Capitolo III-2

3027 Parole
La colpa di tutto ciò era di Màrfa Petròvna, che aveva trovato il tempo di accusare e di coprire di fango Dùnja in tutte le case della città. Essa conosce tutti, qui da noi, e durante quel mese non fece che venire in città, e siccome è piuttosto chiacchierona e ama parlare delle sue faccende private e soprattutto lamentarsi di suo marito con chiunque le capita a tiro, cosa che è molto brutta, in poco tempo aveva fatto circolare questa storia non solo in tutta la città, ma nell'intero distretto. Io mi ammalai, mentre Dùneèka fu più forte: avessi visto come riusciva a sopportare tutto, e per di più a consolare e a incoraggiare me! È un vero angelo! Poi, per misericordia divina, i nostri guai ebbero fine: il signor Svidrigàjlov ci ripensò, si pentì e, probabilmente per compassione di Dùnja, diede a Màrfa Petròvna le prove piene e palmari della completa innocenza di Dùneèka: una lettera per Dùnja, prima che Màrfa Petròvna li sorprendesse in giardino, era stata costretta a scrivergli per evitare le spiegazioni a voce e gli appuntamenti segreti su cui egli insisteva, e che poi, dopo la partenza di Dùneèka, era rimasta nelle mani del signor Svidrigàjlov. In questa lettera, lei gli rinfacciava vivacemente e con profonda indignazione la bassezza della sua condotta nei riguardi di Màrfa Petròvna, gli ricordava il suo stato di padre di famiglia e, infine, gli diceva che era veramente vile, da parte sua, tormentare e far soffrire una fanciulla già così infelice e indifesa. In una parola, caro Ròdja, era una lettera tanto nobile e commovente che io singhiozzavo nel leggerla, e ancor oggi non riesco a leggerla senza lacrime. Oltre a ciò, a scagionare Dùnja vennero fuori, infine, anche le testimonianze dei servi, che avevano visto e sapevano molto di più di quanto lo stesso signor Svidrigàjlov non supponesse, come sempre accade in questi casi. Màrfa Petròvna rimase sbalordita e “uccisa una seconda volta”, come lei stessa ci confessò; in compenso, si persuase completamente dell'innocenza di Dùneèka, e subito il giorno seguente, ch'era domenica, recatasi alla cattedrale, pregò in ginocchio e piangendo la regina degli angeli perché le desse la forza di sopportare questa nuova prova e di compiere tutto il suo dovere. Poi, direttamente dalla cattedrale, senza passare in nessun'altra casa, venne da noi, ci raccontò ogni cosa, pianse amaramente di contrizione e abbracciò Dùnja, scongiurandola di perdonarla. Quella stessa mattina, poi, senza il minimo indugio, appena uscita da noi, andò di casa in casa, per l'intera città, e dappertutto, versando lacrime, con le espressioni più lusinghiere, ristabilì l'innocenza di Dùneèka e la nobiltà dei suoi sentimenti e del suo comportamento. Come se non bastasse, mostrava e leggeva ad alta voce a tutti la lettera scritta da Dùneèka al signor Svidrigàjlov, permettendo perfino che se ne facessero delle copie (ciò che mi parve un po' eccessivo). Per alcuni giorni di fila fu costretta a fare il giro di tutte le case della città, dato che certi conoscenti cominciavano ad offendersi perché era stata data la precedenza ad altri; alla fine si stabilirono dei turni, grazie ai quali in ogni casa la si attendeva in anticipo, e tutti sapevano che quel determinato giorno Màrfa Petròvna avrebbe letto la lettera in quel determinato posto, e ogni volta tornavano a riunirsi perfino certi che avevano già sentito leggere la lettera in casa loro o in qualche altra casa. Il mio parere è che molto, moltissimo di tutto ciò poteva esser risparmiato; ma Màrfa Petròvna è fatta così. In questo modo, comunque, ha riabilitato completamente l'onore di Dùneèka, e tutta l'infamia della faccenda è ricaduta, indelebile marchio di vergogna, su suo marito, unico colpevole, tanto che ho perfino pietà di lui; credo che anche lui sia stato trattato in modo troppo severo. Dùnja è stata subito invitata a dare lezioni in parecchie famiglie, ma io ho preferito rifiutare. In generale, tutti hanno preso a trattarla con particolare rispetto. E tutto ciò, in sostanza, ha contribuito a render possibile quell'avvenimento inatteso per il quale posso dire che l'intero nostro destino sta ora cambiando. Sappi, caro Ròdja, che Dùnja ha trovato un fidanzato, il quale ha chiesto la sua mano, e che lei ha già dato il suo consenso, cosa di cui mi affretto ad informarti. E benché ciò sia stato deciso senza il tuo consiglio, penso che tu non ne vorrai né a me, né a tua sorella; vedrai tu stesso, da come si sono svolte le cose, che ci sarebbe stato impossibile aspettare e rimandare tutto in attesa di una tua risposta. Senza contare che non ti sarebbe stato possibile, da lontano, dare un giudizio preciso. Avvenne dunque così. Pëtr Petròviè Lùžin, che è già consigliere di corte, è un lontano parente di Màrfa Petròvna, la quale ha influito molto sulla questione. Egli ha cominciato ad esprimere, tramite suo, il desiderio di conoscerci; è stato accolto come si doveva, ha preso il caffè con noi, e già il giorno dopo ci ha mandato una lettera in cui avanzava, in termini molto cortesi, la sua proposta di matrimonio, pregandoci di una risposta precisa e sollecita. È un uomo d'affari molto occupato, e ora ha fretta di andare a Pietroburgo, cosicché per lui ogni minuto è prezioso. Dapprima, si capisce, siamo rimaste molto stupite, poiché tutto si era svolto troppo rapidamente e all'improvviso. Abbiamo passato il giorno intero a ragionare e a esaminare la faccenda. È un uomo che dà affidamento e dispone di mezzi; ha due impieghi, e possiede già un capitale proprio. È vero che ha già quarantacinque anni, ma è di aspetto abbastanza gradevole, può ancora piacere alle donne e in generale è un uomo molto distinto e posato, soltanto un po' cupo e si direbbe quasi altezzoso. Ma questa, forse, è solo apparenza, forse è così solo a prima vista. Te ne avverto in anticipo, caro Ròdja, perché quando ti incontrerai con lui a Pietroburgo, cosa che avverrà prestissimo, tu non giudichi troppo presto e impulsivamente, come sei solito fare, se lì per lì qualcosa in lui non ti andrà a genio. Lo dico ad ogni buon conto, anche se sono certa che ti farà buona impressione. D'altronde, qualsiasi persona, per conoscerla, la si deve avvicinare a poco a poco e con cautela, altrimenti si può cadere in errore e in preconcetti che è molto difficile, dopo, cancellare o correggere. Da molti indizi Pëtr Petròviè sembra una persona estremamente rispettabile. Già durante la prima visita egli ha dichiarato di essere un uomo positivo, ma che su molti argomenti condivide, come egli stesso si è espresso, “le convinzioni delle nostre nuove generazioni”, ed è nemico di ogni pregiudizio. Ha detto anche parecchie altre cose, giacché si direbbe che sia un po' vanitoso e che gli piaccia molto essere ascoltato; ma anche questo non si può forse nemmeno chiamare un vizio. Io, naturalmente, non ho capito molto, ma Dùnja mi ha spiegato che pur non avendo una grande istruzione è un uomo intelligente e, a quanto sembra, buono. Tu conosci il carattere di tua sorella, Ròdja. È una ragazza ferma, assennata, paziente e generosa, anche se il suo cuore, come credo di aver capito, è ardente. Certo, né in lei né in lui può esserci un particolare amore. Ma Dùnja, oltre ad essere una ragazza intelligente, è anche una creatura angelica, e sentirà come suo dovere fare la felicità di un marito che a sua volta abbia a cuore la felicità di lei; cosa, quest'ultima, di cui per il momento non abbiamo motivo di dubitare, sebbene la faccenda, lo ammetto, sia stata combinata fin troppo alla svelta. Si tratta di un uomo molto avveduto, e lui stesso si renderà conto che la sua felicità coniugale sarà tanto più salda quanto più Dùneèka sarà felice con lui. Quanto poi al pericolo che vi siano certe disparità di carattere, certe, che so, vecchie abitudini, e perfino un certo disaccordo nelle idee (cosa inevitabile perfino nei matrimoni più riusciti), Dùneèka dice, in proposito, di avere una gran fiducia in se stessa; che non è il caso di preoccuparsi, e che lei è capace di tollerare molto, a condizione che i loro futuri rapporti siano fondati sull'onestà e sulla giustizia. A tutta prima, mettiamo, egli è sembrato anche a me un po' brusco; ma ciò può anche dipendere da nient'altro che dal suo carattere molto franco, anzi dev'essere senz'altro così. Ad esempio, durante la sua seconda visita, quando già aveva avuto il consenso di Dùnja, ha detto conversando che fin da prima, senza ancora conoscere Dùnja, aveva deciso di sposare una ragazza onesta ma senza dote, una che sapesse cosa vuol dire essere poveri; infatti, com'egli ci spiegò, il marito non dev'essere obbligato in niente a sua moglie, ed è bene che la moglie consideri il marito come il suo benefattore. Ma devo dire che egli si espresse in modo più delicato e tenero di quanto io abbia scritto; in effetti ho dimenticato l'espressione precisa e ricordo soltanto l'idea, senza contare che egli non lo disse con intenzione ma, probabilmente, gli sfuggì detto nella foga del discorso; anzi, in seguito cercò perfino di correggersi e di attenuare. A me parve comunque un po' indelicato, e ne parlai, dopo, anche con Dùnja. Ma Dùnja mi rispose, perfino con un certo dispetto, che “le parole non sono ancora fatti”, e questo è certamente vero. Prima di decidersi, Dùneèka non ha dormito la notte intera, e pensando che io invece dormissi si è alzata dal letto e ha continuato a passeggiare tutta la notte su e giù per la stanza; alla fine si è inginocchiata, e ha pregato a lungo e con fervore davanti all'icona; poi, al mattino, mi disse che s'era decisa. «Come ti ho già detto, Pëtr Petròviè sta per andare a Pietroburgo dove ha degli affari importanti: vuole aprire lì uno studio di avvocato. Già da molto tempo si occupa di ogni specie di processi e di cause, e anche pochi giorni fa ha vinto una grossa causa. Inoltre a Pietroburgo deve trattare una pratica importante alla Corte Suprema. Io credo, caro Ròdja, che egli possa essere molto utile anche a te sotto ogni aspetto; io e Dùnja pensiamo che tu potresti cominciare senz'altro la tua carriera a partire addirittura da oggi, e considerare il tuo futuro come già chiaramente segnato. Oh, se questo si realizzasse! Sarebbe una tale fortuna, che dovremmo considerarla una vera e propria grazia dell'Onnipotente. Dùnja non pensa ad altro. Abbiamo già osato dire qualche parola in proposito a Pëtr Petròviè. Egli è rimasto piuttosto sulle sue, però ha detto che certo, siccome non può fare a meno di un segretario, preferirebbe naturalmente pagare lo stipendio a un parente che a un estraneo, sempre che questo parente si dimostrasse all'altezza del compito (come se tu potessi non esserlo!); tuttavia ha espresso il dubbio che i tuoi studi universitari possano non lasciarti il tempo per lavorare nel suo ufficio. Per quella volta il discorso è finito lì, ma Dùnja ormai non pensa ad altro. Da alcuni giorni è in preda a una specie di frenesia, e ha preparato un intero progetto su come tu potrai diventare, in seguito, il sostituto e perfino il socio di Pëtr Petròviè nel suo lavoro legale, dato anche che sei iscritto alla facoltà di giurisprudenza. Io, Ròdja, la penso proprio come lei e condivido tutti i suoi progetti e le sue speranze, che mi sembrano del tutto realizzabili; nonostante l'atteggiamento per ora un po' evasivo di Pëtr Petròviè (spiegabilissimo, dato che non ti conosce ancora), Dùnja è fermamente convinta che grazie alla sua influenza sul suo futuro marito essa potrà ottenere ogni cosa. Naturalmente siamo state molto attente a non lasciarci sfuggire con Pëtr Petròviè una sola parola su questi nostri progetti, soprattutto su quello che tu possa diventare suo socio. È una persona pratica, e forse avrebbe accolto con freddezza quelli che non gli sarebbero parsi altro che sogni. Io e Dùnja non gli abbiamo ancora accennato, per ora, neanche alla nostra ferma speranza che egli ti aiuterà finanziariamente finché sarai all'università; non gliene abbiamo parlato soprattutto perché la cosa, in seguito, verrà da sola: probabilmente, senza bisogno di parlargliene, sarà lui stesso a proporlo (ci mancherebbe altro che non facesse questo per Dùneèka), tanto più che tu potrai essergli molto utile nel suo studio e ricevere il suo aiuto non come beneficenza, ma come uno stipendio del tutto meritato. Ecco come Dùneèka vorrebbe sistemare le cose, e io la penso né più né meno come lei. Inoltre non gliene abbiamo ancora parlato perché desideravo più d'ogni altra cosa che tu ti trovassi su un piede di parità con lui in occasione del vostro prossimo incontro. Quando Dùnja gli ha parlato di te con entusiasmo, egli ha replicato che chiunque, prima che si possa giudicarlo, dev'essere visto di persona e da vicino, e che egli si riservava di farsi un'opinione su di te dopo averti conosciuto. Sai, mio amatissimo Ròdja, in base a certe mie riflessioni (che del resto non riguardano affatto Pëtr Petròviè, ma sono, forse, soltanto mie fantasie da povera, vecchia donna), mi sono persuasa che dopo il loro matrimonio io farò meglio a vivere da sola, e non insieme a loro. Sono profondamente convinta che egli sarà tanto nobile e delicato da invitarmi, proponendomi lui stesso di non restar separata da mia figlia, e se non lo ha detto finora è certo perché la cosa si sottintende da sé, senza bisogno di parlarne; ma io rifiuterò. Nella vita, più d'una volta ho notato che le madri delle mogli non vanno troppo a genio ai mariti, e io non solo non desidero essere del minimo peso a nessuno, ma io stessa voglio essere completamente libera, fintanto che ho un pezzo di pane per campare e dei figli come te e Dùneèka. Se sarà possibile, verrò ad abitare vicino a voi due, perché, Ròdja, in questa mia lettera, la cosa più bella l'ho tenuta per ultima. Sappi, mio caro, che forse molto presto ci ritroveremo tutti insieme, e ci abbracceremo tutti e tre dopo quasi tre anni di separazione! È già stato deciso con certezza che io e Dùnja partiremo per Pietroburgo: non so ancora di preciso quando, ma senz'altro prestissimo, forse addirittura entro una settimana. Tutto dipende dalle possibilità di Pëtr Petròviè, il quale, non appena si sarà un po' orientato a Pietroburgo, ce lo farà sapere subito. Per certi suoi motivi, egli desidera affrettare al massimo la celebrazione del matrimonio; se possibile, vorrebbe perfino che avvenisse durante la settimana grassa, o altrimenti, data la brevità del termine, subito dopo la quaresima. Oh, con che felicità ti stringerò al mio cuore! Dùnja è tutta emozionata al pensiero del prossimo incontro con te, e una volta ha detto, scherzando, che anche solo per questo sposerebbe Pëtr Petròviè. Non ti scrive nulla in questa lettera; mi ha detto solo di comunicarti che ha tante di quelle cose da dirti, ma tante, che non ha nemmeno il coraggio di prendere in mano la penna, perché in poche righe non si fa in tempo a dir nulla, e ci si rimane male e basta. E mi incarica anche di abbracciarti forte e di mandarti un'infinità di baci. Anche se forse prestissimo ci vedremo di persona, tuttavia tra pochi giorni ti manderò del denaro, quanto più potrò. Ora che tutti sanno del prossimo matrimonio di Dùneèka con Pëtr Petròviè, anche il mio credito è aumentato, e sono certa che Afanàsij Ivànovič sarà disposto a darmi fino a settantacinque rubli, in conto della mia pensione: così, forse, ti manderò un venticinque rubli, o magari trenta. Te ne manderei anche di più, ma devo pensare al nostro viaggio, e benché Pëtr Petròviè sia stato così buono da assumersi una parte delle spese relative al nostro trasferimento nella capitale, e si sia offerto, in particolare, di far arrivare a sue spese (per mezzo di certi conoscenti che ha costì) il nostro bagaglio personale e un grosso baule, nondimeno dobbiamo tener presente che non possiamo arrivare a Pietroburgo senza denaro, almeno quel poco che servirà per i primi giorni. Del resto, abbiamo già considerato con Dùneèka ogni particolare, ed è risultato che il viaggio non costerà poi molto. Da qui fino alla ferrovia ci sono appena novanta chilometri, e ad ogni buon conto, ci siamo già messe d'accordo con un nostro conoscente che ha un calesse; dopo di che, io e Dùneèka viaggeremo magnificamente in terza classe. Così, forse troverò senz'altro il modo di mandarti non venticinque, ma trenta rubli. Ma ora basta, ho riempito due fogli interi e non c'è più posto: quanti avvenimenti s'erano accumulati! Adesso, mio adorato Ròdja, ti abbraccio in attesa del nostro prossimo incontro e ti mando la mia benedizione materna. Ròdja, devi amare Dùneèka, la tua sorellina; devi amarla così come ti ama lei che ti ama - sappilo - smisuratamente, più di se stessa. Dùnja è un angelo, e tu, Ròdja, sei tutto per noi: tutta la nostra speranza e la nostra consolazione. Se tu sarai felice, lo saremo anche noi. Ròdja, preghi il Signore come una volta, e credi sempre nella bontà del nostro Creatore e Salvatore? Temo, in cuor mio, che tu ti sia lasciato prendere dalla nuova incredulità adesso tanto di moda. Se è così, prego per te. Ricorda, mio caro, come da fanciullo, quando tuo padre era ancora vivo, balbettavi le tue preghiere sulle mie ginocchia, e come eravamo tutti felici, allora! Addio, o meglio arrivederci! Ti abbraccio forte forte e ti bacio infinitamente. Tua fino alla tomba Pulchèrija Raskòlnikova» Per quasi tutto il tempo che Raskòlnikov impiegò, sin dalle prime righe, a leggere la lettera, sul suo viso scorrevano lacrime; ma quando terminò il suo volto era pallido, contratto da uno spasimo, e un sorriso penoso e cattivo gli serpeggiava sulle labbra. Appoggiò il capo sul suo smilzo, logoro guanciale e rifletté, rifletté a lungo. Il suo cuore batteva forte e i suoi pensieri erano in tumulto. Alla fine si sentì mancare l'aria in quello sgabuzzino giallo, così simile a un armadio o a un baule. Il suo sguardo e i suoi pensieri avevano bisogno di aria libera. Afferrò il cappello e uscì, senza alcun timore, stavolta, di incontrare qualcuno per le scale: s'era dimenticato di tutto. Prese lungo il V-j Prospèkt, in direzione del Vasìlevskij Òstrov, quasi andasse per un affare urgente; ma, secondo il suo solito, camminava senza vedere la strada, mormorando tra sé e perfino parlando ad alta voce, con grande meraviglia dei passanti. Molti lo scambiavano per un ubriaco.
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