Prende la rivista senza ricambiare il saluto. Improvvisamente stanco. Non ce la fa proprio a incrociare gli occhi del pilota che si chiama come il comandante dell’Eastern 401 morto nelle Everglades il 29 dicembre ’72. Finisce di scendere la scaletta e corre verso l’interno dell’aeroporto. Istintivamente si volta. Lo faceva pure da ragazzo. Per dare un’ultima occhiata all’aereo su cui ha volato. L’Electra sembra un mastodontico uccello preistorico, immobile. Tutte e quattro le eliche con le pale squadrate ferme nella stessa posizione! Quattro croci sulla tela blu della notte. Nel riquadro di luce del portello non ci sono più il capitano Loft e il primo ufficiale Repo che prima lo hanno salutato. L’aria è più fredda. Allunga il passo.
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