bc

Sortilegio di Tenebra

book_age0+
detail_authorizedAUTHORIZED
4
FOLLOW
1K
READ
like
intro-logo
Blurb

Nel cuore della foresta di Steamwood si nasconde un oscuro segreto… Astra e Finn sono stanchi di sottomettersi al volere della loro perfida matrigna, la terribile strega Melisande, temuta da tutti gli abitanti del villaggio, esperta fattucchiera e abile seduttrice. Orfani di madre e di padre, tramano vendetta per riconquistare la libertà e riscattarsi delle sofferenze subite. Nulla sanno sul loro passato e sull’identità dei loro genitori, ma sono disposti a rischiare la vita per disseppellire la verità. Affiancati da un goblin delle miniere e dal loro infallibile ingegno, partiranno alla ricerca di ulteriore aiuto, fino a quando qualcosa di infausto e imprevedibile non scombussolerà i loro piani. Un sortilegio, malvagio come le tenebre, che metterà Finn in grave pericolo. Astra dovrà radunare tutto il suo coraggio per proseguire e riuscire nell"impresa, ma non sarà sola. Anche il giovane principe Palidor, ereditario del regno, vuole cambiare il suo destino e combattere in difesa della giustizia. I due, forti dell’obiettivo comune, stringeranno un’alleanza e insieme viaggeranno nei sotterranei della Grande Miniera per negoziare un diverso “lieto fine” con una delle creature più potenti e misteriose di Steamwood: il Narratante. Quanto sarà alto il prezzo da pagare?

ONCE UPON A STEAM

Steamwood non è un regno da favola. È immerso nel vapore e le sue esalazioni nascondono le stelle, lasciando intravedere nel cielo soltanto una cupa vastità illuminata da due lune gemelle. In un’ambientazione a tratti vittoriana e a tratti steampunk, si muovono i protagonisti delle novelle della serie, incontrandosi – e scontrandosi – sullo sfondo di un universo in bilico tra l’incanto e una minacciosa profezia circa l’arrivo della Stagione dell’Insomnia. Il Narratante, una figura misteriosa senza volto né voce, farà da collante alle varie storie, manifestandosi in modi sorprendenti. Ogni racconto è la rivisitazione di una fiaba classica, ben conosciuta dai lettori, ma che si rivelerà ai loro occhi con nuove sfumature.

chap-preview
Free preview
PRELUDIO
PRELUDIO Quello che accadde la notte in cui tutto accadde Il cuore balzò dritto in gola quando si trovò dinnanzi al vec­chio rudere. Aveva corso per ore, forse addirittura giorni, sfuggendo ai getti sulfurei della foresta e nutrendosi di bacche selvatiche, linfa di corteccia, frutti raccattati dove i veleni non arrivavano e selvaggina procurata grazie a un tiro di fortuna. Era sopravvissuto, ma non aveva fatto i conti con l’antracosi che gli anneriva i polmoni, cicatrice indelebile delle polveri di carbone respirate durante gli anni di lavoro nel minareto, chino sulla dura e spigolosa roccia picconando senza sosta. Avrebbe pagato la sua temerarietà con l’ultimo avanzo di forze che gli rimaneva. Un accesso di tosse lo colse all’improvviso. Si piegò sulle ginocchia macilente; bile e sangue macchiarono il terreno. La vista gli venne meno e per un attimo il mondo si oscurò. Un velo di sudore freddo gli imperlò il viso. No, si disse, non sarebbe finita. Non ancora. Non aveva ri­schiato così tanto per niente. Si ripulì le labbra con il dorso della mano e fece per alzarsi. In quello stesso istante, qualcosa nel suo corpo si ruppe. Le ossa emisero uno scrocchio secco e Jack si accasciò. * * * Quando si svegliò, credette di essere morto. Giaceva su qualcosa di morbido, dall’aspetto confortevole. La luce che permeava l’ambiente era di un tenue lillà, calda e corroborante, e profumava pure, un odore dolciastro e pungente che gli ricordò l’aroma del sidro preparato da Eudora alla Lo­canda dello Scafandro, giù al villaggio. Forse l’aldilà gli avrebbe riservato una vita migliore di quel­la concessagli sulla Terra. Il pensiero gli fece affiorare un timi­do sorriso, il primo dopo un estenuante periodo di sottomissio­ne e patimenti. Liberò un sospiro e si sorprese nello scoprire che nessuna oppressione al petto glielo impediva. D’altronde era un’anima nuova adesso, libera dai vincoli mortali. Un refolo sottilissimo smosse l’aria, seguito da una risatina soffusa. «È eccitante, non trovi?» proferì una voce che pareva essere fatta di ambrosia. «Tutto questo tempo speso a languire nella sofferenza più atroce senza riceverne la minima gratitudine. Che spreco immondo.» Jack si mosse a disagio sotto le lenzuola, ma non ne fu turba­to. Poco o niente lo spaventava dopo le traversie che aveva pas­sato. E poi era lì per un motivo ben preciso. «Chi sei?» chiese. Non udì che il silenzio. Poi la voce gli disse: «Guarda tu stesso.» Le ombre si dissolsero, facendo spazio a una figura rischia­rata dal fioco baluginio color lavanda. Gambe flessuose avan­zarono sul pavimento, protette appena da una veste aperta ai lati e lunga fino alle caviglie, di nera stoffa e bordata da ricami scarlatti. L’incarnato bianco del volto accecava lo sguardo. Gli occhi erano quelli di una dea impieto­sa. Il ragazzo ebbe uno spasimo. «Allora è vero… tu esisti.» «E perché non dovrei?» rimbeccò la donna. «Si raccontano tante leggende su di te.» «Sì, riconosco di essere piuttosto… popolare.» Inclinò un poco il capo e la fluente chioma di capelli neri come ali di cor­vo ondeggiò sulla schiena. «Ma sei tu che mi interessi davvero, Jack, non la fama», proseguì, riducendo le palpebre a due fes­sure sottili. Lo stomaco gli si annodò. «Come fai a conoscere il mio nome?» «Oh, io conosco molte altre cose di te, non solo il tuo nome.» I sonagli appesi ai drappi dell’abito tintinnarono. La donna si fece più vicina. «Ti ho aspettato a lungo», mormorò, passandogli la punta affilata di un’unghia sulla guancia. Fu una carezza inattesa, minacciosa e suadente, che lasciò un solco ar­rossato sulla pelle. Jack non poté distogliere lo sguardo dalle braci rosso fiam­ma che erano le sue pupille. «Anche io ti… anche io ti ho cer­cata a lungo», balbettò, i sensi circuiti. Le labbra della donna si piegarono in un sorriso che tuttavia celava un appetito famelico. «Noi due diventeremo ottimi amici», gli bisbigliò a un orec­chio. «Saremo… una cosa sola.» Jack non sapeva se esserne felice o meno, ma una nuova consapevolezza lo paralizzò: quello non era l’aldilà e lui non era morto. La donna si allontanò, ritirandosi in un angolo di penombra e, come leggendogli nella mente, dichiarò: «È stato un inter­vento laborioso, assai delicato, ma non impossibile.» In un primo momento Jack parve non capire. «Intervento?» «I tuoi polmoni erano andati, rancidi come può esserlo un cadavere. Così mi sono permessa di apportare una piccola mo­difica. Sai, non gradisco che mi si sporchi il giardino e tu eri proprio lì, a esalare gli ultimi afflati di vita sui miei ranuncoli.» Jack fu posseduto da un gelido terrore. Impallidì. «Cosa mi hai fatto?» Di fronte alla sua paura, la donna rise piano, come se lo tro­vasse divertente. «Povero, tenero ragazzo», lo canzonò. «Non era quello che volevi? Attraversare l’intera foresta-vivente di Steamwood per implorare il mio aiuto?» Poi il tono cambiò, duro e crude­le. «Non provare a beffarti di me o non immagini la sorte a cui potresti andare incontro.» Jack ebbe il presentimento che le cose stessero per mettersi male e desiderò di non essere più lì, di non essere mai partito per quella folle impresa. Forse, se avesse dato retta a… Sollevò la testa dai cuscini di broccato e portò lo sguardo sul torace. Era nudo, l’addome glabro e lucido di sudore. Solo un len­zuolo andava a coprirgli il basso ventre. Non fu il senso del pu­dore a inorridirlo, però. Cacciò un urlo, tanto potente da spaventarsi. Una cicatrice gli deturpava il petto, partendo dallo sterno fino all’ombelico. I punti di sutura raggrinzivano i tessuti lad­dove la pelle era stata ricucita e il sangue raggrumato disegna­va un tor­tuoso sentiero purpureo. «È un’opera d’arte», commentò compiaciuta la donna. «La mia opera d’arte.» Solo in quel momento Jack vide. Le mattonelle erano cosparse di pozze di sangue incrostato. Un numero cospicuo di mensole era inchiodato alle pareti sbi­lenche e tarlate, e su di esse vi erano riposti alambicchi delle più strane forme, al cui interno si addensavano liquidi variopin­ti, alcuni di consistenza compatta, altri quasi gassosi. Appese al soffitto, voliere di modeste dimensioni – un centinaio forse – den­tro le quali fluttuavano erbe, resti fossili e sinistri materiali or­ganici. Il puzzo che si respirava era ammorbante. «L’ho fatto per il tuo bene», continuò la donna, con un ché di stucchevole che gli fece rivoltare le viscere. Jack torse i lembi delle lenzuola tre le mani. «Strega.» Lei si leccò le labbra. «Uno degli appellativi che più preferi­sco.» «Hanno ragione al villaggio. Tutti quanti. Dovresti marcire all’inferno. È il posto che meriti.» «Lusinghiero da parte tua», lo schernì. «Specialmente dopo aver usufruito dei miei servigi e della mia misericordiosa bon­tà. Sei un bambino cattivo, Jack, molto, molto cattivo, e rimar­rai in punizione per un po’.» Jack sputò a terra e subito percepì una vampata di calore bruciante nelle ossa. Arcuò la schiena e dalle sue labbra scaturì un lamento stridu­lo, come se un cappio invisibile gli si fosse stretto intorno al collo. Le orbite si gonfiarono di lacrime e il viso divenne pao­nazzo. Era un dolore lancinante che teneva in ostaggio ogni parte del suo corpo. La donna proruppe in una fragorosa risata, che assunse un accento sinistro, dopodiché si mosse verso l’unica porta pre­sente. Quando si voltò per riservargli un’ultima occhiata, Jack in­tercettò un cambiamento. Quel volto di porcellana, di una bel­lezza statuaria, si era cre­pato e un fitto reticolo di vene e capil­lari pulsava in superficie, facendolo assomigliare alla faccia tu­mefatta di un redivivo. Il rosso delle iridi si era riversato nel bianco della cornea, trasfigu­randone l’apparente sensualità. «Sarà una piacevole permanenza», gli disse. E mentre orridi cigolii sferragliavano nella sua gabbia toraci­ca, Jack comprese di aver commesso un errore. Un terribile e ineluttabile errore. «Non puoi tenermi qui», sbraitò. «Non puoi obbligarmi. Lui lo verrà a sapere.» La donna restò impassibile. «E cosa vuoi che me ne importi? Mi ha relegato ai margini di questo… insulso mondo per­fetto. Non saranno i miei svaghi a scombussolargli i piani.» In­catenò Jack a sé, occhi negli occhi. «Io posso tutto ciò che vo­glio. Tu sposerai una vergine, la più nobile e magnanima, e mi darai dei figli.» Un moto di raccapriccio gli deformò le labbra. «Cos’hai che non va? Credevo che ti servissi della magia a fin di bene, per questo ero venuto a cercarti, ma adesso mi rendo conto di quanto tu sia… sbagliata.» L’offesa non parve toccarla. La donna sorrise in quel suo modo lan­guido e recondito. «Sei proprio un adulatore.» Si ap­prestò ad abbandonare la stanza. «Perché io?» la richiamò Jack, il tono che tradiva una nota di disperata supplica. La vide irrigidirsi, come se avesse avuto un pugnale puntato alla schiena. Il silenzio appesantì l’aria e Jack quasi si convinse che il suo quesito sarebbe rimasto irrisolto. Poi la voce di velluto della donna scivolò fino a lui come un abbraccio. O una sentenza di morte. «Perché sei l’unico… l’unico che sia mai soprav­vissuto ai miei poteri.»

editor-pick
Dreame-Editor's pick

bc

Il Mio Tormentatore: Un dark romance

read
1.9K
bc

Come due alberi senza radici

read
1K
bc

Invidia

read
1K
bc

La pelle del mostro

read
1K
bc

Strapazzami: La Trilogia Completa

read
3.3K
bc

Impetuoso

read
1K
bc

Ribelle, Pedina, Re (Di Corone e di Gloria—Libro 4)

read
1K

Scan code to download app

download_iosApp Store
google icon
Google Play
Facebook