Look & Life2009, Milano
Giunta di fronte al negozio si ferma un attimo. Con la mano si tocca la fronte, un fondo di mal di testa le procura un senso di lieve stordimento. “Non mi starò ammalando? Spero proprio di no. Forse mi ci vorrebbe un caffè”. Mentre valuta indecisa se entrare o recarsi a un bar, il suo sguardo viene catturato dalla curiosa maniglia della porta di ingesso del negozio: due elle sovrapposte di acciaio lucido di cui una totalmente ricoperta di cristalli luccicanti. Appoggia la mano sul monogramma, spinge lentamente e, quasi senza rendersene conto, varca la soglia. Dietro al bancone dell’ingresso una ragazza, un po’ rotondetta ma con un sorriso accattivante, la saluta andandole incontro.
«Buongiorno, vorrei fare una piega, avete posto?» chiede la donna.
«Certo, se lo desidera può fermarsi anche subito, oggi è una giornata tranquilla», risponde la ragazza richiudendo la porta.
«Perfetto, mi fermo senz’altro».
La receptionist la fa accomodare: «Prego, signora, mi segua al lavatesta. Carla si occuperà di lei. Dia pure a me la giacca».
Dal fondo del locale spunta una seconda ragazza che la saluta cordialmente. La donna attraversa il negozio, dirigendosi dove le è stato indicato. L’interno è costituito da un lungo corridoio con le postazioni per la messa in piega al centro appaiate frontalmente l’una all’altra e con in mezzo lunghi specchi rettangolari che scendono dal soffitto. La donna avanza, con la sensazione di percorrere un tunnel o il corridoio di un treno in movimento. Distrattamente guarda le poltrone, tutte vuote.
La parrucchiera l’accoglie cordiale, interrompendo i suoi pensieri: «Benvenuta signora. Si accomodi, prego».
«Buongiorno. Avevo un po’ di tempo e ho pensato di sistemarmi i capelli. Sono stata dal parrucchiere ieri, in realtà, ma la piega, a quanto pare, non ha tenuto. Spero che lei riesca a fare meglio».
Carla, sorridendo: «Ci proviamo. Lei di solito usa il balsamo o una crema dopo lo shampoo?»
«Il balsamo, ma si potrebbe fare anche un impacco ristrutturante. Oggi mi vedo proprio malmessa».
La giovane inizia a lavarle i capelli e la donna si abbandona al massaggio rilassante. Dalla sua posizione può vedere l’intero salone. Apprezza l’arredo e le modernissime poltrone in pelle rossa delle postazioni per la messa in piega. Le conta e improvvisamente realizza cosa l’aveva colpita: “Che strano, è completamente vuoto. Il venerdì pomeriggio, di solito, i parrucchieri sono tutti pieni. Strano. La receptionist l’ha definita una giornata tranquilla, ma mi sembra che abbia usato un eufemismo”. Alza gli occhi verso la ragazza alle sue spalle con l’intenzione di chiederle una spiegazione; poi, temendo di sembrare offensiva, decide di soprassedere. Con un senso di disagio, riflette: “Che tristezza, un salone così grande senza un cliente. Sarà colpa della crisi. Oppure non saranno molto bravi. O, forse, sono troppo cari. Staremo a vedere”.
Non completamente a suo agio, continua a muoversi sulla sedia, senza trovare una posizione comoda. Un rumore proveniente da una stanza chiusa attira la sua attenzione. “Ma cosa stanno combinando?” si chiede, ma non nota nulla di strano.
«Desidera un caffè?» domanda la receptionist, comparsa all’improvviso al suo fianco.
«Come ha detto? Non ho sentito bene, mi scusi. Pensavo ad altro».
«Può farle piacere un caffè?»
«Ma sì, grazie, perché no?» poi tra sé commenta: “Che stupida! Se mi metto a vedere complotti intorno a me vuol dire che sono proprio nervosa. Evidentemente, comincio a sentire il bisogno di qualche giorno di vacanza”.
«Ecco il suo caffè. L’ho fatto ristretto, va bene? Se vuole più zucchero me lo dica».
«Va benissimo, grazie». La bevanda è calda al punto giusto: “L’ha già zuccherato, forse un po’ troppo”, considera, sorseggiandola. Si abbandona contro lo schienale della poltrona chiudendo gli occhi.