LA LEGGENDA DELLA SPADA DI RIAL-4

2084 Parole
Le urla che avevano attirato la sua attenzione non erano umane, ma di tanti animali. Corse ancora verso il cortile e le grida si fecero più acute, erano le Fenici. Urlavano, ma non erano in cielo, erano a terra, per questo soffrivano. Non erano in grado di volare, non potevano fuggire alla sorte che le attendeva. Molte battevano le grandi ali cercando di alzarsi in volo, ma non ci riuscivano. Perché? Si chiedeva il re. La risposta venne da sola nella sua mente, il cuore del Profeta aveva smesso di battere e Nasarid aveva oscurato totalmente Elios-aere. La distruzione del suo regno stava cominciando. Rial, vedendo che le sue amate Fenici soffrire, reagì subito. Vide Ekim, la sua Fenice, anche lei si comportava come le altre, la chiamò. Subito il maestoso animale non diede ascolto alla sua voce, era troppo impaurita all’idea di non riuscire a volare. Il re la chiamò di nuovo. L’animale stavolta udì il richiamo e girò l’enorme capo verso di lui. Negli occhi color ambra della Fenice il sovrano lesse una grande paura. L’uomo corse verso di lei e le ordinò di piegare il collo, Ekim confusa ubbidì. Rial salì e a voce alta le parlò. - Devi cercare di camminare. Non devi solo provare a volare, prova a muovere le gambe! La Fenice lo guardò con aria interrogativa, poi annuì. Provò ad alzare una delle zampe. Sembrava fare una grande fatica, ma ci riuscì ugualmente. Poi provò con l’altra, ma lo sforzo sembrava immane. Rial fu colpito dalla disperazione e dalla frustrazione. La Fenice non poteva staccarsi da terra. La maledizione del Profeta aveva fatto scaturire dalle profondità della terra una forza in grado di tenere le Fenici inchiodate a sé. Tentò in ogni modo di farle muovere, ma ben presto si rese conto che non ci sarebbero mai riuscite. La terra continuava a tremare e in alcuni punti si stavano formando delle profonde crepe nel terreno. Non sapeva come fare per aiutarle. Scese dal collo con un grande salto. L’uomo ed la Fenice si guardarono negli occhi, l’animale implorò il re di aiutarla. Rial cominciò a piangere, avrebbe voluto fare qualcosa, ma non sapeva come! - Amica mia, fedele compagna. Mi spiace. Non so cosa fare! La forza che vi trattiene è troppo grande! - gridò Rial. Grosse lacrime gli offuscarono la vista e i loro lamenti gli lacerarono il cuore. Non riusciva a più a guardarle. Le Fenici sembravano già spettri ondeggianti che si dimenavano per sfuggire alla morte. Non sopportò più quelle immagini e quelle grida. Per questo cominciò a correre. Le sue gambe corsero con tutta la loro forza. In quel momento nulla importava più per lui, la sua vita aveva già cominciato a perdere senso. La terra intanto continuava a tremare, ma non la sentì. Correva. Correva veloce. E mentre il suo cuore batteva all’impazzata per la folle corsa, pensava a come avrebbe potuto vivere senza i suoi figli, senza quei maestosi animali, senza la sua terra. Le ragioni della sua vita erano state cancellate per sempre e al loro posto… solamente disperazione. La sua corsa terminò davanti ad una spiaggia, il rumore delle onde del mare riuscirono a calmarlo. Ad un tratto sentì un boato provenire da dietro le sue spalle. Non riuscì a voltarsi, sapeva che il grande castello era crollato portando con se i corpi dei suoi cari. La collera di Nasarid era stata grande. Il re guardò la spada, per la prima volta da quando l’aveva forgiata la fissò con disprezzo. Avrebbe dovuto aiutarlo a salvare Eillean, invece non era servita a nulla. Ma era l’unica cosa che gli era rimasta. Guardò di nuovo il mare, il rumore dell’acqua sulla battigia lo riempì di nostalgia, e tutto quello che era successo gli parevano solo ricordi distorti di un incubo. Chiuse gli occhi, aveva bisogno di pace e di qualche momento per riflettere su cosa fare. Poteva ritornare nella sua amata terra, con la speranza che tutto fosse rimasto come lo ricordava? Forse la collera di Nasarid non aveva potuto raggiungerla. Sì. Pensò. Sarebbe ritornato. Aprì gli occhi al cielo, in quel momento sembrava che la Grande Stella si stesse allontanando da Elios-aere. Il suo cuore si alleggerì lievemente a quella visione, e un po’ della disperazione diminuì. Spostando lo sguardo verso est, vide una piccola imbarcazione a remi, probabilmente di qualche pescatore, poiché c’erano delle piccole reti. Senza pensare salì e remò verso ovest. Passò molti giorni in mare prima di raggiungere l’amata isola. Sbarcò su una baia familiare. Aveva riconosciuto subito le rocce e la sabbia rosa. Dopo la distesa di sabbia ci sarebbe stato un piccolo bosco di pini di mare, e poco distante una delle quattro torri che preannunciavano la vista del grande castello. Un barlume di speranza si stava accendendo nel suo cuore. Neppure la grave stanchezza riuscì a fermarlo. Non appena scese dalla barca camminò. Camminò a lungo, ma del piccolo bosco di pini nessuna traccia. Bramoso, si guardava attorno per scorgere qualche albero che preannunciava il bosco, ma non c’era assolutamente nulla. In quei giorni anche Elios-aere sembrava averlo abbandonato, dal giorno in cui era partito dal regno del Profeta Nero, l’astro del giorno aveva smesso di brillare, scure e dense nubi lo coprivano riducendo il suo calore. Un forte e freddo vento si stava levando. Rial pensò che la Dea si stesse vendicando della perdita delle sue Messaggere, lei gli aveva dato la benedizione e l’occasione di uccidere il Profeta Nero, e lui l’aveva delusa. Si fermò un attimo a riposare, il vento stava diventando sempre più forte e la sabbia gli bruciava gli occhi. Si inginocchiò pregando la Dea di perdonarlo, poi finì a terra stremato. Quando si svegliò, si chiese per quanto tempo era rimasto sdraiato sulla fredda sabbia. A fatica si alzò, aveva la gola riarsa e il corpo intorpidito, guardò il cielo rigonfio di nubi nere, pregò per la pioggia. Attorno a lui non c’era nulla, né alberi, né rocce, il nulla assoluto. Pensò di andare al tempio della dea Elios-aere, con la speranza di trovare le Fenici rimaste. Camminò ancora, e ancora. Finalmente vide il tempio e il castello, ma erano ruderi in mezzo ad una terra martoriata. Grandi crepacci si erano aperti tutto attorno alla sua dimora, devastando ogni traccia di vita, persino le Fenici rimaste erano scomparse. In quel luogo non era rimasto nulla per cui valesse la pena restare. Istintivamente si diresse verso la piccola imbarcazione, e vi salì. Guardò la spada e il primo pensiero fu per Jarad. Gli occhi di Rial, al pensiero dell’amico scomparso, si illuminarono, come se fosse stato abbracciato dall’amico stesso. Sarebbe ritornato nel regno del sacerdote! In quel luogo, nel periodo della sua corta permanenza, si era fatto numerosi amici. Tutti lo aveva accolto con cordialità e molti gli avevano detto che sarebbe stato per loro una grande gioia se fosse ritornato. Prese i remi e si diresse verso quel regno. Non si guardò indietro nemmeno una volta, cercò solo di remare il più velocemente possibile. Voleva allontanarsi in fretta da quel luogo, che una volta era stato il più bello di tutto il continente di Siger. Remò a lungo. Remò talmente che le forze lo abbandonarono e svenne. Quando si svegliò, si guardò attorno sconcertato. Si trovava in un comodo letto, in una stanza arredata sontuosamente. Dov’era? Pensò esausto. Poco dopo entrò una donna con un vassoio, sopra c’erano un bicchiere e un piatto con una profumata pietanza. Posò tutto su un tavolino, poi si voltò verso di lui con un sorriso. Rial trovò quella donna molto bella, anche se non era più giovane. Aveva lunghi capelli rossi raccolti in una coda con un nastro di raso rosso, i suoi occhi erano verdi e la pelle era chiara. Il re ne fu colpito. - Finalmente vi siete svegliato. - disse dolcemente la donna porgendogli il bicchiere. - Grazie. - Disse il re prendendolo, poi bevve tutto il suo contenuto con un solo sorso, aveva una grande sete. - Dove mi trovo?- chiese. - Io sono la regina di questo regno. Alcuni uomini vi hanno trovato sulle rive del mare, e sapendo chi eravate, vi hanno subito portato qui. Anch’io vi conosco, siete Rial, il Guardiano delle Messaggere di Elios-aere. Conosco anche la vostra storia, compresa quella del nostro e caro sacerdote Jarad. A quel nome il re non riuscì a trattenere le lacrime, i suoi pensieri andarono ancora una volta ai figli, alle Fenici. In quel momento il suo cuore gli sembrò vuoto e senza speranza. Pensò che la maledizione del Profeta Nero avesse tolto agli uomini la possibilità di comunicare con la loro Dea. Loro senza le Fenici, si sarebbero sentiti perduti. Ed era questo che voleva Nasarid: uomini deboli, confusi, senza speranza. Rial pensò che con la morte delle Messaggere Sacre, la fede nella Dea sarebbe diminuita, lasciando il vuoto nel cuore degli uomini di Siger. Le Fenici rappresentavano la forza, la grandezza, la luce della Dea, ed ora non c’erano più… cosa sarebbe accaduto? Si chiese Rial con rabbia. Lanas interruppe il padre. - Cosa successe tra la gente dopo la scomparsa delle Messaggere? Scarrat rispose. - Qui non c’è scritto nulla a riguardo. Ma c’è stato un periodo nel continente di Siger in cui gli uomini si comportarono come animali impauriti. Dopo la scomparsa delle Messaggere la gente si chiese cosa ne sarebbe stato di loro. La Dea avrebbe risposto alle loro preghiere? Nessuno lo sapeva, nemmeno i più grandi sacerdoti che cominciarono anch’essi a dubitare. Nessun segno veniva dal cielo a dimostrare che Elios-aere li stava proteggendo come prima. Pochissimi avevano continuato a pregare, a sperare e a credere. Uno di questi fu Rial che, nonostante tutto quello che gli era successo, non aveva mai perduto la fede. Con il tempo era diventato grande amico della regina, ed insieme fecero costruire un tempio grandioso, splendido come nessun altro. Rial aveva visto la luce della Dea e fu lui a progettarlo. Voleva che l’edificio avesse tutta la bellezza delle emozioni che aveva provato quando insieme a Jarad aveva visto la luce della Dea, così che tutti quelli che lo avrebbero visto si fossero resi conto della sua grandezza. Chiese il permesso alla regina di costruirlo sulla base di quello in cui aveva pregato con Jarad. La regina assentì, sentendo come il re, il bisogno di un nuovo tempio, e convenendo che esso avrebbe dato nuova speranza alle genti. Rial aveva trovato una nuova ragione di vita, e ripose in essa tutte le proprie energie. Ci vollero anni di duro lavoro. Fece capo a tutto, dalla progettazione alla realizzazione. Quando fu terminata la costruzione, tutti rimasero abbagliati. La regina stessa non credeva che potesse esistere qualcosa di più bello. Soprattutto la grande statua che il re fece scolpire. Tale era lo splendore dell’edificio e della statua, che alcuni cominciarono a portare doni, fino a far tornare lentamente la fede negli uomini. Il merito fu della bellezza. Gli uomini ne furono scossi tanto era pura e grandiosa. I loro cuori avevano cessato di vivere ormai, ma quando videro quella statua, qualcosa in loro si svegliò e ritornarono a sperare. Tutti avevano sempre fantasticato sull’aspetto della Dea, nessuno però l’aveva immaginata come quella statua: una donna bellissima con le ali di una Fenice. Rial non aveva mai visto il suo aspetto, ma dal quel giorno, la mente gliela aveva descritta come una donna dalle grandi ali piumate. Il suo volto era bellissimo, lo sguardo buono ed il sorriso gentile. Sentiva che quello doveva essere l’aspetto di Elios-aere. La storia di Rial era nota a tutto il regno di Achaar, e molti achaariani, negli anni successi alla morte di Rial, avevano cercato la mitica spada. Di lei si erano perse completamente le tracce, per questo una moltitudine di storie erano nate sulla sua scomparsa. I decenni e i secoli passarono e tutti smisero di cercare. Addirittura si cominciò a dubitare della sua stessa esistenza, mettendo in dubbio persino che lo stesso Rial l’avesse forgiata, e che il Profeta fosse morto in un altro modo. In tanti secoli, solo i sovrani di Achaar erano stati a conoscenza dell’arma, e la tennero debitamente nascosta nel luogo in cui Rial l’aveva posta. Nessuno dopo l’ultimo Guardiano l’aveva usata, non ce n’era stato il bisogno. Tutti i sovrani erano a conoscenza dell’uso che Rial ne aveva fatto. Nel periodo dell’ultimo Guardiano, un grande potere oscuro aveva sopraffatto Siger, e la spada aveva contribuito in parte ad annullarlo. Dopo di allora, Siger aveva conosciuto un periodo di relativa serenità. Alcuni regni avevano avuto qualche asperità per quanto riguardava le Isole degli Smeraldi, i rapporti tra Olekawan ed Achaar non erano mai stati ottimi, ma il potere che il Profeta Nero aveva usato sull’intero continente era stata cosa ben diversa delle scaramucce tra regni, e tenere nascosta la Spada significava che il potere oscuro era lontano.
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