Casa Valadier

436 Parole
Casa Valadier2009, Monza Mario si trova nella camera da letto, quella sua e di Emma. Non ci ha più dormito da quando sua moglie è scomparsa. Il grande letto a baldacchino è intatto, perfettamente rifatto e senza la minima piega sul copriletto, come lo aveva lasciato lei l’ultima volta. È un letto un po’ troppo grande per la stanza, ma a lei è sempre piaciuto così. Apre i cassetti di Emma, cerca nelle sue borse, nelle tasche di giacche e cappotti. Entra Enrico: «Papà, trovato niente?» «Niente, tua madre era… ma che dico! È una persona abitudinaria, senza grilli per la testa, frequenta da sempre le stesse persone e se ne conosce di nuove me lo racconta subito e me le descrive perfettamente, affinché io possa visualizzarle. Non ha segreti». Enrico, guardandosi intorno e vedendo la stanza tutta sottosopra: «Non riesco a toccare le sue cose, mi prende una specie di sensazione di angoscia». Mario annuisce tristemente. «Scusa papà. Ho telefonato alle sue amiche, a nessuna ha detto qualcosa che possa esserci utile, nemmeno alla zia Elena. Lei dice che non la sentiva da giorni». Enrico si avvina alla porta per uscire. «Guarda qui», esclama Mario «ha ancora in tasca il dépliant della mostra di Dalì che abbiamo visto tutti insieme. Saranno ormai cinque anni fa. Sopra ci ha scritto: una giornata speciale». Per un attimo si perde nel ricordo di quella giornata, poi conclude: «Non è un tipo da colpi di testa, decisamente». Mario inizia a piangere ed Enrico deve allontanarsi per non fare altrettanto, l’ansia per ciò che sta accadendo a tutti loro è troppo forte. «E questa cos’è?», esclama ora Mario tenendo in mano un foglietto. «Una ricevuta di un pranzo, per due. No, per tre persone. Il nome del ristorante non mi dice niente, non lo conosco». Enrico rientra, incuriosito dalle parole del padre. Accostandosi a lui chiede: «La data qual è?» «Il 3 marzo, l’altro ieri. Fammi pensare», risponde Mario rigirando in continuazione il foglietto tra le mani, nella speranza di trovarvi ulteriori indizi. «Io ero dalla nonna con Edo, sono stato là tutto il giorno, poi siamo tornati alle otto per cena. Non l’ho sentita in tutto il giorno, ora che ci penso». «A me ha detto che sarebbe rimasta a casa e la sera non mi ha raccontato nulla della giornata, non è da lei. L’avevo notato anche allora, era stranamente taciturna. Bisogna richiamare le sue amiche, era con loro senz’altro. Dividiamoci le chiamate». Si alzano. Mario prende la rubrica dei numeri e iniziano a telefonare. La stanza si anima improvvisamente, riempita dai suoni delle loro voci speranzose.
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