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"Pioggia di rose"

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Blurb

Alice è una ragazza molto timida. Frequenta l'ultimo anno di un liceo scientifico in quel di Monza,la sua città natale. Alice,un'anima fragile e dagli occhi scuri,si sente esclusa da questa società basata sull'estetica e il sesso. Per questo motivo non ha amiche con cui confidarsi e trova rifugio nella scrittura. I suoi genitori sono separati fin da quando lei è piccola,e ha deciso di vivere con la madre e sua nonna.

Lei si descrive come "insicura",ma nessuno è mai riuscito a farle cambiare idea.

Filippo è un ragazzo di diciotto anni,anche se in realtà,la vita gli ha insegnato cose per un uomo di oltre il doppio dei suoi anni. È un ragazzo molto introverso e sensibile anche se non si direbbe dai commenti che l'intero liceo sparge sulla sua persona. Nessuno è mai riuscito a mantenere una conversazione con lui perché il pregiudizio delle persone lo divora vivo. Lui però,ha la sua stretta di amici,con cui si ritrova ogni giorno in un parco alla periferia di Monza. Lui vive con i suoi genitori e sua sorella,che lo ritengono il "Ribelle" dell'intera famiglia. Nonostante ciò,lui si sfoga su un pezzo di carta tramite il disegno di piccoli schizzi che lui ritiene già veri e propri tatuaggi.

Credete nelle coincidenze della vita? Bene,siete i benvenuti in questo romanzo pieno di musica e fragilità.

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CAPITOLO 1 "TIMIDEZZA"
Questo libro lo dedico a te,che ti vedi sempre insicura ed imperfetta. Tu sei un arcobaleno meraviglioso che ogni giorno sfida le nuvole grigie cittadine per mostrare tutti quei meravigliosi colori che ha. Non mollare. Mai. Tempo indeterminato. Monza,7:00. La sveglia di Alice aveva suonato e lei aveva cercato di aprire tutti e due gli occhi contemporaneamente: come ogni mattina si  era svegliata all'alba per andare a sorseggiare il suo amato caffè in balcone da dove  l'immensità di Monza si poteva vedere. Aveva salutato  sua madre che era  già in piedi per andare a lavorare e si era diretta  a scuola. Cuffiette nelle orecchie, la solita sciarpa al collo e  il passo lento, il più lento  possibile per fare passare il tempo. Quel giorno era particolarmente triste e nemmeno lei  riusciva a capire il perché. Non si può essere giù di morale per niente vero? A differenza delle sue coetanee, lei non era triste per il fidanzato o per un cuore spezzato dal ragazzino di turno; anche perché non lo aveva e nemmeno lo cercava. Aveva  una certa malinconia che la divorava dentro da parecchio tempo e lei, aveva  sempre cercato di ignorarla, di  non pensarci, ma a volte era proprio dura. La scuola non era mai stato un suo problema anche perché parliamo di una ragazza che aveva  la media del nove in tutte le materie ,ma con il passare degli anni, si era resa  conto sempre più,  di essere diversa. Essere quell'anima diversa in mezzo a delle anime fatte con lo stampino, tutte uguali. Uguali nel modo di parlare ,di fare e anche di pensare. Monotone. Davanti al cancello del liceo,  c'era il solito gruppetto delle ragazze che erano  sempre più propense a vendere il loro corpo in cambio di qualche sorriso. Dalla parte opposta, i soliti quattro ragazzi, che Alice in cuor suo ammirava sempre. Tutti li descrivevano come dei mostri, come coloro che "rovinano la società" ma lei, aveva  sempre pensato che i pregiudizi sono solamente frutto dell'ignoranza e infatti, non li aveva mai ascoltati. Con sguardo attaccato alle punte delle scarpe, aveva varcato lentamente la soglia dell'enorme edificio ed era arrivata in classe. Come ogni giorno di scuola ,lei aveva sussurrato un flebile "buongiorno" che non era stato  ricambiato nemmeno dal gesso sparso sulla cattedra della professoressa. aveva mormorato fra sé e sé mentre la macchinetta continuava a mangiarle le monetine che infilava nella fessura. Il suo amato caffè era un toccasana da gustare fra una lezione di fisica e una di letteratura italiana. Dopo vari minuti aveva deciso di mangiare la sua solita mela rossa e rinunciare al suo amato caffè. Il tecnico delle macchinette era una figura ormai fissa in quell'istituto e dopo aver segnalato la problematica ad una bidella con i bigodini rosa in testa, si era avviata in classe. le aveva chiesto sua madre intenta a cucinare qualcosa. aveva risposto Alice togliendosi le scarpe e indossando le pantofole. Sua madre aveva acceso la radio e sulle note di una canzone di Gianna Nannini invitava la figlia a ballare. Ridevano come due ragazzine spensierate e felici, ignorando il mondo ( troppo spesso triste)  che le circondava. Filippo quel giorno era particolarmente felice. Non che non lo fosse con i suoi amici ,ma si era svegliato con una strana sensazione dentro. Dopo il solito perditempo a scuola la professoressa gli aveva comunicato che avrebbe cambiato classe dal momento che, nella sua nessuno lo aveva mai aiutato con le faccende scolastiche. Ora Filippo si trovava nel solito parchetto nella periferia di Monza. L'orologio sfiorava le cinque di pomeriggio ed il sole caldo di fine estate stava iniziando a calare. Filippo era solito a ritrovarsi tutti i giorni in quel parchetto con la sua amata compagnia di amici: erano sempre stati dei tipi particolari. piumato>lo aveva preso  in giro Marco,il suo migliore amico. Questo nomignolo gli era stato etichettato per via dei suoi amati orecchini a forma di piuma. aveva risposto Filippo, per poi salutare con il cenno della mano il resto del gruppo. Si erano messi a fumare qualche sigaretta, mentre scorrevano la home di qualche social per parlare delle conquiste fatte nel weekend appena concluso. aveva domandato  Alessandro,un ragazzo della compagnia che era in classe con Filippo. aveva risposto nuovamente ridendo aveva concluso per poi fare un altro tiro di sigaretta. aveva commentato il migliore amico giocando con uno yoyo. aveva detto quasi sottovoce Alessandro e Filippo aveva alzato gli occhi al cielo. Dopo aver salutato tutta la compagnia, Filippo stava andando a casa. Cappuccio nero in testa e sigaretta fra le labbra. Era rientrato  lentamente in casa, ed i suoi genitori nemmeno lo avevano salutato. Aveva preso qualche spicciolo che ha racimolato oggi dalle macchinette automatiche e lo aveva posato sulla scrivania. Aveva sentito dire in classe che le persone si sentivano sollevate a non averlo più fra i piedi e lui aveva sorriso  al pensiero perché questo "amore" è sempre stato reciproco. si era domandato  fra sé e sé. Non sapeva  però, che dall'altra parte della città c'era una ragazza che aveva  appena sussurrato la sua stessa frase. 

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