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The Travel Dog

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Blurb

Adottato da Max all"età di due mesi, si perde nei boschi durante un inseguimento a uno scoiattolo.

Inizierà quindi un viaggio che lo porterà a fare delle amicizie inaspettate ma soprattutto a vivere delle esperienze incredibili.

Imparerà a nuotare, a fare surf, a volare con il parapendio, a ballare e molto altro... Fino a che una leggenda lo convincerà a ritornare sui suoi passi, fra le braccia di chi per primo si è preso cura di lui.

Ci insegnerà a riflettere sui valori dell"amicizia e della fratellanza perché un cane non è un semplice animale da compagnia ma un mondo vivace da scoprire!

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CAPITOLO 1
CAPITOLO 1 Sono nato assieme ad altri tre fratelli e due sorelle, mia mamma era bellissima, aveva un pelo lucente e uno sguardo fiero e altezzoso. I suoi occhi trasmettevano forza e fermezza. Tutti noi la seguivamo abbagliati dalla sua autorevolezza e vivevamo un’esistenza felice. Mio padre, invece, l’ho visto di sfuggita solo qualche volta, perché mamma non lo lasciava avvicinare. Era un cane grande e burbero ma la nostra mamma sapeva come dominare la sua arroganza. In realtà, non sono certo fosse lui il mio papà, ma era l’unico che mamma lasciava avvicinare così tanto a noi. Credo non nutrisse interesse nel conoscerci, dato che si divertiva più a fare arrabbiare mamma che a controllare se stessimo crescendo felici e in salute; nonostante ciò, non ne sentivamo la mancanza, perché la vita ci aveva già donato tutto quello di cui avevamo bisogno. Le giornate le trascorrevo giocando in compagnia dei miei fratelli e sorelle. Passavamo ore e ore a rincorrere gatti, farfalle e lucertole: tutto ciò che si muoveva era per noi un passatempo divertente. Il profumo dei fiori, l’imponente altezza degli alberi, gli insetti che saltellavano qua e là e il caldo tepore del sole estivo. Mi sembrava tutto meraviglioso e non potevo credere di essere così fortunato. Giorno dopo giorno le mie zampette diventavano sempre più forti e i miei morsi sempre più profondi. Mamma doveva intervenire spesso per placare le lotte furibonde con i miei fratelli, ma duravano lo spazio di un battito d’ali, perché poi ci rotolavamo insieme felici nell’erba. Un giorno mi stavo annoiando un po’, così decisi di correre nel terreno davanti alla cuccia. In quel momento molte gazze stavano rivoltando la terra in cerca di vermi, anche se io queste cose ancora non le sapevo. Corsi a perdifiato, attraversando tutto il campo, ritrovandomi in un pavimento strano, duro e grigio. In lontananza sentivo i guaiti di mamma. La mia attenzione fu attirata all’improvviso da un altro rumore, mai udito prima. Alzai gli occhi e mi accorsi che un essere strano si stava avvicinando a tutta velocità nella mia direzione di marcia. Mi spaventai, spalancai gli occhi e rimasi impietrito: non riuscivo a capire cosa fosse quell’essere; fortunatamente, all’approssimarsi, rallentò e con mia grande sorpresa, non mi capacitavo di come fosse possibile, ne uscì una donna. Mamma mi aveva spiegato il mondo umano e nel vederla la guardai incuriosito. Stavo cercando di capire in che situazione mi fossi cacciato quando si avvicinò quasi senza fiato mamma e prese a leccarmi e a darmi spintoni con il muso, affinché mi spostassi di lì. Mi incamminai con lei ma continuai a girarmi per osservare quell’animale che aveva sputato fuori una donna. Quando arrivammo alla cuccia chiesi a mia madre cosa fosse e lei in preda alla rabbia mi investì di rimproveri e non rispose alla domanda. Aspettai che si calmasse e la sera trovai il coraggio per rifarle la stessa domanda. Mi guardò con gli occhi che ancora lampeggiavano di rabbia e mi spiegò che quell’essere si chiamava “automobile” e che gli umani la usavano per spostarsi perché non erano veloci e agili come noi. Mi spiegò, inoltre, che sono molto pericolose e che una delle sue sorelle, morì schiacciata in giovane età, proprio da una di queste. Ero stato molto fortunato, disse, a essere scampato incolume al pericolo e guardando gli altri miei fratelli e sorelle aggiunse: “Esigo che non si ripeta mai più!” Come si divertiva mamma a dirlo! Quando mia sorella rovesciò la ciotola del latte lo disse, quando mio fratello si avvicinò con fare aggressivo al gatto lo ripeté e quando mio papà ci tolse la coperta dalla cuccia e la buttò in aria lei ancora, rincorrendolo, lo abbaiò, anzi praticamente lo urlò! Quante volte l’abbiamo fatta arrabbiare ma lei non era certo il tipo da tenere il broncio. Si agitava solo quando si spaventava e temeva per la nostra incolumità, per il resto andavamo assieme a caccia di topolini, giocavamo con le cavallette e cercavamo di prendere gli uccellini. Ci scambiavamo anche tante coccole che ci facevano sentire protetti e soprattutto amati. Una volta al giorno veniva un’umana a portarci del pane e del latte fresco che divoravamo nel giro di cinque minuti, tanto erano buoni! Accarezzava mamma sulla testa, ci prendeva in braccio e ci faceva un po’ di coccole. Mamma ci insegnò a dimostrarci gentili perché questa donna si prendeva cura di noi. Un giorno, credo fosse il pomeriggio presto, rividi l’umana dell’automobile assieme alla nostra benefattrice e ci portarono altro cibo. Era la prima volta che assaggiavo la carne in scatola e mi riscoprii ghiotto di questa nuova pietanza: aveva un gusto che avevo sempre sognato di provare. Ci guardarono mangiare avidamente per tutto il tempo con occhi amorevoli e io iniziai a provare gratitudine anche verso la nuova arrivata. Mi ero già dimenticato dello spauracchio che avevo preso solo pochi giorni prima, il cibo aveva per me un potere magico e riusciva sempre a farmi tranquillizzare. Trascorsa qualche ora in cui giocarono assieme a noi, ci salutarono e se ne andarono, lasciandoci alla nostra vita di sempre. Pensavo di non rivederla mai più e invece si ripresentò il giorno seguente con una macchina molto più grande dove, nel cassone posteriore, erano contenute delle scatole di ferro chiamate gabbie (così disse mia mamma). Io le andai incontro con la speranza di mangiare ancora quel cibo succulento del giorno prima e difatti arrivò con un’altra ciotola che consumai avidamente, poi mi prese in braccio, mi coccolò un po’ e mi mise dentro la gabbia. Così fece anche con i miei fratelli e sorelle. La mamma invece si agitò e andò su tutte le furie quando le misero uno spago intorno al collo. Si dimenò, cercò di strattonare la donna che la teneva forte, mostrò addirittura i denti. Era proprio furibonda, ma la donna era più determinata di lei e la sollevò da terra appoggiandola come noi, all’interno di una gabbia. Presero la nostra cuccia e misero anch’essa dentro la macchina. Sentii il rumore che mi aveva tanto spaventato la prima volta, solo che in quel momento era attutito dall’essere all’interno dell’abitacolo. Era un’avventura pazzesca, non potevo credere di viaggiare anch’io come gli umani dentro una macchina. Ogni tanto saltellavo a causa di una buca, in altri momenti il mio corpo finiva verso sinistra, poi verso destra, a volte in avanti o all’indietro. Ero talmente eccitato che mi veniva voglia di abbaiare! Ero così preso da questo movimento ondulatorio che non mi accorsi del portellone che si apriva mentre le due donne ci incitarono a scendere facendoci uscire dalle gabbie. Ci ritrovammo in un giardino pieno di alberi, di fiori e con due grossi gatti tigrati che ci guardavano di sottecchi. Mamma sembrava un po’ abbacchiata e non ne capivo il motivo, io mi ero divertito un sacco a viaggiare in automobile! Da quel giorno non vedemmo più il luogo in cui eravamo cresciuti e soprattutto non incontrammo più nostro padre ma nessuno di noi ne sentì la mancanza.

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