CAPITOLO 5
Casa Annalise, St. Marcos, Isole Vergini americane
20 aprile 2013
Non avrei esattamente voluto che mi venisse ricordata l’umiliazione di aver perso il processo per stupro contro la stella del basket Zane McMillan, ma a parte quello le sue parole erano perfette. L’immagine del volto di Bart mi attraversò di nuovo la mente, ma rifiutai di lasciarmi andare in quel momento al senso di colpa che sapevo sarebbe arrivato. L’avrei affrontato più avanti.
“Andiamo,” dissi, scendendo dal furgone. I tacchi affondavano nel terreno, così mi tolsi le scarpe e le gettai nel cassone.
Nick venne accanto a me cercando di calmare i cani. Sheila, una rottweiler, rimase indietro, diffidente. Cowboy, il maschio alfa, borbottava sottovoce in gergo canino. Annusò Nick accuratamente prima di permettere che anche gli altri lo ispezionassero. Nick mantenne la posizione e io lasciai che i cani facessero il loro mestiere. Se non lo avessero ritenuto di loro gradimento, ci avrei ripensato.
L’aria notturna risuonava del canto delle rane coquì e del fruscio delle foglie mosse dalla brezza, sfiorandomi le guance con il suo tocco morbido e umido. Tesi la mano a Nick, e lui me la strinse nella sua. Si chinò verso il mio viso, e la cosa suscitò un mugolio da parte di Sheila. Gli sfuggii, sollevai un lato della mia lunga e voluminosa gonna passandolo su un braccio, e mi avviai a passi decisi verso la casa, portandomi dietro Nick.
Corremmo a passo leggero, con lui che si affidava a me perché facessi strada e i cani tutt’intorno a noi. Quando arrivammo alla porta della mia grande casa gialla lo feci entrare lasciando le bestiole fuori, sui gradini di ingresso. La corrente elettrica non sarebbe stata allacciata fino a quando il Matto non avesse ottenuto un ultimo permesso, ma io sapevo come muovermi anche al buio e non esitai. Chiusi la porta alle nostre spalle e abbandonammo il profumo del gelsomino notturno per tuffarci nell’odore di segatura e vernice. L’unico suono era il nostro respiro ansante.
Trascinai Nick attraverso la cucina, dove il chiarore lunare filtrava attraverso le finestre abbastanza da permettermi di distinguere l’arredamento massiccio e gli elettrodomestici ancora da installare.
“Cucina,” dissi, senza rallentare.
Più avanti entrammo nella sala grande, la cui altezza dava l’impressione di trovarsi in un’imponente caverna di dieci metri. Lì la luce della luna risplendeva di più, entrando dalle finestre del secondo piano a illuminare il tavolato a incastro del soffitto in legno di cipresso e mogano, e il caminetto in pietra e mattoni che il proprietario originale aveva installato per chissà quale motivo in una casa ai tropici.
“Sala grande,” annunciai. “Attento alle impalcature.”
Mi infilai tra i sostegni di acciaio e svoltai bruscamente a destra in un breve corridoio buio che portava a una camera da letto vuota la cui magnificenza richiamava quella della sala grande. La luna faceva capolino attraverso i pannelli di vetro della portafinestra sul retro. Mi fermai al centro della stanza e lasciai ricadere la mano di Nick e il mio vestito, per indicare l’ambiente con un gesto circolare sopra la testa.
“Camera mia.”
Mossi un passo verso l’uscita sul balcone, ma Nick mi afferrò un braccio e mi fece girare su me stessa verso di lui, in una collisione simile a quella che avevamo avuto due ore prima alla fine di quel bizzarro concorso di bellezza. Solo che stavolta non rimbalzai contro di lui. Aderii al suo corpo. Come incollata.
Lui fece scivolare le mani dalla base della mia nuca fino ai capelli su entrambi i lati della testa, abbassando il viso verso il mio, con uno sguardo intenso negli occhi scuri. “Rallenta.”
Gli strinsi i polsi con le mani e mi alzai in punta di piedi, sussurrando a un soffio dalla sua bocca. “Ci siamo quasi.”
Lui coprì i millimetri che ci separavano e premette le sue labbra calde e morbide sulle mie.
Oh, mio misericordioso Dio del cielo.
Rimanemmo lì, con le labbra incollate mentre i secondi passavano, finché non mi ritrassi. Gli abbassai dolcemente le mani e senza lasciarle andare indietreggiai verso la portafinestra. Mi allungai ad afferrare la maniglia, aprii l’anta verso l’interno e la bloccai in quella posizione.
“Attento al gradino,” dissi, uscendo sui tre metri di balcone pavimentato con mattonelle rosse. Un giorno non lontano avrebbe avuto una ringhiera di ferro battuto.
“Accidenti,” disse Nick mentre io mi aggrappavo sulla destra e mi sedevo all’estremità della stretta piattaforma, con le ginocchia sollevate e la schiena contro il muro. Sembrava di essere sospesi nel vuoto, anche se il vuoto probabilmente non sarebbe stato altrettanto duro sotto il sedere. Al di sotto, e oltre il patio pavimentato come il balcone, la piscina luccicava, con la luna che danzava sulla superficie dell’acqua come la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno. La luce era così intensa che potevo distinguere la brillantezza delle piastrelle turchesi sul fondo della vasca.
A circa cinque metri dal bordo della piscina il terreno cominciava a digradare in un ripido pendio verso la valle intorno alla tenuta. Era come se fossimo circondati da un fossato di cime di alberi. I tetti a ovest segnavano la fine della parte abitata dell’isola, e al di là di essi la luna brillava sulla sabbia bianca e sulle onde scure del mare, striate d’argento. Tre grandi navi punteggiavano l’orizzonte: una nave da crociera avvolta nelle luci e altre due, scure e imponenti.
Un movimento attirò il mio sguardo. Guardai in basso. Una donna nera e alta era in piedi all’estremità più lontana della piscina. Indossava un’ampia gonna a quadri un po’ sbiadita a metà polpaccio. La sollevò con entrambe le mani e si allungò a immergere la punta di un piede nell’acqua, come a saggiarne la temperatura. La giovane donna alzò gli occhi su di me e fece qualcosa che non aveva mai fatto prima di quel momento. Mi rivolse un sorriso, poi si coprì la bocca per nasconderlo.
Lanciai un’occhiata a Nick. Non si era mosso, né sembrava che avesse visto la mia amica. Era rimasto in piedi a guardare l’orizzonte. Riportai lo sguardo sulla piscina, ma sapevo già che la donna era scomparsa.
“Cosa ne pensi?” chiesi a Nick.
Si avvicinò e si sedette accanto a me. “È un posto fantastico. Semplicemente fantastico.” Mi prese una mano e la strinse. “Di sicuro ti sei rimessa in carreggiata.” Se la portò alle labbra e la baciò. “Ero preoccupato per te.”
“Da quando ho avuto il mio totale e completo tracollo alcolico in tribunale davanti all’intera città di Dallas e sono fuggita per nascondermi sulle isole con la coda tra le gambe? Da allora, vuoi dire?”
Mi baciò di nuovo la mano, e poi altre due volte in rapida successione. “Sì, da allora.”
Sospirai. “Non bevo una goccia di alcol da duecentonove giorni.” Serrai le labbra, pensando a tutte le feste di Bart e a quanto fosse stato difficile astenersi, in quell’ambiente.
“Sono felice per te.” Nick stava giocherellando con le mie dita, piegandole, raddrizzandole, baciandole una ad una. Era piacevolmente rilassante.
“Grazie.”
“Ho lasciato lo studio,” disse. “Ho aperto la mia attività di investigazione.”
“L’ho sentito dire. Congratulazioni.”
“Il mio divorzio è definitivo.” Mi baciò l’interno del polso.
“Ho sentito dire anche questo. Quindi direi che hai sistemato tutti i dettagli incasinati della tua vita.”
Nick appoggiò la testa all’indietro contro il muro e io contemplai il suo profilo. Il suo naso non era piccolo, ma a lui stava bene. Sospirò. “Non esattamente.”
Arricciai con forza le dita dei piedi, poi le rilassai. “Cioè?”
“Cioè… beh, aspetta un attimo. Non voglio sbagliare l’ordine. Prima devo dirti un’altra cosa.”
“Vaaa beeene…” Un formicolio mi risalì il collo.
“L’aver sentito ciò che ti è successo, il fatto che sei stata quasi uccisa dallo stesso assassino dei tuoi genitori, mi ha fatto rinsavire. Stavo permettendo al mio orgoglio di mettersi in mezzo. Così sono venuto qui il più velocemente possibile.”
Non proprio con una fretta del diavolo, pensai. “È stato più di sei mesi fa.”
“Sì. Purtroppo alcune circostanze della mia vita personale sono state difficili,” rispose.
“Arriva al punto, Nick,” dissi. Il mio tono risultò meno duro delle parole. Lo giuro.
“Non sono riuscito a venire prima per via di Taylor,” spiegò.
Mi sentii sprofondare.