Chapter 2

1937 Words
2 Nessun posto è bello come casa Guardo le strade familiari e sospiro, per la prima volta contenta dopo un'eternità. Vi mi esamina con lo sguardo mentre si mordicchia il labbro. Ecco, ci siamo. Do un'occhiata all'orologio. Sono esattamente sei minuti e trentacinque secondi. Cazzo! Questo è un record per Miss Ficcanaso. Con ansia, si stuzzica il piccolo anello al labbro mentre si sistema, dietro le orecchie piene di piercing, le ciocche di capelli sfuggite all’acconciatura. «Quindi…?», mi domanda con aria apprensiva. E qui inizia l'inquisizione. «Lo so che non vuoi parlarne, ma tesoro, hai una cera che fa paura». «Ma grazie, anche a me fa piacere vederti in piena forma», rispondo picchiettando distratta le mie Converse blu sul tappetino dell'auto. Non voglio davvero parlare di quello che è successo. Ne ho già avuto abbastanza in aereo da bastarmi per una vita intera. «Intendo in senso buono. Cioè, non proprio, intendo che sembri molto triste e turbata, anche incazzata e uhm… con tendenze omicide. Sono preoccupata, tutto qui. Che migliore amica sarei se non lo fossi?». Nonostante gli ultimi giorni da incubo, Vi sa come farmi sentire meglio. Sapevo che avrei dovuto affrontare questa conversazione, ma vuole farla proprio ora? Non sono pronta a condividere. Ma soprattutto, lo sarò mai? «Ehi, Terra chiama Ava, rispondi Ava!», strilla riportandomi alla realtà. Lo so che se non sputo il rospo Vi non mollerà la presa, e non ho abbastanza energie per discutere con lei. «Vi, ascolta. Harper è una gran testa di cazzo. Uno stronzo manipolatore e bugiardo che se sparisse dalla faccia della terra ringrazierei le stelle per averci tolto dalle palle un coglione del suo calibro! Così non potrebbe più ferire, tradire o spezzare il cuore della sua leale compagna da quattro anni, in un bar – durante un cazzo di karaoke, per giunta – dicendole che non la ama più e che non può vivere con qualcuno che non ha obiettivi di vita, lasciandola lì come un'idiota, a fissarlo andare via, mentre annega in un mare di lacrime circondata da gente stonata che canta Amy Winehouse!». Respiro profondamente. Oh! Ecco il vomito di parole. Vi si prende un minuto per digerire la mia sparata e, d'un tratto, diventa viola in faccia. Oh, oh! Sta per esplodere. «Credo tu non stia parlando in senso lato, no? Gran figlio di puttana! L'ho sempre odiato a morte, quel viscido verme… ma ora lo voglio spellato vivo e grigliato in piccoli filetti!». Soffoco una risatina per la sua reazione, perché Vi è un petardo. Può sembrare esile, ma è tutt'altro che fragile. Ho visto un uomo adulto farsi minuscolo quando il famoso Sguardo Mortale di Veronica Donovan lo ha trafitto. Guardo la mia migliore amica, cercando di assorbirne la bellezza. Non è cambiata molto negli anni. I suoi lunghi capelli castani sono legati in due code disordinate, con ciuffi ribelli a incorniciarle il viso a forma di cuore. I suoi occhi di un verde brillante sono sempre luminosi e pronti alla prossima avventura. Noto che ha aggiunto alle orecchie un altro set di borchie, che si abbinano agli altri due piercing al naso e al labbro. «Quindi Harper ti ha fatto questo? Cosa vuol dire che non vede un futuro con te? Ti sei trasferita a Singapore per supportarlo nella sua corsa al successo e ti rifila questa cazzata? Non credevo fosse possibile, ma lo odio più che mai». Vi si è calmata abbastanza da formulare frasi senza includerci troppo turpiloquio. «Ne so quanto te. Forse si è svegliato una mattina e si è trasformato in un coglione imperiale», le rispondo con un certo dolore, perché non me lo aspettavo sul serio. Vi mi scruta e, alla vista della mia espressione desolata, ricomincia a sbraitare una serie di volgarità. «No, tesoro mio. È sempre stato un coglione del cazzo, eri solo accecata dall'amore. Ora senza di lui starai di certo meglio. Ma perché, di tutti i centomila spermatozoi, proprio lui è arrivato primo? È un pezzo di merda, buono a nulla e figlio di puttana!», grida sfogando sul clacson tutta la sua frustrazione. Ritiro quello che ho detto, è incazzata come prima. Mi mordo il labbro per trattenere le lacrime. Mi sento così persa e sola che la settimana di ibernazione mi pare l'unica soluzione possibile. Vi nota la mia disperazione e si calma, cercando di farmi sentire meglio. «Ehi, piccola, non ti abbattere troppo, però, okay? Gli uomini a loro modo sono tutti delle teste di cazzo. Ho sentito dire che è proprio nel loro DNA o qualcosa del genere». Ride isterica alla sua battuta, dando delle botte al volante con aria divertita. Emetto una risata soffocata perché, o faccio così, o piango di nuovo. Fisso il mio riflesso sul finestrino mentre Vi inizia a parlare di cose sciocche per distrarre la mente dal pensiero di Harper. La mia faccia non è migliorata tanto dall'ultima volta che l'ho vista, sembro ancora persa e abbandonata. Appoggio la testa e chiudo gli occhi, domandandomi quando tutto questo dolore finirà. *** «Grazie per avermi permesso di rimanere qui. Non ce l’avrei proprio fatta ad affrontare i miei adesso. Posso anche fare a meno del loro "te l'avevo detto"». «Fa' come se fossi a casa tua». Vi sorride felice mentre mi prepara il letto. La sua casa in California è un modesto appartamento a due camere, e in questa piccola dimora abbiamo passato dei momenti indimenticabili. Non vedo l'ora di rilassarmi un po' in un posto che, con orgoglio, posso chiamare casa. Vi non solo è bella, ma è anche molto intelligente. Gestisce, con una socia, uno studio di tatuaggi in città che si chiama Le Regine Dell'Inchiostro. Sono molto fiera di lei, perché la sua vita avrebbe potuto prendere davvero una brutta piega quando aveva solo dodici anni e i suoi morirono in un incidente. Vi andò a vivere con sua zia Mary, la nostra vicina di casa, che l'ha sempre trattata come una figlia. Sono sicura che è grazie a lei che la mia amica è una persona con la testa sulle spalle. Quando io e Vi ci siamo incontrate eravamo due ragazzine timide e impacciate, con una passione smisurata per i cerchietti per capelli e i film romantici sdolcinati. Era ovvio che saremmo diventate amiche per la pelle. «Okay, ora basta parlare di me, dimmi di Lucas», le chiedo in tono amorevole, prendendola in giro per il suo nuovo amante. Ancora non gli è stato dato il titolo di fidanzato ufficiale, ma il poveretto era ignaro di quello che lo aspettava quando le ha detto "ciao" per la prima volta. Giocherellando con i bracciali d'argento, si illumina. «Oh, Ava. Stavolta è quello giusto. Lo so e basta». «Mah», mormoro mentre sistemo la biancheria intima nel primo cassetto. «Shh, lo è. Quando lo incontrerai stasera, capirai cosa intendo». «Eh? Cosa? Stasera? E dov'è che incontrerò esattamente Mr Orgasmo Multiplo da Urlo?», la prendo in giro. Non viviamo nello stesso paese da un po', ma questo non ha certo impedito a Vi di raccontarmi tutti i particolari piccanti della sua vita sessuale, benedetta ragazza. «Passengers of Ego», mi risponde, come se sapessi esattamente di cosa sta parlando. Sgrano gli occhi, perplessa. Ridacchia. «È il nome della band di Lucas, sciocca. Suonano al Little Sisters, stasera». Guarda l'orologio al muro e squittisce. «Oddio, non vedo l'ora di fartelo conoscere. Mi fa morire». «Ne sono certa», rido, prendendola ancora in giro mentre diventa tutta rossa. «Oh, dai, sono sicura che stasera ti divertirai!». «A dire il vero non credo sia una buona idea», rispondo, piegando le t-shirt nel cassetto. «E perché no?», domanda Vi con le mani sui fianchi e per nulla contenta della mia risposta. «Mmm, ricominciamo da capo?», sbuffo, troppo stanca per parlare. Intanto guardo il letto e mi immagino avviluppata tra le coperte, con il corpo che scalpita perché ciò diventi al più presto realtà. Tuttavia, dallo sguardo incazzato di Vi, capisco che la possibilità è alquanto remota. «Sì, sì, stiamo proprio ricominciando da capo. Sono tutta orecchi», insiste Vi, che oggi pare abbia il chiodo fisso. «Perché non sono dell'umore di fare della conversazione inutile con persone che non vedrò mai più nella mia vita. E non ho davvero voglia di gente accaldata che mi si struscia addosso sperando di fare bingo con la donzella sofferente». Alzo le mani e aggiungo sarcastica: «In caso non lo avessi capito, sono io la donzella sofferente!». «Ava, bisogna che ti dia una calmata. Nessuno ti si "struscerà addosso", come hai detto con estrema eleganza, a meno che non sia tu a volerlo. E, a giudicare da quanto sei tesa e rigida, direi che una bella strusciata è proprio quella che ti ci vuole!». La fisso a bocca aperta. No, non lo ha detto! Prima che possa rimproverarla, ride con quella risata così musicale che automaticamente mi dimentico perché volevo rimproverarla. Sono una cretina, lo so. «Tesoro, quello che ti ha fatto Harper è terribile, e lo capisco. Ma lo sapevo che sarebbe successo, prima o poi». Alza le spalle come se fosse una cosa risaputa, mentre io la guardo sotto shock. «Tu cosa?», le chiedo sbalordita. Ma per caso solo io sono accecata da una coltre di fumo che nasconde il cartello “HARPER È UNO STRONZO”? «Ava, Harper è sempre stato uno stronzo. Te l'ho detto, eri solo accecata dalle sue cazzate. L'ho odiato dal primo momento che vi siete incontrati. Vorrei non essere mai andata a quella maledettissima festa dove ti ha convinta con parole dolci a ballare con lui, perché ora non avremmo questa conversazione, se fossimo state a casa come da programma a guardarci Brad Pitt. Non ti accorgevi di quanto fosse manipolatore. Io ho provato a dirtelo, ma tu non volevi sentire. L'amore è cieco e tutte queste stronzate qui. Harper è il passato, e tu sei tornata per ripartire da zero, sola e senza quel pupazzo travestito da essere umano tra le palle!». Mi sbellico dalle risate mentre si infuria. Veronica non smette mai di sorprendermi con le sue analogie. E non importa quanto siano politicamente scorrette, ci stanno sempre da Dio. «Perciò, ora disferai le valigie e ti rilasserai magari con un sonnellino, perché quelle borse sotto gli occhi non si possono guardare». Mi rannicchio un po' per la vergogna, perché ha ragione, ma mi ignora. «Poi, una volta riposata, e con un aspetto che sembra meno quello di un cadavere, ti metti quei jeans neri strettissimi che ti fanno un culo da paura, quel top a righe bianche e rosse che rivela il giusto della scollatura, e le scarpe alte perché, ragazza, stasera facciamo casino… in stile Veronica Donovan!». Sorrido, ormai sono abituata alla sua natura da tiranna. Be', di certo ci aspetta una serata interessante, anche se non sono ancora del tutto convinta. Vi percepisce la mia ansia mentre, nervosa, mi mordo il labbro. «Non guardarmi così, signorina Thompson. Si va, punto». Non ha senso discutere con lei, sarebbe solo un inutile spreco di fiato. Mi dà un bacio sulla testa e lascia maestosa la stanza, per darmi qualche minuto per elaborare tutto quello che è successo. Collasso nel letto gigante e mi allargo. Le gambe e le braccia quasi non raggiungono i margini dal materasso, e mi sembra di nuotare in un mare di lenzuola e coperte. È una sensazione confortevole e vorrei stare così per tutta la settimana… o il mese. Cosa farò ora? Sono salita sull'aereo senza nemmeno pensare di dare un'altra chance al mio futuro. Ma ora che sono qui, il mio futuro è in attesa di una decisione. Conto le stelline fosforescenti sul soffitto e vorrei essere senza volto, proprio come loro. Mi viene in mente una frase che mi aveva colpita molto: "Mira alla Luna, se la manchi sarai sempre tra le stelle". In questo momento darei qualsiasi cosa per atterrare ovunque, senza questo dolore, però. L'odore del caffè che Vi sta preparando di sotto in cucina mi penetra nelle narici. La sento trafficare tra gli sportelli per le tazzine. Decido di scendere, molto meglio che stare quassù a rimuginare. Per dirla alla Clark Gable: "Non rido mai prima di aver bevuto il mio caffè!". Spero abbia ragione. Anche se credo che ci vorrà molto più di una tazza di caffè per farmi ridere di nuovo.
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