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Trame oscure

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Trame oscure ha come soggetto l’attualissimo tema degli intrecci tra mafia e politica in Italia e vede ancora come protagonisti l’agente dei servizi segreti Nicholas Caruso e il suo amico Ruben Monteleone, scomparso dopo una misteriosa sparatoria in casa sua e apparentemente coinvolto in un traffico di droga. La caccia ad una valigetta di documenti, che potrebbero scuotere dalle fondamenta l’intero sistema politico italiano e che mafiosi e personaggi insospettabili vorrebbero far sparire dalla circolazione, lascerà dietro di sé una lunga serie di morti.

Terzo romanzo di Alessandro Cirillo, dopo Attacco allo Stivale e Nessuna scelta, anche questo thriller, di ambientazione tutta italiana, regala al lettore intensi e drammatici momenti di azione, e un ritmo rapido, che lo terrà con il fiato sospeso fino alla rivelazione finale di una sconcertante verità.

Il romanzo si è classificato secondo al Premio Letterario e Giornalistico "Piersanti Mattarella" 2015.

Il blog dell’autore: alessandrocirillo.altervista.org

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Linea ferroviaria Alessandria-Novara, 28 giugno 2008
Linea ferroviaria Alessandria-Novara, 28 giugno 2008 Il convoglio, formato da tre vetture, procedeva lungo i binari viaggiando a una velocità di ottanta km/h. La linea era a singolo binario e attraversava campagne verdi baciate da un caldo sole estivo. Il cielo era azzurro e limpido, come se nessuna nuvola avesse avuto il coraggio di rovinare quella splendida mattinata di fine giugno. Sul treno si trovavano appena sei persone, sedute tutte nelle prime due carrozze del convoglio. Il macchinista, un ferroviere prossimo alla pensione, iniziò ad azionare il freno della motrice vedendo avvicinarsi la stazione dove era prevista la fermata successiva. Accanto a lui si trovava il capotreno Achille Mandelli, un ragazzo di trentuno anni originario dell’hinterland milanese. Mandelli si alzò dal seggiolino con fare scocciato e recuperò la chiave quadra che gli avrebbe permesso di chiudere le porte del treno. Si sistemò un lembo di camicia scivolato fuori dal pantalone e si diresse verso la porta di accesso più vicina. Nonostante qualche chilo di troppo che si era depositato intorno alla vita, Mandelli poteva ancora vantare un buon fisico, frutto degli anni in cui aveva praticato la boxe a livello professionistico. A venti anni era stato additato come una delle giovani promesse del pugilato, vincendo svariati titoli. Tutto sembrava filare liscio fino a quando la sua carriera era stata stroncata da quel maledetto incidente in moto. Era successo per evitare di investire un ragazzino che aveva avuto la brillante idea di attraversare la strada all’improvviso. Mandelli aveva sbandato a sinistra e aveva perso il controllo del mezzo, rovinando a terra. Rottura dei legamenti del ginocchio destro, fine dei giochi. Il ragazzino era sparito velocemente così come la sua possibilità di fare carriera come pugile. Il ginocchio era tornato quasi a posto ma rendendogli impossibile sostenere i ritmi degli allenamenti che richiedeva la carriera di un professionista. Dopo un paio di anni era riuscito a entrare in ferrovia, superando gli esami per diventare capotreno. Il lavoro non lo aveva mai entusiasmato molto ma gli dava da mangiare e comunque, a dirla tutta, non era la cosa peggiore che si poteva trovare in giro. Il convoglio si arrestò; Mandelli aprì la porta azionando la maniglia e scese a terra. La stazione aveva solo tre binari e un fabbricato viaggiatori. Come accadeva per molte altre piccole stazioni, nessun ferroviere lavorava in quel luogo. I progressi della tecnologia avevano permesso di controllare intere linee utilizzando una manciata di persone situate in un’unica stanza a decine di chilometri di distanza. Un bel risparmio in termini di personale; d’altro canto, senza il buon vecchio capostazione, quei luoghi erano diventati terra di nessuno. Lo dimostrava il fatto che il fabbricato viaggiatori era decisamente fatiscente. I muri esterni erano ricoperti per la maggior parte da murales, a volte anche piuttosto osceni. I vetri delle finestre della sala d’aspetto erano sfondati a causa di ripetuti lanci di pietre. Le macchinette obliteratrici erano state tutte vandalizzate, così come uno dei lampioncini che fornivano illuminazione durante le ore notturne. Mandelli osservò un gruppo di ragazzi intenti a salire nella carrozza di coda, alcuni di loro stringevano in mano delle bottiglie di birra. Accarezzandosi il pizzetto che gli circondava la bocca, il capotreno scommise con se stesso che nessuno di loro fosse in possesso del biglietto. Le scuole erano ormai finite e i ragazzi si riversavano in giro senza sapere esattamente cosa fare. Non si stupì neanche di vederli già con la birra a metà mattinata. Dopo che il gruppo fu salito a bordo, Mandelli si voltò per osservare la disposizione del segnale. Un color verde acceso gli diede la conferma che il convoglio era autorizzato a partire. Azionò il nottolino per chiudere le porte tramite la chiave in dotazione. La porta da cui erano saliti i ragazzi si richiuse. Rimaneva solo da chiudere la sua porta. “Vai maestro” ordinò al macchinista con la sua “r” leggermente accentuata. Subito dopo richiuse la sua porta e il convoglio si avviò. In realtà la procedura richiedeva che il capotreno ordinasse la partenza esponendo una bandiera verde ma Mandelli si trovava a due passi dalla cabina di guida e riteneva superfluo seguire il manuale alla lettera. “È salito un gruppo di ragazzi carichi di birra” annunciò entrando in cabina di guida. “Già a quest’ora?” chiese ridendo il macchinista. “Staranno facendo colazione. Sta’ sicuro che quelli sono senza biglietto.” “Direi che è molto probabile.” Mandelli armeggiò nel suo borsello tirando fuori il blocchetto per emettere i biglietti e la pinza per forarli. “Hai intenzioni bellicose?” domandò ancora il macchinista. “Vado a insegnargli come ci si comporta.” “Dai, lascia perdere, che tra un po’ siamo arrivati alla fine della corsa. Tanto non pagheranno mai, ti fai solo il sangue amaro per niente.” “No, è una questione di principio. Devono capire che non possono fare quello che vogliono.” Si sistemò gli occhiali dalla spessa montatura nera e uscì dalla cabina di guida. Attraversò le prime due carrozze ed entrò nella terza. Quello che vide gli provocò un brivido di rabbia. In fondo alla vettura il gruppo di ragazzi si era comodamente sistemato. C’era chi beveva birra e chi fumava semisdraiato sui sedili. Tutti quanti ridevano con allegria. Mandelli avanzò nella vettura con sguardo minaccioso. I ragazzi erano cinque e non potevano avere più di sedici anni, stimò il capotreno. “Ehi controllore!” lo salutò quello che sembrava il capetto del gruppo. Era un marocchino magro come un chiodo che portava capelli rasati ai lati e una cresta alta un paio di centimetri piena di gel. “Metti giù i piedi dal sedile” ordinò secco Mandelli. “Ma certo, il capo sei tu” rispose il ragazzino mimando un saluto militare. Gli altri sghignazzarono di gusto, alcuni già ebbri a causa della birra ingerita. Uno di loro era alto un metro e ottantacinque, come Mandelli, ed era piuttosto massiccio, anche se in maggior parte si trattava di grasso. Anche lui era marocchino, mentre gli altri tre erano italiani. “Spegni subito quella sigaretta” ordinò al ragazzo più robusto. Il ragazzo spense la sigaretta nel cestino portarifiuti, non prima di aver sbuffato in faccia a Mandelli una nuvola di fumo. “L’avete fatto il biglietto?” chiese il capotreno, sapendo che era una domanda inutile. “No, mi spiace. Avevamo finito i soldi” affermò lo smilzo con la cresta in tono canzonatorio. “Già, lo immaginavo. Per caso li avete finiti con le bottiglie di birra?” “Forse. In ogni caso non sono cazzi tuoi” rispose lo smilzo diventando improvvisamente serio. “Io invece sono convinto che qualche soldo vi è rimasto. Che ne dite di tirarli fuori?” “Allora non hai proprio capito un cazzo” disse lo smilzo alzandosi in piedi. I suoi amici lo imitarono. Il ragazzo robusto si piazzò dietro il capotreno bloccando la via di fuga. “Levati dai coglioni e tornatene da dove sei venuto” ordinò perentorio il ragazzone. “Senti, ciccione, è meglio che ti levi dalle palle perché oggi non è giornata” gli consigliò Mandelli senza perdere la calma. “Perché sennò, che fai?” “Già, che fai?” incalzò un altro ragazzino dando una spinta al capotreno. Mandelli lo fulminò con lo sguardo ma non reagì ancora. In fondo si trattava di ragazzi, ci doveva essere un modo per uscire da quella situazione senza venire alle mani. La sua esitazione fu presa per paura, cosa che esaltò il gruppo. Due ragazzi cominciarono a spingerlo e fu in quel momento che la situazione degenerò senza rimedio. Il ciccione, volendo mostrare la propria forza, tentò di sferrare un pugno al volto del capotreno. Mandelli, che aveva ancora buoni riflessi, schivò il pugno e contemporaneamente colpì il ragazzo allo stomaco, facendo attenzione a dosare la potenza. Il ciccione si piegò in due dal dolore. Lo smilzo venne spaventato dalla fulminea reazione del ferroviere e commise l’ultimo errore della sua vita. Estrasse dalla tasca un coltello a serramanico mentre Mandelli era ancora voltato verso il suo amico. Premette il tasto di apertura facendo scattare fuori una lama di otto centimetri. Tentò di colpire il fianco del capotreno. Mandelli istintivamente vide il movimento del braccio e la lama luccicante che sia avvicinava. Fu veloce a ruotare il busto di novanta gradi e a colpire il ragazzo con un diretto alla tempia sinistra. La paura che gli aveva procurato la vista della lama gli impedì di dosare la potenza come aveva fatto con l’altro. Lo smilzo fu sbalzato a terra dalla potenza del colpo. Cadde sul pavimento sbattendo la testa e perse i sensi. Il coltello atterrò poco distante da lui. Seguirono attimi di silenzio in cui nessuno si mosse. Mandelli era pietrificato. Fu uno dei ragazzi, dopo trenta interminabili secondi, ad avvicinarsi all’amico. Si chinò su di lui tentando di svegliarlo con degli schiaffetti sul volto. “Non si muove” disse. Il treno nel frattempo si fermò in un’altra stazione. “Andiamo via di qua” propose un altro del gruppo. I quattro scesero a terra senza che il capotreno muovesse un muscolo. Il ragazzo che si era chinato sullo smilzo fu scaltro a recuperare il coltello senza farsi notare. Finalmente Mandelli riuscì a riprendersi, chinandosi a sua volta sul giovane. Gli tastò il polso sentendo un leggero battito cardiaco. La cosa riuscì a dargli fiducia. Prese il telefono di servizio e digitò il numero 118. CAPITOLO 1

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