Non credo di essermi mai stancata così tanto a lavoro, anche se non avrei mai voluto diventare avvocato, o meglio, non avrei mai voluto fare l'avvocato a New York, dove mi ritrovo a difendere gente matta, che non sa come riempire le sue giornate se non buttando dal sesto piano del grattacielo il gatto del vicino, come la donna anziana che ho dovuto sopportare stamattina.
Cerco di rilassarmi in macchina, guidando lentamente per evitare di fera della giornata di oggi un genocidio di gatti, anche perché non posso permettermi di pagare per un incidente.
Perché tuo padre ha smesso di pararti il culo e non riesci a rinunciare alla manicure...
Lurido bastardo!
Avrei dovuto cacciarlo a calci in culo invece di accettare di condividere la casa con lui e il suo amico, ma odio ammettere ha da dannatamente ragione.
Le se parole mi sono rimaste impresse, così come i suoi occhi feroci, come se volesse dirmi altro ma non potesse farlo.
Parcheggio la macchina al solito posto in cui mi fermo ogni sabato alle 16:00, suonando il clacson quando mi accorgo che fuori dalla piccola casetta non c'è ancora nessuno, mentre picchietto il volante con l'indice e mordo l'interno della guancia per il nervoso.
Non ho cancellato l'annuncio sui social, sperando che ci possano essere altre richieste, in modo da poter urlare in faccia a quello stronzo di andare a trovare un'altra casa.
Mi vede come mi guardano tutti gli altri. Una donna senza un capello fuori posto, che passa più tempo in un salone di bellezza, piuttosto che a casa sua, ma imparerà a conoscermi meglio e saprà che ho speso sei anni della mia vita praticando la boxe in una palestra in cui era vietato alle donne registrarsi.
Mi sono bastati pochi minuti per capire che quel bastardo è uno di quelli a cui non dare importanza e cercare di evitare, anche se stamattina non sono riuscita a fare a meno di studiarlo di sottecchi, approfittando del fatto che era seduto sul divano e la sua attenzione era catturata dal telefono tra le sue dita.
Non credo di aver mai conosciuto un uomo così biondo e così maledettamente sexy.
Sembra che sua madre abbia voluto mettere al mondo un'opera d'arte.
Quando ieri ho incrociato i suoi occhi per la prima volta, non sono riuscita a trattenere il mio stupore.
L'azzurro cristallino di un occhio contrasta il color miele dell'altro, come se la sorte non sapesse quale scegliere tra i due colori più belli che può avere l'occhio umano.
Basta guardarlo negli occhi per capire che è uno di quelli da 'una botta e via', che attrae le donne con le sue spalle spaventosamente muscolose e le sue labbra carnose sempre rossissime.
Ma questo mi spinge a odiarlo ancor di più, perché può anche essere un dio greco, ma è come tutti gli altri e non sa cosa significa apprezzare una donna.
«Zia Valerie!»-mi accorgo che Mary e Tommy sono entrati in macchina solo quando sento delle labbra poggiarsi sulla mia guancia teneramente.
Scuoto la testa per ritornare alla realtà, ma non riesco a trattenermi e piego le labbra in un sorriso a trentadue denti, lanciando un'ultima occhiata ai bimbi per assicurarmi che abbiano allacciato la cintura di sicurezza.
Mi affretto a salutare la madre, che solleva un braccio dalla finestra della piccola casa, per poi mimare un 'grazie' con le labbra.
Lei è uno dei tanti esempi per cui non bisogna fidarsi di un uomo, ma lo ha capito solo ora, costretta a vivere in una roulotte con due figli da crescere, mentre suo marito è scappato via con tutto ciò che lei era riuscita a guadagnare in tre anni di lavoro.
Era una mia collega fino a tre anni fa, ma ora è costretta a fare la barista per dare una vita dignitosa a Mary e Tommy.
«Oggi possiamo guardare The Nun?»-non appena lascio il parcheggio, Tommy si affretta a chiedere, al che alzo gli occhi al cielo.
«Tua madre mi manderà in galera.»-farfuglio tra me e me, anche se il vero motivo per cui non voglio che vedano film horror è che... hopauradelbuioenonriescoadormirelanotteconlalucespenta!
Ecco, l'ho detto!
E i film che mi costringono a vedere queste due pesti non mi aiutano affatto!
Decido in ogni caso di non deluderli quando mi mostrano un DVD e incrociano le manine davanti alla mia faccia in segno di preghiera:
«Va bene.»-mi arrendo prima ancora che inizino a torturarmi come solo loro sanno fare, mentre fermo l'auto nel piccolo cortile che circonda la mia casa.
Casa che ora non è tutta mia.
Assumo una smorfia scocciata, sperando che nessuno dei miei due nuovi coinquilini sia a casa ora, ma la fortuna non è mai stata dalla mia parte, quindi mi preparo al peggio, mentre seguo Mary che saltella verso l'ingresso.
Fare la babysitter non mi ha mai aiutato molto economicamente, ma almeno mi aiuta a non sentirmi sola per colpa di quella dannata verità che mi ha fatto perdere la persona che più ho amato in vita mia.
Se non posso essere madre, mi consolerò fingendo di esserlo e circondandomi di bambini ogni volta che temo di passare del tempo in solitudine.
Lascio che sia Mary ad aprire il portone d'ingresso, mentre sistemo tra le braccia le buste piene di schifezza per passare la serata in compagnia dei due bambini, anzi tre, considerando anche Meredith.
Sforzo un sorriso quando mi accorgo che Mary mi invita a entrare per prima, quindi la sorpasso con le braccia dolenti per il peso della patatine e popcorn, ma quando porto gli occhi verso il centro del soggiorno e mi accorgo della presenza di Ethan, tutte le buste finiscono per terra mentre spalanco gli occhi all'istante.
La punta del mio naso inizia a bruciare per la rabbia e l'imbarazzo allo stesso modo, mentre mi affretto a portare una mano davanti agli occhi della bambina al mio fianco per impedirle di vedere un uomo quasi completamente nudo.
«Ethan!»-urlo senza riuscire a togliere gli occhi dalla sua pelle rigida e invitante, ma quando finalmente si decide di degnarmi di un'occhiata assume un'espressione infastidita, sollevando lo sguardo dallo schermo del telefono per poi alzarsi dal divano, contraendo i muscoli dell'addome come per farlo apposta:
«Mettiti una maglia!»-riprendo a urlare, mentre Tommy al mio fianco guarda la scena quasi divertito.
«E dei pantaloni.»-aggiungo subito dopo, in un sussurro, spostando rapidamente gli occhi verso i suoi boxer, per poi abbassare la testa come se fosse una scena orribile da vedere.
Forse era colpa della maglia nera che indossava ieri, ma non mi ero accorta che ... avesse così tanti muscoli.
«Sto come mi pare.»-dice con un tono severo, ma allo stesso tempo calmo, come se le mie parole non gli facessero né caldo né freddo: «A casa mia.»-conclude soddisfatto, dandomi il coraggio di incrociare i suoi occhi furiosa.
Trattengo il respiro per un millesimo di secondo, per poi cercare di concentrarmi e indicare con il braccio e l'indice la sua camera:
«Vai a cambiarti.»-cerco di apparire il più matura possibile e imito il suo tono, ma quando lo vedo alzare un sopracciglio prepotente e voltarmi le spalle riprendere a sdraiarsi sul divano, mi affretto a fargli capire che sono io quella che comando:
«Adesso!»-Tommy smette di sghignazzare e salta sul posto, mentre Mary mi costringe a togliere la mano dalla sua vista, incuriosita di sapere con chi sto litigando.
«Non voglio vederti nudo!»-aggiungo subito dopo, non appena poggia la schiena scoperta su un cuscino, mettendo in risalto il petto:
«Ti dispiace?»-punta l'indice sui suoi pettorali scolpiti, ma cerco di non accontentarlo rispondendo sinceramente e mi limito a piagnucolare:
«Si!»-esclamo esasperata e al limite della sopportazione, portando gli occhi sui suoi boxer per fargli capire che non è normale, ma interpreta il mio gesto a suo vantaggio:
«E allora perché stai fissando il mio cazzo?»-separo le labbra e trattengo un gemito strozzato cercando di evitare di dire parolacce davanti ai bambini, ma non ci penso due volte prima di andare nella sua direzione a passo felpato.
I miei occhi si annebbiano per il nervoso, anche se non sembra affatto scosso e si limita a guardarmi con la stessa smorfia mentre mi avvicino a lui infuriata.
Mi guarda con così tanta prepotenza dal basso che mi abbasso alla sua altezza e afferro con entrambe le mani il suo gomito per trascinarlo verso l'alto e costringerlo ad alzarsi.
«Alzati!»-i miei ricci sfuggono dalla coda per l'esasperazione e iniziano a coprirmi la vista, quando mi accorgo che non si muove di un millimetro.
È colpa della gonna che mi impedisce di muovermi, altrimenti ora lo avrei già rinchiuso in camera sua!
Spalanco gli occhi quando ritira il braccio possente nella sua direzione, trascinandomi sul suo corpo e approfittando del fatto che indosso un paio di tacchi alti che mi fanno perdere l'equilibrio.
Il mio cuore inizia a battere all'impazzata quando le mie mani vengono a contatto con le sue spalle larghe, mentre il mio petto aderisce al suo nell'esatto momento in cui dalle sue labbra carnose esce un sospiro trattenuto.
Sento le mie guance prendere fuoco quando il suo respiro caldo si mescola al mio mentre incrocio i suoi occhi più chiari del solito.
La mascella serrata e le labbra premute mi ipnotizzano al punto che non riesco a fare a meno di perdermi nelle sue pozzanghere, quasi volendo capire di che colore sono veramente i suoi occhi, ma inclino la testa quando dalla sua bocca esce un gemito:
«Valerie.»-ingoio la saliva nel sentirgli pronunciare il mio nome con così tanta sensualità che mi dimentico completamente che non siamo soli.
Continua a guardarmi dritto negli occhi sfacciatamente, ma capisco il motivo della sua smorfia solo quando stringe il mio corpo tra le sue mani, stringendo tra le dita i miei avambracci:
«Valerie, cazzo! Il ginocchio...»-dice con un tono strozzato, costringendomi a ritornare alla realtà e formare una 'o' con le labbra quando porto la testa verso il basso, facendo cadere i ricci ribelli sul suo viso mentre mi accorgo che il mio ginocchio spinge tra le sue gambe.
Spingo con entrambi i palmi sul suo petto e mi affretto ad alzarmi in piedi e fare dei passi indietro, schiarendomi la voce e voltandogli le spalle, mentre porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio che finisce di nuovo davanti ai miei occhi.
Con la coda dell'occhio lo guardo portare entrambe le mani al centro dei suoi boxer per nascondere la sua intimità mentre lancia una rapida occhiata a Mery e Tommy.
«Quelli chi sono?»-alza il mento verso i bambini, ritornando ad assumere un'espressione severa per nascondere il dolore.
«Faccio la babysitter.»-mi affretto ad annuire imbarazzata, ma il suo tono freddo mi dà sui nervi di nuovo:
«Non voglio bambini in casa.»-dice con tono autoritario, facendomi pentire di non averlo fatto diventare sterile poco fa, soprattutto quando zittisce Tommy con un'occhiataccia minacciosa, facendolo smettere di ridere all'istante, mentre Mary chiude la porta alle spalle.
«Che sia l'ultima volta che li vedo.»-aggiunge subito dopo, alzandosi senza togliere una mano davanti ai suoi boxer e voltandomi le spalle larghe nell'esatto momento in cui non riesco a trattenermi:
«Bastardo.»-sussurro, ma riesce a sentirmi a prescindere, tanto che si ferma all'improvviso, facendomi spalancare leggermente gli occhi:
«Fa così caldo che potrei togliere pure le mutande...»-fa per dire e porta le mani all'altezza dell'orlo dei boxer, ma lo interrompo con una voce stridula:
«No!»-esclamo, scuotendo la testa anche se non può vedermi, per poi riprendere a parlare:«No, ti prego.»- la mia voce affievolisce mentre mi schiaffeggio mentalmente.
Non ho mai chiesto scusa a un uomo e non lo farò con questo pervertito che conosco da meno di ventiquattro ore.
«Non credo di aver sentito.»-assume una smorfia di fastidio mentre gira la testa di lato, continuando a rivolgermi le spalle.
La mia espressione si indurisce e faccio per mandarlo a quel paese, mentre incrocio le braccia al petto, ma cambio idea nel momento in cui stringe l'orlo dei boxer e sembra essere sul punto di abbassarmi.
«Aspetta!»-alzo una mano in aria, mentre Ethan alza un sopracciglio con fare prepotente.
Ho chiuso in galera i criminali più pericolosi della capitale e ho fatto fallimentare i miei ex prima che mi chiedessero scusa in ginocchio.
Ora, invece, mi lascio umiliare da un uomo che mi minaccia di mostrare i genitali in mezzo al soggiorno di casa mia, davanti a due bambini innocenti e intimoriti dal suo atteggiamento strafottente!
«Scusa... »-lascio uscire dalle labbra con un gemito soffocato per la fatica che ci metto, per poi concludere tra i denti: «... Ethan.»
Me la pagherai, Ethan.
Premo le labbra con forza per non aggiungere altro e aspettare che si allontani soddisfatto per avere l'opportunità di lanciare un urlo con la faccia immersa in uno dei cuscinetti sul divano, ma non sembra essersi accontentato:
«Così mi piaci, cucciola.»
.... cucciola.
Cucciola!
Affondo le unghia sulla mia pelle per costringere me stessa a non saltargli addosso per prenderlo a pugni, ma mi rilasso quando noto che lascia i boxer e riprende a camminare verso la sua stanza, mentre picchietto con l'indice il mio avambraccio e penso a un modo per ribaltare la situazione.