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1299 Words
1 Riconosceva l’ormai familiare sensazione di essere seguita. Il suo istinto allenato si sbagliava talmente di rado che avrebbe potuto perfino indovinare il momento ed il luogo dell’aggressione. D’altra parte, conosceva così bene la zona da non potersi sbagliare, nemmeno se lo avesse voluto. “Forza, razza di idiota. Che cosa aspetti?!” borbottò fra i denti, trasalendo comunque per quel sussurro, il quale rimbalzò fra le alte pareti delle case che fiancheggiavano il vicolo. Nel silenzio della notte, quel lieve suono parve riecheggiare, arrivando a colpire tutte le orecchie sensibili della zona. Tuttavia, Carrie sapeva bene che l’unico che avrebbe potuto udirla, in quel momento era abbastanza lontano da non poterla sentire. Si fermò di colpo fra un passo e l’altro, allarmata per l’improvviso silenzio. Fece un giro su se stessa, cercando di capire che cosa l’avesse resa così guardinga. Questo silenzio… Dove ti sei cacciato, imbecille!? Imprecò mentalmente, sentendosi una perfetta idiota. Non poteva averlo seminato. Che razza di maniaco era, se si lasciava seminare così facilmente? Borbottò ancora fra i denti frasi che parevano sconnesse ed illogiche, ma che per lei avevano perfettamente senso. Maledisse l’incapacità di quell’uomo, la sua incompetenza e la sua ingenuità. Come aveva fatto a perderla? Non poteva essere così idiota e sprovveduto! E lei non poteva essersi imbattuta proprio in un novellino, alla sua prima uccisione seriale! Quelli che la inseguivano per strada solitamente erano quelli più avvezzi alla pratica, coloro che già sapevano come catturarla e cosa farne dopo, personaggi che pianificavano ogni mossa e che erano in grado di depistare qualsiasi segugio. Maniaci con un raro talento per gli omicidi seriali, non imbranati cronici, preda di qualche pulsione momentanea! Quelli non la interessavano, erano fin troppo facili da prendere e troppo semplice scoprire il loro coinvolgimento nel delitto. Non con la tecnologia scientifica pronta ad analizzare anche le ombre! Borbottò fra i denti un altro insulto e rabbrividì leggermente. Accidenti! Dov’era finito l’idiota che avrebbe dovuto emulare Jake Lo Squartatore? Maledisse soprattutto il freddo che penetrava attraverso il panno leggero del suo cappottino striminzito ed il fatto che fosse costretta ad andarsene in giro con un tempo simile. D’altra parte, il lavoro era lavoro, e non si voltavano le spalle ad un lauto guadagno solo per delle temperature polari. Imprecò ancora e, rialzando automaticamente il bavero del cappotto, riprese il suo cammino. Per qualche attimo ancora avvertì il ticchettare dei propri stivali sull’asfalto, subito dopo attutito dalla pavimentazione ricoperta di muschio ed erbacce. Ma guarda cosa mi tocca fare! “Se non fosse per i soldi che mi dà… se non fosse per tutto il resto, non lo farei neanche morta!” borbottava in continuazione, dimenticandosi per qualche istante la reale motivazione che l’aveva spinta ad accettare quel lavoro. Scordando perfino la natura di tale lavoro. D’altra parte, che cosa doveva aspettarsi dalla vita? Era una prostituta. Nonostante i suoi vent’anni appena compiuti, era già fin troppo smaliziata e fin troppo conscia di quanto avveniva al mondo e di quanto potessero essere perverse le menti umane. La storia della sua seppur breve vita era identica a quelle di tante altre, o meglio, lo era stata fino a sei mesi prima, fino al suo incontro con quel bellimbusto di Walter. Quel falso, bastardo, autentico figlio di puttana! Strinse istintivamente i pugni al ricordo, rilassandoli solo quando, dopo l’immagine di Walter, apparve quasi sovrapponendosi quella di Reese. Se non fosse stato per quest’ultimo, forse sarebbe stata ancora in balia di quel pazzo, forse avrebbe finito per cedere e sottomettersi alle sue folli attenzioni. O forse sarebbe già finita in qualche fiume, racchiusa a pezzi in un sacco di plastica. Non aveva paura delle percosse e della violenza umana, ne aveva prese talmente tante dal suo patrigno, da averne fatto scorta per i prossimi cent’anni; ma a tutto c’era un limite. Walter andava un bel po’ oltre quel limite, e le sue idee su cosa bisognasse fare per divertirsi andavano decisamente al di là delle sue capacità di sopportazione. Soprattutto perché era stata messa in gioco la sua pelle. Carrie rabbrividiva ancora al pensiero. Poteva chiaramente sentire il proprio sangue tramutarsi in ghiaccio al ricordo. Aveva creduto in quel bastardo. Gli aveva davvero creduto. Era rimasta per ore ad ascoltare le sue promesse, sperando che fosse veramente la persona che l’avrebbe salvata dalla vita squallida che conduceva. L’uomo che le avrebbe finalmente dato una casa, una famiglia, dei figli… Quanto meno, le avrebbe dato un futuro e l’avrebbe sottratta a quella vita fatta di rischi e di mani sudaticce. All’epoca ancora non sapeva di essere malata. Ma anche se lo avesse saputo, molto probabilmente non si sarebbe negata la possibilità di poter sognare, di potersi illudere. Romantica imbecille! Era stata proprio un’ingenua a credergli, a dar voce ai propri desideri. E lui se n’era approfittato, attirandola nella sua trappola fatta di lusinghe e false speranze. L’intervento provvidenziale di Reese le aveva tolto le castagne dal fuoco. Le aveva letteralmente salvato la pelle! Forse era stato quello il motivo che l’aveva spinta ad accettare la sua offerta di lavoro e a lasciarsi coinvolgere in quella nuova follia. Perché doveva proprio ammetterlo: bisognava essere completamente pazzi per accettare una proposta così strampalata! Pazzi, totalmente incoscienti e soprattutto disperati. E lei apparteneva decisamente a quest’ultima categoria. Soprattutto da quando aveva scoperto di essere positiva al virus dell’HIV. Sieropositiva, e non sapeva nemmeno chi ringraziare per quel regalo inatteso. Forse lo stesso Walter. Tuttavia questo le aveva chiuso parecchie prospettive. Adesso, poi, le ultime analisi non le avevano lasciato speranze: l’AIDS era conclamato. Quando aveva iniziato con quella vita non era stata così accorta e non aveva ancora imparato a mandare al diavolo tutti quelli che pretendevano di avere rapporti non sicuri con lei. Aveva avuto bisogno di soldi e questo l’aveva spinta ad accettare qualsiasi offerta. Solo dopo aver saputo del contagio, aveva imposto, a chiunque le chiedesse delle prestazioni, la sicurezza necessaria per non contaminare nessuno e, dal momento che non li baciava e che non vi era la possibilità di alcuno scambio di fluidi, riteneva di aver fatto tutto il necessario per non diffondere la malattia. Praticava il sesso solo ed esclusivamente facendo uso di preservativi, ma ogni volta le rimaneva sempre in fondo ai pensieri la preoccupazione di aver contagiato uno dei suoi clienti. E per quanto non avesse detto niente a nessuno, negli ultimi tempi aveva ridotto notevolmente la propria attività, rendendosi consapevole dei sensi di colpa che minacciavano di soffocarla. Non poteva continuare con il mestiere, ma aveva i conti da pagare, un affitto e le cure che sarebbero diventate sempre più costose, col progresso della malattia. Sorrise amaramente a se stessa: a vent’anni le sue prospettive di vita si erano già notevolmente ridotte. Il suo futuro si era sgretolato ed i suoi sogni avevano preso la via del non ritorno. Era già con un piede nella fossa, quindi perché non accettare la proposta folle di Reese? Perché non assicurarsi una sorta di pensione? Se tutto fosse andato male, lei non avrebbe rinunciato a niente. I tacchi ripresero a rumoreggiare non appena mise piede su un nuovo tratto asfaltato, coprendo ogni altro rumore di sottofondo. Immersa com’era nei propri pensieri, non si accorse dell’ombra che si allungò dietro alla sua. Non si rese conto della vicinanza del nemico, se non quando fu troppo tardi per reagire così come aveva sempre fatto. Imprecò in modo osceno quando captò finalmente la presenza dell’uomo alle sue spalle. Ed imprecò ancora di più quando vide arrivare il bastone, che calò fulmineo sulla sua testa. Protese le braccia per ripararsi dal colpo, ma agì in ritardo. Il legno la centrò in pieno, arrivando comunque a colpirla sulla tempia destra. Per un momento vide il sorriso di scherno che deformava il viso del suo aggressore. L’espressione soddisfatta e compiaciuta. Ebbe modo di registrare i particolari di quel volto suino e grassoccio, con occhietti piccoli e maligni che brillavano di eccitazione. Poi tutto si spense, sfumando lentamente nel nero. Il mondo svanì intorno a lei, mentre veniva afferrata e sostenuta, per impedire che franasse al suolo.
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