Ai miei diciotto anni conobbi Daniel. Mamma infatti mi portò con sé al Preston Healt medical of Hartford in Connecticut.
Scoprii che eravamo lì per aiutare Daniel, che diabetico aveva bisogno di una trasfusione.
Io avevo un gruppo sanguigno che poteva donare a tutti, non mi tirai indietro ed ero curioso di conoscere quel ragazzo biondo rossiccio.
"Grazie Laura. Ti devo un favore!" Disse la donna dai capelli rossi. Karla, amica di mamma e madre di Daniel.
"Non dirlo neanche. Mi chiedo perché non lo hai chiesto a Thomas." Rispose mamma. "Fortunatamente in questo periodo la scuola di Adriel è chiusa. Siamo riusciti a venire." Io sentendo il nome del mio padre biologico, aguzzai l’udito. Possibile che Daniel fosse uno dei miei fratelli?
"Thomas offre il sangue al centro per la talessemia ogni mese. Non potevo chiederglielo." Le disse Karla.
Mio padre biologico sembrava un filantropo molto generoso. "Posso donare il sangue. Non chiedete altrove." Intervenni.
"Avremo potuto aspettare un altro mese e sarebbe arrivato in ospedale." Sbottò Daniel. "Che cazzo ci facciamo qui?" Disse indicando la clinica.
"Adriel ha la fobia degli ospedali. In una clinica riuscivamo a tenerla un po' a bada.” Spiegò mamma.
“Fobia degli ospedali?” Chiese Daniel guardandomi. “È qualcosa di serio, cosa succede hai attacchi di panico?”
Io feci spallucce. “Sinceramente non lo so! Perdo i sensi per cui non saprei dirti cosa mi succede.” Dissi tranquillo.
Che mi prendesse pure in giro. Tanto oggi lo avrei visto poi addio per sempre.
Invece Daniel scoppiò a ridere sorprendendo tutti. “Certo che se il nostro vecchio immaginasse come stiamo messi male.” Disse guardandomi complice. “Ma tanto non lo saprà mai. Vero Adriel?” Mi chiese strizzandomi l’occhio.
Sarà stato questo? Il modo frivolo con cui prendeva qualsiasi cosa alla leggera? Seppi solo che da quel momento avvertii con Daniel il legame che non riuscivo ad avere con i miei fratelli.
Risi con lui assecondandolo. “Sta messo proprio male. Speriamo che gli altri non siano danneggiati come noi.” Ironizzai.
“Te lo dirò. Dopo la laurea, farò delle indagini per conto mio e ti informerò degli altri.” Mi rivelò poco prima che tornassi in Brasile con mia madre.
Lei prendeva un caffè con Karla e Nancy, la compagna di lei. Io ero a un tavolino con Daniel e Alyssa, la sua ragazza storica, nonché figlia adottiva delle due donne.
“Cosa farai all’università Daniel?” Chiesi interessato.
“Legge! Voglio difendere un poliziotto e lavorare nelle squadre speciali. Con una laurea in diritto penale, avrò metà della via spianata.” Rispose. “Tu invece?”
“Vorrei studiare medicina. Anche se punto alla carriera calcistica.” Raccontai.
“Ma non hai la fobia degli ospedali?” Chiese Alyssa.
“So che la mia fobia è un handicap. Ma potrei sempre lavorare in un ambulatorio o dedicarmi alla ricerca.” Spiegai loro, non dicendogli che avrei fatto di tutto per curarmi dalla mia fobia. “Comunque il calcio resta la mia priorità. Papà è stato malato e riflette su di me i suoi sogni da ragazzo.” Affermai.
“Capisco! Allora campione grazie di tutto e mi raccomando. Restiamo in contatto.” Mi disse Daniel.
Sospirai. “Sì signore.” Dissi divertito passandogli la mia mail e il mio numero di telefono.
Tornai a casa con gioia. Non ne seppi il motivo, ma Daniel… lui era stato qualcosa di bello per me.
“Cosa hai da fare adesso che siamo a casa?” Mi chiese mamma una volta in aereo.
Il mio buon umore subito passò. “Ho un incontro con il professor Gonzales. Ha da parlarmi di suo figlio e dell’università.” Risposi secco.
“Sono contenta che tu vada all’università.” Disse mamma.
Scossi la testa. “Non so… potrei deludere papà. Devo concentrarmi sul calcio mamma e il Santos ha fatto richiesta di trasferimento alla squadra del Vasco.” Dissi spiccio.
“Soffro all’idea di saperti a Sao Paolo.” Disse mamma. “Ma potrebbe essere una buona occasione per permetterti di continuare a studiare.”
“Cosa?” Chiesi indifferente.
“Se parti, tuo padre non saprà dell’università e sono sicura che al Santos ti daranno modo di studiare se vuoi.” Disse mamma. “So che non vorresti mentire a tuo padre. Ma tesoro, se non fai ciò che desideri potresti avere sempre il rimpianto di non averlo fatto.”
Rimpianto. Io adoravo studiare, tuttavia per papà sembrava poco importante andare all’università. In fondo dedicarmi alla medicina era come seguire le orme del mio padre biologico. Forse nel suo inconscio, quello era un modo per tenermi legato a lui.
“Dovrei mentire a papà.” Dissi a mamma.
“Io lo faccio.” Rispose lei.
La guardai sorpreso. “Perché?” Le chiesi.
Lei non mi guardò, al contrario spostò lei gli occhi verso l’oblò e il cielo azzurro che ci circondava.
“Tuo padre mi chiese, quando si ammalò, di lasciarlo e trovarmi qualcun altro. Si sentiva un uomo a metà e non poteva darmi la famiglia che all’epoca io volevo più di lui. Tuo padre solo dopo che gli era stato diagnosticato il tumore ha desiderato una famiglia.”
Tutto coincideva con ciò che mi aveva detto papà. Non la interruppi temendo che smettesse di raccontare. “Io volevo una famiglia, ma la volevo con tuo padre che al contrario mi spronava a lasciarlo e crearmi la mia famiglia. Eravamo in crisi, lui mi lasciò ma io continuavo a persistere soprattutto perché non potevamo permetterci un secondo appartamento. Io cercavo lavoro ovunque per sbarcare il lunario. Il mio amico Julio sapendo la mia situazione mi portava ovunque cercavano un contabile, mi presentava come sua assistente, così che potessi portare uno stipendio a casa. Fu così che conoscemmo Thomas, lui cercava una persona competente in ambito finanziario e puntò su di noi. Ci mise in gioco dicendogli che andava bene anche l’assistente, ciò che ci chiedeva ara un minimo per una quota socio.”
“Ti fece pagare per entrare in società con lui?” Chiesi conoscendo le dinamiche delle società.
“No!” Rispose mamma con un sorriso. “Disse che si sarebbe presa la nostra parte dal primo mensile. Diciamo che io ero quella più agevolata lavorando come assistente. Da quella di Julio, divenni la sua assistente e la responsabile dell’ufficio, insegnava a Julio tutto ciò che doveva fare, come muoversi e lavorare in campo finanziario e sociale. Thomas era eccezionale, molto carismatico, ci includeva in qualsiasi cosa riguardasse il progetto.”
“Ti innamorasti di lui?” Chiesi angosciato.