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Fino all'ultima goccia

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Edoardo è l’ex Sindaco della città in cui vive e lavora. Angelica è una giornalista che scrive per un sito di informazione locale. Lui è un cinquantenne affascinante con un innegabile ascendente sulle donne. Lei è una ragazza di soli ventidue anni, intraprendente e velatamente pudica ma dalla spiccata sensualità. A dividerli non sono soltanto i 28 anni di differenza, ma anche una persona molto scomoda che ha fatto parte in passato della vita sia di Edoardo sia di Angelica per due motivi diversi. Eppure i due protagonisti si ritroveranno a condividere un vortice incontrollabile di incontri erotici che partiranno dalla cittadina sul mare per poi esplodere in viaggi al di fuori del paese italiano. In un’alternanza di parti scritte da Edoardo e altre da Angelica, prende forma un racconto coinvolgente con il punto di vista maschile e femminile degli stessi episodi. I loro rapporti si susseguiranno all’insegna della paura costante che la loro storia, cominciata per puro appagamento sessuale, possa essere scoperta e diffusa nella loro bigotta città, fino ad arrivare poi a voler andare oltre il legame fisico. Fino ad arrivare alla prova del fuoco. Fino ad arrivare all’ultima goccia.

Gli autori

Angelica Marini è una giornalista di 22 anni laureata in Scienze della Comunicazione a Roma. Cresciuta nella splendida ma piccola città in cui è nata, lavora per un sito che tratta l’informazione locale. Ma è dai tempi del liceo che scrive del territorio in cui vive avendo abbracciato diversi ambiti: dalla cronaca alla politica, dalla cultura alla moda.

Edoardo Conti ha cinquant’anni, è un affermato manager che ha lavorato per diverse aziende a livello internazionale. Ha anche una sua azienda di import-export. Per questi motivi ha avuto la possibilità di compiere numerosi viaggi e di accumulare una grande esperienza e conoscenza delle diverse culture. Ha sempre avuto una passione per la politica.

Ha ricoperto per diversi anni la carica di Sindaco della sua città.

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Fino all'ultima goccia-1
Fino all'ultima goccia Edoardo Conobbi Angelica qualche anno prima. Mi arrivò una telefonata chiedendomi la possibilità di una intervista. Dalla voce capì che era giovane, ma quando venne nel mio studio mi disse che aveva 18 anni e faceva l’ultimo anno delle superiori. Scrivere e fare giornalismo era la sua passione sin da bambina. Si possono deludere le passioni? L’intervista fu carina e ricordo che anche il pezzo che scrisse era buono: la ragazza aveva talento! Tenemmo i contatti attraverso f******k con qualche fugace saluto. Dopo qualche anno mi chiese una nuova intervista. Questa volta la invitai a casa mia e le offrii un caffè. Faceva un gran caldo umido e venne vestita casual ma molto ben curata. Seduti sul terrazzo con vista mare mi fece una intervista a 360 gradi per CityNews toccando tutti i punti ed i temi della mia attività. Aveva raffinato ulteriormente la sua sensibilità. Le sue domande erano profonde e “vere”, non da giornalista qualsiasi, ma di chi vuole conoscere la vita ed i suoi segreti. Rispondevo più spontaneamente del solito, mi trovavo a mio agio. Non rispondevo ad una giornalista a caccia della “notizia”, ma a una ragazza di 22 anni, sensibile e con un cervello raffinato. Alla fine dell’intervista mi ritrovai soddisfatto: era come se avessi fatto dell’ottimo sesso! Ancora una volta nella mia vita ebbi la conferma che la testa di una donna ti può affascinare e far perdere i sensi. Ma Angelica era troppo giovane… Poteva essere mia figlia! La ringraziai per l’intervista e ci salutammo. Mentre andava via, però, notai il suo corpo. Portava un jeans attillato che esaltavano le sue belle gambe diritte che finivano attaccate ad un culo fatto a giusta misura. Ma non finiva lì, bensì il corpo proseguiva con una schiena minuta, lunga e sinuosa, un bel collo e la testa con una folta capigliatura riccia. Per fortuna che non vide l’espressione del mio viso, perché penso ci fosse stampato ciò che stavo immaginando e desiderando. Immaginavo di prenderla da dietro con il mio pene nella sua v****a. Non mi muovevo quasi per niente. Volevo che potesse godere della mia durezza. Le mie cosce appoggiate sulle sue belle gambe diritte e con una mano le accarezzavo all’infinito la schiena mentre con l’altra le tenevo i capelli con il pollice premuto sul collo. Provai dell’imbarazzo a pensare quelle cose, ma ne fui molto attratto. Angelica La sua casa ispirava tranquillità e nell’aria si percepiva odore di mare. Rifiniture celestine percorrevano ogni angolo dell’abitazione, almeno da quello che riuscivo a intravedere dal terrazzo: un ampio spazio che dava direttamente sul mare. Una vista mozzafiato rendeva decisamente giustizia alla giornata di inizio agosto. Dopo le ferie estive, avevo deciso di ritornare a lavoro con la pubblicazione di un’intervista in cui il personaggio protagonista raccontasse, senza peli sulla lingua, della sua vita e delle sue molte sfaccettature. Edoardo aveva accettato senza troppi indugi ed io ero curiosa di come avrebbe affrontato l’ennesimo “interrogatorio” di una dei tanti “seccatori” di turno che fanno della politica il loro pasto quotidiano pur di vendere notizie. Appena terminati i convenevoli della governante, ecco apparire Conti da dietro la parete che nascondeva un grazioso salotto arredato color mogano. Una stretta di mano diversa da quella scambiataci la prima volta, quattro anni prima. Mi accolse con un grande sorriso ed estrema gentilezza. Lo trovai una persona cambiata: serena e affettuosa, certamente diversa dall’ultimo nostro incontro, quando mi ricevette nel suo ufficio per una semplice intervista. Questa volta sentivo che sarebbe stato diverso e così fu. Bevuto un caffè insieme tanto per ambientarci, subito ebbe inizio l’intervista. Mentre porgevo le mie domande, sempre più incuriosita e stimolata dalla sue risposte, non potevo non notare le sue dita scorrere sul tavolo su cui vi erano decorazioni dai colori caldi. Movimenti sinuosi che a tratti si perdevano nel discorso, ma ravvivavano lo stesso dando incisività al tono delle parole. Il tempo scorse velocemente e, dopo due ore in cui eravamo seduti unicamente a parlare, decisi che il materiale che avevo raccolto era sufficiente per scrivere un buon pezzo. Il nostro saluto fu leggero e vivo, tanto che mi sembrò strano appoggiare il mio petto sulla sua camicia bianca di lino. Una stretta più attorniante a confronto di quella scambiataci qualche ora prima, una morsa mentale e carnale tutta insieme. Mi dovevo essere sbagliata e come al solito, la mia mente era andata un po’ più in là del confine stabilito. Ecco cosa pensai salendo le scale mentre gli davo le spalle e lui mi guardava andare via. Edoardo Avrei voluto gridare “Angelica!”. Avrei voluto inventarmi qualche scusa per trattenerla ancora. Non volevo che andasse via. Avrei voluto continuare con un’altra intervista, magari su altri argomenti. Ma cosa mi stava succedendo? Perché quel desiderio? Eppure nella mia vita non ho mai avuto rapporti con ragazze giovani. Ho sempre preferito donne più mature, più esperte, diciamo anche più navigate. Uno dei miei lavori è quello di docente universitario e già in questo caso mi tocca guidare nella ricerca e nello studio tanti giovani e non me ne viene di farlo anche in altri campi, come in quello dei sentimenti e del sesso. Ma poi in fondo Angelica era venuta per fare una intervista e l’ha fatta: punto! Perché all’improvviso mi sono messo a fantasticare cose senza senso? L’intervista è stata lunga, quasi due ore, e sembrava che nessuno dei due si stancasse mai. Di certo per Angelica potevo rappresentare un personaggio diverso dal solito, non uno di quei squallidi politicanti accattoni da quattro soldi. Sentivo che mi stimava. Ma da questo a pensare altro ce ne vuole. Intanto Angelica era arrivata in cima alle scale e stava per uscire dal cancello principale. Angelica Le ruote dello scooter scivolavano veloci sull’asfalto. Sfrecciare lungo la costa era facile poco prima dell’ora di pranzo: la città era riversata nelle spiagge del Golfo. La mano decisa sull’acceleratore ricordava la stessa temperanza della stretta di mano che avevo scambiato solo pochi minuti prima con Conti. Mille pensieri affollavano la mia mente ma dovevo scacciarli e continuare ad avere la stessa mano decisa che comandava quell’acceleratore. Eppure, gli occhi di Conti erano così diversi! Lucenti e vivi, ma allo stesso tempo vulnerabili e limpidi come l’acqua cristallina del mare che si rifletteva nel cielo che avevamo guardato, solo pochi minuti prima, dalla sua terrazza. All’improvviso un bambino attraversa la strada e non posso far altro che decelerare fino a fermarmi. Insegue un pallone fin oltre il marciapiede, al termine del viale che dà su una stradina della quale non si scorge la fine. Pochi secondi e quel bambino scompare oltre la strada, inseguendo il suo pallone finito chissà dove mentre io proseguo sulla via di ritorno, con a fianco il mare sempre più azzurro che non intende abbandonarmi. Edoardo Trovai la forza di gridare “Angelica”, ma oramai il cancello si era chiuso ed era uscita. Non avevo avuto abbastanza coraggio per farlo prima, mentre stava salendo le scale, mentre guardavo quelle belle gambe in un movimento delicato ed intrigante. Mi voltai e vidi il mare. Era azzurro, azzurro più che mai. Ma Angelica non c’era più! Forse era meglio così, forse avrei fatto davvero una brutta figura a trattenerla. Quale scusa mi sarei potuto inventare? Sarei stato a dir poco ridicolo. Guardavo il mare con lo sguardo fisso e pensavo ad Angelica che era sicuramente sul motorino diretta verso casa. Ebbi un altro attacco di follia: pensai di chiamarla sul cellulare e di farla tornare di nuovo con qualche scusa banale. La governante si affacciò dall’interno della casa facendomi capire che per lei era ora di andare. «Sì, grazie! A domani Signora» le dissi. Amelia, da anni fedele, conosceva la casa meglio di me stesso. E proprio lei ebbe il merito quel giorno di farmi ritornare in senno. Almeno questo è quello che pensai in quel momento, perché dopo appena cinque minuti il mio cellulare stava chiamando il numero di Angelica. Squillava… Squillava… Ma lei non rispondeva. Angelica Rientrata a casa, mi gettai sul divano nella mia camera. Ebbi solo la forza di togliermi i sandali che indossavo. Con i piedi a ciondoloni rimasi a fissare il soffitto distesa non so nemmeno per quanto tempo. Sommersa dai pensieri e sopraffatta dalla stanchezza mi abbandonai in un sonno profondo. «È pronto a tavola!» era mia mamma che dal salone mi avvisava che era pronto il pranzo. Ma che ore erano? Avevo perso la cognizione del tempo e sentivo la mia testa troppo pesante. Eppure avevo avuto una mattina come tante altre, perché ero così debole? Mentre scuotevo la testa e mi costringevo a non tormentarmi con i dubbi, mi infilai un paio di pantofole per andare nel salone. Passando davanti la scrivania mi ricordai della borsa abbandonata lì qualche ora prima. Controllai il cellulare: trovai una chiamata persa. “Cavoli!”. Era di Conti. “Perché mai mi avrà cercata?” Decisi di affrontare la cosa dopo aver messo qualcosa sotto i denti. Pensare a pancia piena mi avrebbe di certo aiutata. Edoardo Ero deluso, ma anche eccitato! Deluso perché Angelica non mi aveva risposto. Perché? Era sul motorino e non aveva sentito? Era con il ragazzo e non aveva voluto rispondermi? Non ha voluto rispondermi e basta? Ma alla delusione si accompagnava una strana eccitazione. Ero eccitato dal solo fatto di pensarla e di provare un certo desiderio per quella splendida creatura. Certamente un desiderio carnale: sentivo che il mio pene si ingrossava dentro i pantaloni. Qualche fotogramma erotico passava velocemente nella mia immaginazione. Fotogrammi da montare per delle interessanti scene e per un bel film. Avevo 50 anni e amavo la vita, ben al di là di quello che la mia posizione sociale poteva indurmi a fare. Me ne fregava ben poco del conformismo imperante e bacchettone. Allora tutto questo mi portava verso una ragazzina di 22 anni? No, mi portava verso Angelica! Infatti, la stranezza dell’eccitazione era che ad un tratto la mia mente aveva smesso di pensare ai suoi 22 anni, e aveva incominciato a considerarla come una donna e basta. Una donna, non una ragazzina! Talmente donna che nei fotogrammi montati per una scena la vidi dirmi “Non ti preoccupare! Adesso rilassati che ci penso io.” Con una mano morbida mi avrebbe spinto sul divano, sbottonato i pantaloni e abbassato le mutande. Senza dirmi niente, ma solo guardando la mia grande erezione diventata dura e poi volgendo il suo sguardo ed i suoi occhi verso i miei, avrebbe reclinato il capo per prendere il mio pene in bocca. Decisi di provare a richiamarla. Squillava… Squillava… Angelica Mi era completamente passato di mente della chiamata che avevo trovato sul cellulare. Quando mi venne in mente andai subito a prenderlo in camera per richiamare Conti. Sullo schermo illuminato vidi che le chiamate erano diventate due. Avevo tolto la suoneria per non essere disturbata durante l’intervista e non l’avevo più rimessa. “Cosa vorrà dirmi? Per avermi chiamata ben due volte a pochi minuti di distanza, deve essere sicuramente qualcosa di importante”. Non diedi nemmeno il tempo alla mia curiosità di prendere piede in me che già stavo componendo il numero. La linea era libera. Dall’altro capo rispose qualcuno. «Sì, pronto?» era la voce di una donna «Salve, mi scusi se la disturbo, cercavo il Dottor Conti» la voce mi tremava perché ero alquanto sorpresa dal fatto che non mi aveva risposto lui in persona. «Al momento non è qui. Mi direbbe cortesemente chi lo cerca?» la voce aveva un tono deciso «Marini. Ho incontrato il Dottor Conti qualche ora fa per un’intervista. Grazie e buona giornata» «Buona giornata anche a lei» Probabilmente era la sua segretaria. Posai il cellulare sulla scrivania e mi misi davanti al computer con a fianco un bicchiere di tè freddo. Pochi minuti dopo il mio cellulare squilla di nuovo. Era sicuramente Conti che mi richiamava. Sul display però comparve un numero anonimo. “Che strano!”, pensai. «Pronto?» «Ciao Angelica» «Sì… Chi parla?» «Ma come, non mi hai riconosciuto? Sono Stefano» «Ah, salve direttore. Come mai mi chiama con l’anonimo?» «È una lunga storia, meglio non parlarne per telefono. Fra quanto sarà pronta l’intervista?» «La sto già scrivendo. Tra mezz’ora al massimo sarà nella sua posta elettronica» «Perfetto. Aspetto il tuo pezzo allora» «D’accordo» Scrivere l’intervista non mi fu per niente difficile. Nella mia testa le parole si componevano una dopo l’altra e le mie dita seguivano perfettamente i percorsi della mia mente. Edoardo Decisi di non restare a casa e di passare dall’ufficio. Avevo bisogno di pensare ad altro, a qualcosa di più produttivo. In ufficio c’era Monica, la mia segretaria.

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