Capitolo 2
Hollis
«Sei certa che il tipo che ci ha provato con te allo stadio fosse Buzz Wallace?» Madison, la mia migliore amica, allunga una mano sul bancone della cucina e arraffa una patatina fritta, poi scava nella busta di carta marrone e se ne infila in bocca tre in una volta sola.
Quando sono arrivata a casa, stava dando un’occhiata ai social seduta in veranda, ad aspettare che tornassi per prepararle la cena, come un gatto randagio, con la voglia di farsi una chiacchierata veloce – soprattutto per scroccarmi da mangiare, visto che sembra essere sempre al verde – e del tutto annoiata. Come al solito. Conosco Madison dal college ed è sempre stata la tipa che deve essere intrattenuta, tenuta impegnata. Mai ferma, sempre irrequieta.
È agitata anche adesso, china sul bancone della mia cucina a rubare il cibo che ero troppo pigra per preparare. Afferro anche io una patatina e mastico. Succhio via il sale dalle dita e inarco un sopracciglio.
«Sì, sono sicura fosse Buzz Wallace.» Trace Wallace, secondo la sua biografia online. «Ero curiosa, quindi ho cercato i membri della squadra online. È un tale idiota.»
«Ma è così sexy» controbatte lei, rubando il mio cheeseburger per dargli un morso, mentre il formaggio sciolto cola da un lato. Mi acciglio, riprendendomelo.
«Compratene uno tuo! Se avessi saputo che ti avrei trovata qui al mio ritorno, te ne avrei preso uno.» Il panino non è abbastanza grande per condividerlo, non quando sono così affamata. «Va’ a farti una pizza surgelata» dico tagliente.
«Non mi piacciono le pizze piene di roba che compri tu.» Tira su con il naso, prendendo di soppiatto un altro po’ della mia cena. Madison non è una da pizza con carne, tanta verdura e formaggio extra, come me; è più una da margherita. Ma il fatto è che se ci andassi io, a scaldarle la pizza, mangerebbe anche quella, a dispetto delle sue lamentele.
«Quindi, tornando a questo ragazzo, ci stava provando con te?»
«Magari non di proposito. Secondo me è il tipo che non può farne a meno. Per lui è come una specie di riflesso incontrollabile. Ci avrebbe provato anche se avessi avuto un sacchetto di carta sulla testa, la gobba e l’andatura storta.»
Madison alza al cielo gli occhi marroni. «Non essere melodrammatica. Perché non avrebbe dovuto provarci con te? Sei bellissima, radiosa, trasudi carisma da tutti i pori.»
Trasudo? «Quello è il formaggio del panino.»
«Sono seria.»
«Anche io. Non sapeva nemmeno il mio nome e mi ha chiesto di uscire.» Ecco.
La mia amichetta non se la beve. «Uhm, pronto? Se un ragazzo ci prova con te in un locale, le probabilità che conosca già il tuo nome sono meno di zero. Da’ a quel ragazzo un po’ di tregua.»
Poso una mano sul bancone. «Madison, sai cosa ho passato con Marlon. Non uscirò di nuovo con un giocatore. O con un playboy.» Ah!
Odio definire Marlon Daymon il mio ex “ragazzo”. La scorsa primavera siamo usciti insieme per tre mesi scarsi, ma io pensavo sul serio che fosse fantastico. Alto. Atletico. Simpatico. Così tanto simpatico che mi ha fatta cadere ai suoi piedi non appena gli sono stata presentata, dopo una partita dei Chicago Steam a cui avevo assistito. Lui salì nella tribuna vip dello stadio per leccare il culo a mio padre e io credetti a ogni sua parola quando aprì quelle belle labbra imbronciate.
Errore mio. Marlon Daymon è un presuntuoso. Viziato. Bugiardo.
«Non tutti gli uomini sono come lui. Non è colpa tua se si è rivelato un perfetto stronzo.»
«Grazie, sei dolcissima a dirlo, ma avrei dovuto immaginarlo. Quei ragazzi sono per la maggior parte dei donnaioli.»
«Okay, ma alcuni di loro non lo sono.»
«Uhm...» dissento. «Forse no, ma Buzz Wallace lo è. Pronto? Esce con supermodelle e attrici, non con ragazze che lavorano per case editrici e leggono libri per vivere.» Allarme secchiona! «Un giocatore di baseball professionista non fa per me, Madison. Lo sai.»
Ma fa per lei, ecco perché vuole così tanto che ne frequenti uno. Ne parla di continuo, ma a me non piacciono gli uomini innamorati di se stessi.
Quell’interesse mi è stato succhiato via quando l’ultimo destinatario ha mostrato di non volere altro che il biglietto d’oro per il box del proprietario della squadra. Per lui ero una semplice pedina.
Il mio telefono squilla, vibrando sul ripiano, e lo giro.
«Oh, è il vecchio volpone!» esclama entusiasta Madison, saltellando su e giù come una bambina iperattiva.
«Piantala.»
Odio quando chiama mio padre vecchio volpone, è disgustoso e strano.
Metto giù il telefono. Papà può aspettare.
«Senti cosa vuole!» insiste lei, spingendo il cellulare verso di me. Preme il tasto verde per rispondere, costringendomi ad accettare la videochiamata.
«Ciao, papà.»
La mia migliore amica si avvicina per entrare nello schermo. «Salve, signor Westbrooke!» Lo saluta in modo un po’ suggestivo che mi porta a colpirla per farla smettere.
Zitta!, mimo alzando gli occhi al cielo, spostando per un attimo la fotocamera in modo strategico. «Scusa, c’è Madison con me.»
Mio padre si schiarisce la gola, non sapendo come replicare. Non se la cava bene con i giovani, e di sicuro non ha idea di come comportarsi con la mia migliore amica... non quando lei ci prova con lui ogni volta che può.
Si schiarisce di nuovo la gola, serio. «Prima, quando eri qui, ho dimenticato di parlarti della serata di beneficenza patrocinata dalla commissione, che si terrà nel weekend. Tutto il ricavato sarà devoluto alla lotta contro il traffico di esseri umani e ho un invito per te.»
Gemo. È una delle cause più nobili al mondo, ma preferirei partecipare a una vera riunione per saperne di più, piuttosto che passare una serata in una stanza piena di gente falsa a una raccol...
Un gomito mi colpisce lo stomaco. «Le piacerebbe venire, signor Westbrooke. Ci sarà anche lei?»
Santo cielo, sta proprio flirtando con mio padre.
«Ehm, no. Sarò fuori città, ma la mia segretaria può mandare l’invito.»
«Può mandarne due?» Gli occhi di Madison sono grandi e speranzosi. «Così Hollis può portare qualcuno.» Me, mima con un occhiolino.
Papà tentenna, non è uno che si fa mettere alle strette da qualcuno che non fa nemmeno parte della famiglia e Madison non gli è mai piaciuta molto. «Non saprei, puoi garantirmi che convincerai Hollis ad andarci?»
No!, mimo, allontanandomi dal telefono e incrociando le mani frenetica per farle segno di fermarsi. Non voglio andarci!
Piagnucolare e gesticolare non funziona.
«Certo che posso, Thomas. Lasci che ci pensi io.» A giudicare dalla sua faccia, a mio padre non è sfuggito il fatto che Madison abbia appena usato il suo nome di battesimo, è una violazione del galateo che non dimenticherà tanto presto. All’antica, rigido, snob... sono solo alcuni degli aggettivi che lo descrivono meglio.
«Papà, sei gentile a invitarmi, ma davvero, io...»
Madison mi tira a sé, coprendo il telefono con la mano destra. «Tu ci andrai, noi ci andremo. Non rovinarmi tutto. Sono single, cavolo! Tu sei single, e ci saranno uomini single lì.»
È matta? Andare a una raccolta fondi per un’organizzazione seria che si occupa di diritti umani per rimorchiare dei ragazzi? Non posso farcela con lei.
Mi oppongo, anche se so che è inutile: l’avrà vinta lei, come sempre, perché non ho nulla da fare questo fine settimana, lei lo sa e mi trascinerà lì, che io lo voglia o no.
«Giusto, esatto. E sai chi ci sarà? Marlon. Va a tutti questi maledetti eventi perché è un leccaculo» sibilo. «Non voglio rischiare di incontrarlo.»
«Non fare la cacasotto» ricambia lei. «Fregatene. Prima o poi ti capiterà di rincontrare quel pezzo di merda, e non preferiresti avermi accanto quando succederà?»
«No! Dio, no, peggioreresti le cose. Non ho bisogno che gli infilzi una forchetta negli occhi davanti a tutti.»
«Almeno non gli infilzerei il cazzo.»
Il suono di una gola che si schiarisce ci porta a posare lo sguardo sul telefono, sulla faccia paonazza di mio padre.
«Oh, merda.» Madison ridacchia.
Oh, merda è l’espressione giusta.
«Sono ancora qui» dice cupo papà. Serio. Per niente entusiasta.
Tuo padre è così sexy, mima Madison.
Potrei ucciderla.
«Mandi gli inviti, signore. Andremo a quella raccolta fondi.»
A volte odio la mia migliore amica.