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781 Parole
3Dal momento del suo arrivo, Irina aveva imposto all’organizzazione dell’hotel un suo personale programma di sedute e di visite. Per il giorno successivo all’arrivo aveva fissato alle ore sette una seduta di massaggio rassodante, quindi la colazione e successiva partenza per Venezia con una guida. All’osservazione della direzione della beauty– farm che il reparto massaggi schiudeva i cancelli solo alle nove, Irina aveva freddamente osservato: – This is your problem only. Il giorno successivo alle sette in punto lei aveva avuto il suo massaggio rassodante tra le luci brillanti di una beauty–farm inconsueta e mattiniera, aveva consumato una leggera colazione e si era presentata nella hall pronta a partire per Venezia. Una vettura l’attendeva all’esterno, Iano teneva lo sportello posteriore aperto, le augurò buongiorno, lei accennò ad entrare, ma rinculò lesta e sollevò il viso verso l’uomo. – Lei chi è? – La sua guida per Venezia. Lo valutò per un battito di ciglia, si chinò e s’infilò nella vettura. Iano chiuse lo sportello, girò sul retro, prese posto accanto all’autista e l’auto si mosse veloce. Lei aveva voluto solo percorrere a piedi la città lagunare, instancabile, gli occhi voraci che scrutavano tutto. Solo a tratti lo sguardo sembrava perdersi nello spazio di una piazzetta spuntata all’improvviso o fissava ipnotizzata le acque di un canale, pensierosa per quella città così diversa eppure altrettanto ricca di suggestioni come la sua San Pietroburgo. Di tanto in tanto chiedeva informazioni a Iano. Lui le camminava accanto a mezza distanza e solo in quella occasione le si avvicinava sfiorandole la spalla e rispondendo alla richiesta. Con il trascorrere della mattinata le vie si animarono sempre più, i turisti gremirono le calli, un baccano multilingue, furono costretti a camminare spalla a spalla per non essere separati. Nel momento in cui la calca li pressava, Iano precedeva la donna facendole strada, lei lo seguiva mantenendo contatto con deboli tocchi delle mani sulla schiena. Comunque l’uomo si voltava spesso a controllare, la sovrastava di tutta la testa, nei punti più stretti procedeva di fianco, tenace come un rompighiaccio, risucchiandola nella sua scia. In un’occasione, di fronte a un flusso di giovani turisti strepitanti che avanzavano in una calle stretta, compatti come una falange di guerriglieri metropolitani, lei volle caparbia farsi strada da sola, non dette il tempo a Iano di porsi davanti, ma lui riuscì solo a marcarla dappresso. Irina si trovò in un attimo bloccata da una muraglia di corpi che le scorrevano di lato parlando a voce alta, non avanzava, anzi a tratti era respinta. Percepì all’inizio le mani aperte di Iano dietro la schiena che la tenevano, fino a che la spinta frontale assunse l’irruenza di una piena. Per scongiurarle fastidi, l’uomo mollò le braccia e l’accolse a corpo pieno puntellandosi sulle gambe. Irina trovò sostegno nel duro corpo spigoloso che non mollò di un centimetro alla pressione della calca. Per lunghi secondi rimase schiacciata contro di lui, le spalle, i glutei, le gambe fuse nelle sue, ne ricevette un senso di solidità e di protezione. Avvertì anche qualcos’altro, e una emozione che aveva per lungo tempo trascurato, ma non dimenticato, riaffiorò avvampandole il viso. Verso mezzogiorno si spalancò davanti ai loro occhi lo spazio di piazza San Marco e la donna si diresse verso le sedie del caffè Florian e decise per una pausa. L’orchestra posizionata sul palchetto già srotolava musiche romantiche, Iano salutò il fisarmonicista, amico di vecchia data. Lo spuntino offrì l’occasione per una breve conversazione che Irina sviluppò sul tema dell’atmosfera particolare che lei aveva colto durante il percorso della mattinata. – Ma è sempre così affollata Venezia? – Tra qualche mese la situazione peggiorerà, sarà impossibile seguire un percorso turistico senza essere presi a spintoni o compressi nella calca. Riaffiorò l’episodio avvenuto qualche ora prima, Iano mulinò lo sguardo intorno, Irina invece lo puntò su di lui e lo trattenne legandolo con il cappio dei suoi occhi gialli. La donna decise di continuare la visita della città, orientandosi questa volta su qualche museo e sulla basilica che si ergeva a fianco. Il primo pomeriggio passò senza affanno, anzi il ritmo del percorso calò di colpo. Irina accettò le soste di fronte a un particolare affresco o a una cappella che Iano le programmò senza sollecitare il suo parere. Per la prima volta si lasciò guidare e mentre lui indugiava a farle notare qualche interessante particolare di un quadro o il profilo architettonico di una navata, lei scrutava di sfuggita la sagoma dinoccolata dell’uomo, lo trovava discreto malgrado l’età, le divenne familiare con il trascorrere del tempo. Proseguirono la passeggiata fino a metà pomeriggio e il rientro avvenne con le modalità dell’andata: Iano che sedeva accanto all’autista e conversava con lui, Irina che occupava il sedile posteriore. Si sentiva rilassata, in pace con se stessa e con l’ambiente circostante, anche se straniero, che tuttavia le stava riservando preziosi ritagli di benessere e di riflessione.
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