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Shadow Play - Il Fuorilegge della Magia Nera Vol. II

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Blurb

Mi chiamo Cisco Suarez e una settimana fa ero morto.

Costretto da una maledizione a servire un’organizzazione avvolta dalle ombre, ho parecchio sangue sulle mie mani. Per fortuna ho anche un problema a rispettare le autorità, perciò non prendo più ordini e la prima cosa da fare sulla mia lista è abbattere quei bastardi.

Se sono bravo in qualcosa, è cercare in posti bui. Ma ho anche delle ombre di mio. Dei fatti terribili continuano a tormentarmi e non sto parlando di un tipo di tormento metaforico. Sto parlando di fantasmi, di maghi... e di quell’entità dagli scintillanti occhi rossi.

Questo dimostra che è vero quello che dicono: si raccoglie ciò che si semina.

La resurrezione è sopravvalutata o cosa?

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CAPITOLO UNO
CAPITOLO UNO Eccola là, la stanza dove sono morto. No, non mi riferisco al mio incontro con la morte della setti­mana precedente, quando ero stato aggredito da una gang voo­doo haitiana e abbandonato in un cassonetto di South Beach. Sto parlando della prima volta in cui sono morto. Dieci anni prima. Sì, la mia vita è un po’ complicata. Avete già sentito la storia: un giovane negromante troppo si­curo di sé si ritrova nei guai fino al collo, entra in possesso di un inestimabile artefatto Taíno, viene sventrato da un vampiro dell’Africa occidentale in un’elegante casa vicina alla spiaggia e infine viene maledetto, diventando un assassino zombie per un decennio. No? Questa storia vi risulta nuova? Be’, anche a me. Come ho detto prima, è un po’ contorta, ma è la mia storia. Alla fine era venuto fuori che non ero morto davvero. Ovve­ro non morto-morto, qualunque cosa significhi. La maledizione zombie era stata cancellata accidentalmente da un alto sacerdo­te voodoo che aveva un conto in sospeso con me. Avevo ripre­so i sensi. Solo per scoprire che il mondo aveva continuato a girare senza di me. Per dieci anni. La mia famiglia era stata uccisa. Ancora peggio, erano morti per mano mia. Questo è il proble­ma con la schiavitù zombie: si eseguono gli ordini senza porre domande. Dicono di saltare e loro non chiedono neanche quan­to in alto perché sono già in aria. E se il padrone comanda loro di assassinare brutalmente genitori e sorellina, ciò che seguirà sarà un bel casino. Ma non c’è da preoccuparsi. Il karma ha l’abitudine di solle­vare la sua irremovibile testa. Avevo preso il bastardo succhiasangue che mi aveva fatto questo. Gli avevo spezzato il collo e lo avevo abbrustolito per sicurezza, così da eliminare le possibilità di tornare a essere uno schiavo. Sfortunatamente, la cosa aveva lasciato anche delle doman­de senza risposta. Vedete, non avevo alcun ricordo di essere stato morto o di essere stato uno zombie. E il vampiro che ave­vo eliminato non stava lavorando da solo. In un certo qual modo era anche lui un servo, come me. La persona dietro il velo della mia personale storia dell’orrore era ancora un miste­ro. Un altro mistero? Quando questo leggendario karma si sa­rebbe messo in pari con me? Perciò eccomi lì, in una sontuosa casa sulla spiaggia a Star Island nel bel mezzo della notte, con il panorama della Biscay­ne Bay a riempire le finestre lungo la parete. La mia scena del crimine, dieci anni troppo tardi. Prepariamo lo scenario come si deve. Il mio nome è Cisco Suarez, negromante barra straordinario incantatore delle om­bre. In genere vado in giro con un paio di jeans e una canottiera bianca. Lo so, state pensando che i maghi dovrebbero indossare delle vesti. O almeno un trench. Prima di tutto, preferisco il ter­mine animista. Secondo poi, Miami è una città calda e umida. Rimani sul semplice e resti al fresco. E poi devo mostrare le mie qualità. Già, un decennio di servizio senza cervello mi aveva lascia­to ben allenato. Mi aveva anche fatto avvicinare ai quaranta più di quanto avrei voluto ammettere, ma stavo cercando di recupe­rare il tempo perduto. Dopo essere stato vivo di nuovo soltanto per una settimana avevo già avuto il primo colpo di fortuna. Durante il mio periodo tra i morti viventi, c’era stata una grossa bolla immobiliare. Dovreste averne sentito parlare. Dopo l’omicidio, quella casa stravagante era stata ripulita e venduta. Ancora più sanguinosi della mia morte erano stati gli interessi del mutuo. Dopo alcuni anni di decadenza seguiti da austerità, la casa era stata pignorata, finendo di proprietà della banca. Di nuovo vuota. Strano come certe cose siano cicliche. Avevo guardato le fotografie nei documenti riguardanti la mia morte. Il contatto che avevo in città mi aveva detto che quello era un vicolo cieco. I detective incaricati delle indagini avevano trovato prove di attività rituali e un sacco di sangue, ma nessun corpo e niente sospetti. Ed era stato grosso modo quello il punto in cui il caso era diventato stagnante. E adesso, dopo tutti quegli anni, era un tentativo disperato cercare di sco­prire qualcosa, e ancora di più qualcosa di utile. Per fortuna, il mio talento per la magia nera apriva porte per cui la polizia non aveva chiavi. Ero in piedi nell’angusto salone ancora scarsamente ammo­biliato. Due bassi divani a formare una L si trovavano davanti a un impianto per l’intrattenimento privo di TV. Lo spazio vuoto al centro della camera rendeva facile immaginare il pentacolo realizzato con il sangue e la polvere di gesso sulle piastrelle del pavimento. Niente di tutto ciò era familiare, ovviamente. E tutta l’attrezzatura rituale era stata portata via da un bel pezzo. Ma le fotografie mostravano chiaramente una scena cruenta. Cinque candele piazzate alle punte della stella, sciolte del tutto al mo­mento della foto. Il cerchio esterno era spezzato e la stella tutta sbavata. Mi piaceva pensare di aver combattuto, ma era difficile a dirsi. La magia nera ha una pessima reputazione. In gran parte perché le persone credono che riguardi l’evocazione di demoni. Lasciate che vi spieghi un paio di cosette. I demoni non esisto­no. Non per quanto ho visto o sentito, almeno. Ci sono delle entità là fuori: spiriti. Creature dell’Altrove, costrutti che non capiamo… ma l’idea che siano demoni perché sono diversi da noi non la capisco. È solo una questione di interpretazione. Considerare qualcosa un angelo o un demone è davvero soltan­to un modo di appiccicare un senso di moralità a un essere. Se volete farlo, buon per voi, ma io cerco di mantenere una menta­lità aperta. Il novantanove percento dell’universo è sconosciu­to. Noi viviamo in quel punto percentuale. Sarebbe da presun­tuosi mettersi a giudicare il resto. Il nodo della questione è, classe, che la magia nera non è in­trinsecamente cattiva. Dobbiamo capirci bene su quell’aspetto prima di affrontare questo viaggio insieme. Sì, sono un negro­mante. E sì, forse ho avuto ciò che meritavo. Ma non sono mal­vagio o un satanista o un evocatore di demoni. La magia della morte riflette la magia della vita. Dottori, soldati… la gente reale vede tutte e due le facce della medaglia quotidianamente. Sicuro, la negromanzia è morbosa. Può essere anche un po’ orripilante a volte. Ma date la colpa alle persone, non all’arte. Io non ero stato trascinato lì per caso. Se avessi soltanto seguito le prove a ritroso, ero certo che mi avrebbero condotto a un cat­tivo fuori di testa alla James Bond, pericoloso con la magia come con ogni altra arma (tranne forse squali armati di razzi con elmetti capaci di lanciare raggi laser). Scusate, a volte penso troppo. Dov’ero? Ah, già, la scientifi­ca. La prima cosa che feci fu di socchiudere gli occhi. Metterli fuori fuoco. Le pupille si allargarono, andando a mischiarsi con il colore dell’iride, dipingendo il verde di nero. Le ombre sono mie amiche, capite? Preferisco operare nelle tenebre, dove pas­so inosservato, dove il mio campo visivo rafforzato dalla magia mi offre un vantaggio. Ma quella sera la luna splendeva e la proprietà all’esterno era illuminata dalle luci di sicurezza. Non era così buio, lì den­tro. La vera ragione per cui stavo usando la mia vista dell’ombra era per esaminare le tracce residue di sortilegi. Le impronte digitali degli Intrinseci, i mattoni di energia dell’uni­verso. Un tenue chiarore si diffuse sul pavimento dove una volta c’era il pentacolo. Quelli di CSI non hanno niente più di me. Dieci anni sono parecchio tempo e di solito non ci sarebbero molte prove rimanenti. Ma i rituali incagliano la magia nel tempo e nello spazio, specialmente quando si basano sull’ambiente, come fanno i circoli. Più è potente la magia, più a lungo durano le conseguenze e, qualunque cosa fosse accadu­ta lì, era stata straordinaria. Una stella a cinque punte brillava all’interno del cerchio. Dovevano avermi messo lì sopra, probabilmente già legato o privo di sensi. Il pentacolo non avrebbe annullato i miei poteri ma li avrebbe indeboliti, allontanando gli Intrinseci da me e fa­cendomi perdere la concentrazione. Il circolo serviva come iso­lamento. L’immagine illuminata era come un ologramma sgranato vi­sto attraverso occhi assonnati. Era vecchia. Difficile da distin­guere. E ancora più difficile era ottenere delle informazioni da essa. Sapevo cos’era solo per via delle fotografie con cui pote­vo fare il confronto. Apparvero altre tracce dell’energia degli Intrinseci. Una lunga sagoma grigia sopra il circolo. Di nuovo, fui costretto a lavorare sulle ipotesi per capire che la massa in questione pro­babilmente ero io. Non proprio io, ma il sortilegio che era stato attutato su di me, dentro di me. Quello che mi aveva trasforma­to in un servitore non morto. Il maleficio grigio non era voodoo. E non era neanche il mio tipo di magia delle ombre. Era qualcosa di straniero, lanciato o da un animista che ancora non avevo incontrato o un potere in­nato del vampiro africano che avevo ucciso. Basandomi sulla mia conoscenza limitata, cominciai a sospettare che si trattasse della seconda ipotesi. Le compulsioni dei vampiri possono es­sere estremamente persuasive. Mentre osservavo i segni di potere, un’oscurità emerse len­tamente dal centro. All’inizio fu un’ombra appena accennata, difficile da notare, ma crebbe mentre mi concentravo su di essa, affondando sempre di più nell’assenza di colore fino a quando non fu una tenebra che neanche i miei occhi riuscivano a penetrare. Ciò mi impensierì. Incantare le ombre era la mia specialità e quella nuova firma era al tempo stesso familiare e differente da qualunque altra cosa avessi visto. Un terzo incantesimo. Il cerchio rosso del vincolo. La decadenza grigia della mor­te. E il punto nero del… Un altro minuto, un altro mistero. Ecco come era diventata la mia vita. Mi strofinai stancamente gli occhi. Nella settimana passata in cui ero stato di nuovo io, non avevo avuto molto tempo per riposare. Avevo pensato che la situazione si sarebbe calmata dopo il mio incontro con il vampiro, Tunji Malu, ma chi avreb­be potuto rilassarsi con tutte quelle domande senza risposta? Qualcosa grattò il pavimento dietro di me. Mi voltai di scat­to e le luci si accesero. E non sto parlando soltanto della lampa­da a terra nell’angolo. Voglio dire che le luci sovrastanti e quelle nel corridoio adiacente, e quelle fluorescenti nella cuci­na… tutte le luci nella casa si azionarono simultaneamente. Squittii e coprii i miei occhi ultra sensibili. L’illuminazione improvvisa era accecante. Lasciai che le lacrime nere e l’incan­tesimo scivolassero via. Il rumore di raschiamento si fece più forte e sollevai lo sguardo appena in tempo per vedere un frigo­rifero extra-large di acciaio inossidabile scivolare verso di me. Quindi le luci si spensero di nuovo. L’oggetto imponente si abbatté contro di me togliendomi l’aria dai polmoni e spingendomi all’indietro. Non si fermò. Qualcuno continuava a premerlo su di me. Presi fiato tra un colpo di tosse e l’altro, e cercai di fermarmi, ma quell’affare non si bloccava. Tra le luci che si accendevano e si spegneva­no, mi accorsi di essere in rotta di collisione con il muro. Incudine, ti presento il martello. Come dici, c’è Cisco Sua­rez nel mezzo? Non ti preoccupare, non sentirai niente. L’intera faccenda era accaduta in fretta, cogliendomi di sor­presa. Ma non avevo intenzione di farmi fare la pelle da un elettrodomestico di lusso. Con le luci accese non c’erano molte ombre con cui lavorare. Ma non appena si spensero di nuovo, la storia cambiò. Proprio prima di trasformarmi in una calamita da frigorifero, mi unii alle ombre e scivolai via dalla trappola. La mia forma ombrosa mi protegge dai pericoli fisici. Non sono proprio immateriale, ma sono capace di scivolare sotto la maggior parte delle cose. Mi trasformo in oscurità. Divento malleabile. L’acciaio inossidabile formò un foro sulla parete e l’intera stanza tremò. Le luci si accesero di nuovo e la mia ombra scomparve, costringendomi a materializzarmi a qualche metro di distanza, illeso. Diedi le spalle al punto di collisione nella cucina per affrontare il nemico. Non c’era nessuno. Osservai la stanza, alla ricerca dell’aggressore. Non c’erano segni della presenza di nessuno, fatta eccezione per le luci che continuavano ad accendersi e a spegnersi contemporaneamente in una coordinazione impossibile. Non era qualche burlone che giocava con gli interruttori. C’era una strana presenza all’opera. Mentre la mia mente lavorava a quel rompicapo, le luci cambiarono. Erano ancora accese, ma stavano cambiando posi­zione. La mia debole ombra si rimpicciolì sul pavimento. Mi voltai per vedere la lampada nell’angolo fluttuare nell’aria, an­cora attaccata alla parete con il filo. Oh. Ora si spiegava tutto. Non c’era niente di cui preoccu­parsi, salvo un banale poltergeist.

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