"Ciao, Nora."
La sua voce è ingannevolmente dolce, il suo viso perfetto inespressivo. Eppure sento la rabbia che ribolle sotto.
Per un attimo, lo guardo, paralizzata dal terrore. Non riesco a sentire nulla, tranne il ruggito dei battiti del mio cuore nelle orecchie. E poi comincio a indietreggiare, tenendo sempre gli occhi puntati sul suo volto. Tengo le mani sollevate davanti a me per difendermi, stringendo il sasso e il coltello.
In quel momento, una presa d’acciaio mi afferra le braccia da dietro, stringendomi dolorosamente i polsi. Grido, lottando, ma Beth è troppo forte. Il coltello si gira all’indietro nella mia mano, raggiungendo quasi la mia spalla.
In un lampo, Julian è su di me, e sia il coltello che il sasso mi vengono strappati dalle mani. Beth mi lascia andare e Julian mi afferra, stringendomi forte mentre urlo e mi contorco istericamente tra le sue braccia.
Più oppongo resistenza, più le sue braccia mi stringono forte, fin quando inizio ad afflosciarmi, quasi svenendo dalla mancanza di aria.
Poi mi tira su e mi conduce fuori dalla stanza di Beth.
Con mia grande sorpresa, mi porta al piano di sotto e si ferma davanti alla porta che conduce al suo ufficio. Un piccolo pannello si apre sul lato e vedo una luce rossa che si muove sul volto di Julian, come un laser della cassa di un supermercato.
Poi la porta si apre.
Reprimo un sussulto di stupore. La porta del suo ufficio si apre tramite la scansione della retina, qualcosa che ho visto solo nei film di spionaggio.
Mentre mi porta dentro, cerco di oppormi ancora una volta, ma è inutile. Le sue braccia sono completamente immobili, mentre mi tengono saldamente nella sua morsa.
Sono di nuovo impotente nel suo abbraccio.
Lacrime di amara frustrazione mi rigano il volto. Detesto essere così debole, così facilmente manipolabile. Non è nemmeno affannato per la lotta.
Non so bene cosa mi aspetti. Forse mi picchierà o mi prenderà con la forza.
Ma mi poggia semplicemente sui piedi quando siamo nel suo ufficio.
Non appena mi lascia andare, faccio qualche passo indietro, sentendo la necessità di creare almeno una certa distanza tra noi.
Mi sorride e c’è qualcosa di inquietante nella bellezza di quel sorriso. "Rilassati, gattina mia. Non ti farò del male. Non ora, almeno."
E mentre lo guardo, si avvicina a una grande scrivania e apre il cassetto, tirando fuori un telecomando. Poi lo punta contro un muro dietro di me.
Mi giro con circospezione e fisso due grandi TV a schermo piatto. Sembrano molto tecnologiche, niente affatto simili a quelle che sono abituata a vedere a casa.
Lo schermo a sinistra si accende. L’immagine è strana perché è davvero inaspettata.
Sembra una normale camera da letto della casa di qualcuno. Il letto è sfatto, le lenzuola sono ammucchiate con noncuranza sul materasso. Poster di diversi calciatori sono allineati lungo le pareti e c’è un portatile sulla scrivania.
"La riconosci?" chiede Julian.
Scuoto la testa.
"Bene" dice. "Sono contento."
"Di chi è questa camera?" chiedo, iniziando ad avere una sensazione di nausea nello stomaco.
"Non riesci a indovinare?"
Lo fisso, sentendo sempre più freddo. "Quella di Jake?"
"Sì, Nora. Quella di Jake."
Comincio a tremare. "Perché è sul tuo schermo?"
"Ricordi quando ti ho detto che Jake è al sicuro purché ti comporti bene?"
Smetto di respirare per un secondo. "Sì . . ." Il mio sussurro è appena udibile.
Sinceramente, avevo dimenticato la sua minaccia iniziale diretta a Jake, troppo presa dall’esperienza della mia prigionia. Non credo di aver preso sul serio la minaccia all’inizio, certamente non dopo aver saputo che eravamo su un’isola a migliaia di chilometri di distanza dalla mia città natale. Da qualche parte negli angoli remoti della mia mente, mi ero convinta che Julian non avrebbe potuto fare del male a Jake. Non da lontano, almeno.
"Bene" dice Julian. "Allora capirai perché sto facendo questo. Non voglio tenerti rinchiusa, senza la possibilità di andare da qualche parte o di fare qualcosa. L’isola è la tua nuova casa e voglio che tu sia felice qui—"
Felice qui? Sono sempre più convinta che sia pazzo.
"—ma non posso permetterti di cercare di ferire Beth in uno dei tuoi inutili tentativi di fuga. Devi capire che le tue azioni hanno delle conseguenze—"
La sensazione di nausea dentro di me si diffonde in tutto il corpo. "Scusa! Non lo farò più! Non lo farò più, te lo giuro!" Le mie parole sono affrettate e confuse. Non so se riuscirò a evitare quello che sta per accadere, ma devo provarci. "Non farò più del male a Beth e non cercherò più di fuggire. Ti prego, Julian, ho imparato la lezione . . ."
Julian mi guarda quasi con tristezza. "No, Nora. Non l’hai imparata. Sono dovuto tornare oggi, interrompendo il mio viaggio di affari a causa di quello che hai fatto. Beth non è qui per essere il tuo carceriere. Non è questo il suo ruolo. È qui per prendersi cura di te, per assicurarsi che tu sia a tuo agio e contenta. Non posso permetterti di ripagare la sua gentilezza cercando di ucciderla—"
"Non stavo cercando di ucciderla! Volevo solo . . ." Mi fermo, non volendo rivelargli il mio piano.
"Pensavi si poterla prendere in ostaggio?" Julian sembra divertito ora. "Per fare cosa? Costringerla a farti lasciare l’isola? Aiutarti a raggiungere il mondo esterno?"
Lo guardo, senza negare, né confermare.
"Beh, Nora, lascia che ti spieghi una cosa. Anche se il tuo assalto fosse riuscito, cosa che non sarebbe mai potuta succedere perché Beth è più che in grado di contrastare una ragazzina, non avrebbe potuto aiutarti. Quando vado via, l’aereo viene via con me. Non ci sono barche o altri mezzi per lasciare l’isola."
Le sue parole confermano quello di cui già sospettavo dopo le mie esplorazioni. Ma spero ancora che—
"E sono l’unico che ha accesso al mio ufficio. Non ci sono computer o apparecchiature di comunicazione in casa. Tutto quello che Beth può fare è mandarmi un messaggio diretto su una linea speciale che abbiamo impostato. Quindi vedi, gattina mia, sarebbe stata abbastanza inutile come ostaggio."
Posso dire addio a quella speranza. Ogni frase sembra un chiodo conficcato più a fondo nella mia bara. Se non sta mentendo, allora la mia situazione è molto, molto peggiore di quanto temessi.
A meno che Julian non decida di lasciarmi andare, rimarrò sulla sua isola per sempre.
Vorrei urlare, piangere e buttare le cose in aria, ma non posso permettermi di cedere ai nervi in questo momento. Così, annuisco e fingo di essere calma e razionale. "Capisco. Scusa, Julian. Non sapevo niente di tutto questo. Non proverò più a fuggire e non farò del male a Beth. Ti prego, credimi . . ."
"Vorrei poterlo fare, Nora." Sembra quasi rammaricato. "Ma non posso. Non mi conosci ancora, quindi non sai se puoi credermi. Devo mostrarti che sono un uomo di parola. Prima accetterai l’inevitabile, prima sarai felice."
E con questo, raggiunge la tasca e tira fuori qualcosa che somiglia a un cellulare. Preme un pulsante, aspetta un paio di secondi, poi dice seccato: "Puoi procedere."
Rivolge l’attenzione allo schermo.
Faccio la stessa cosa, con una vuota sensazione di terrore nello stomaco.
Lo schermo mostra ancora una stanza vuota, ma qualche secondo dopo la porta si apre ed entra Jake.
Sembra terrorizzato. Ha un occhio gonfio e il naso è storto, come se fosse rotto. È seguito da una grande figura mascherata armata di pistola.
Un sussulto di terrore mi sfugge dalle labbra. "Ti prego, no . . ." non mi rendo nemmeno conto che mi sto muovendo, ma le mie mani finiscono in qualche modo sul braccio di Julian, strattonandolo in preda alla disperazione.
"Guarda, Nora." Non c’è emozione sul volto di Julian, mentre mi tira tra le sue braccia, stringendomi per farmi guardare lo schermo. "Voglio che impari una volta per tutte che le azioni hanno delle conseguenze."
Sullo schermo, lo scagnozzo mascherato improvvisamente raggiunge Jake—
"No!"
—e lo colpisce duramente sul volto con l’impugnatura della pistola. Jake cade all’indietro e il sangue gli cola dall’angolo della bocca.
"Per favore, no!" Singhiozzo e mi dimeno nella presa di ferro di Julian, con gli occhi incollati sulla scena violenta che si sta svolgendo a migliaia di chilometri di distanza.
L’aggressore di Jake è implacabile e lo colpisce ripetutamente. Urlo, sentendo ogni colpo dentro il mio cuore. Ogni colpo brutale sul corpo di Jake uccide qualcosa dentro di me, un po’ della fiducia in un futuro più luminoso che mi aveva sostenuto finora.
Quando Jake cade in ginocchio, l’uomo lo prende a calci nelle costole e sento il gemito di dolore di Jake.
"Ti prego, Julian" sussurro sconfitta, crollando tra le sue braccia. "Ti prego, smettila . . ." So che sto implorando la pietà da un uomo che non ne ha. Sta uccidendo Jake davanti ai miei occhi e non c’è assolutamente niente che io possa fare per lui.
Il mio carceriere fa continuare il pestaggio per un altro minuto prima di liberarmi e di tirare fuori il cellulare. Lo fisso, tremando dalla testa ai piedi. Non ho nemmeno il coraggio di sperare.
Julian digita rapidamente un messaggio. Sullo schermo, vedo l’aggressore di Jake fermarsi e raggiungere la tasca.
Poi si ferma completamente e lascia la stanza di Jake.
Jake rimane sdraiato sul pavimento, coperto di sangue. Rimango incollata allo schermo, sentendo il bisogno di sapere se è vivo. Un minuto dopo, lo sento gemere e lo vedo alzarsi.
Arranca verso il telefono di casa, muovendosi più come un vecchio che come un giovane atletico.
E poi lo sento chiamare il 911.
Sprofondo sul pavimento, nascondendo il viso tra le mani.
Julian ha vinto.
So che la mia vita non sarà più la stessa.