CAPITOLO DUE

2176 Words
CAPITOLO DUE Emily si sentiva nervosa come una bambina il primo giorno di scuola seduta sul lettino dello studio dell’ostetrica, le gambe a penzoloni. Daniel sembrava ugualmente fuori posto sulla sedia di dura plastica accanto a lei. C’erano certificati medici incorniciati sui muri verde menta, poster variopinti che mostravano le diverse fasi della gravidanza, e lo sgradevole odore dell’antisettico che permeava l’aria. Emily si accorse che a quell’ambiente sarebbe finita con l’abituarsi. Nel corso dei mesi seguenti avrebbe respirato un sacco di antisettico! La porta si aprì ed entrò il medico, Rose Arkwright. Come prima impressione Emily pensò che fosse vestita in modo molto elegante, più come un avvocato che come un medico. Solo le scarpe basse e comode, il camice e lo stetoscopio al collo la tradivano. Sorrise a entrambi posando il portablocco accanto al computer e prendendo posto alla scrivania. “Signore e signora Morey?” chiese rivolgendosi a entrambi. “Innanzitutto voglio farvi le mie congratulazioni.” Aveva un sorriso caldo, notò Emily, e strinse a tutti e due la mano con presa decisa e sicura. Emily ebbe la netta impressione che la dottoressa Arkwright fosse una persona intelligente e pratica. Si sentiva davvero in buone mani. “Grazie,” disse Daniel sorridendo timido. “Siamo fuori di noi dalla gioia.” Emily era contenta di sentirgli dire così. Lei non era stata sicurissima di come si sentisse dato che il giorno prima era sembrato al contempo scioccato e stressato. “Possiamo andare al punto?” disse la dottoressa Arkwright. Girò il primo foglio di carta e guardò Emily. “Temo che dovrò prendere molti appunti dettagliati, per cominciare. Moduli, moduli, e ancora moduli.” “Nessun problema,” disse Emily. “Spari.” “La prima cosa che dobbiamo determinare ovviamente è da quanto tempo aspetta. Di norma le mestruazioni sono regolari?” Emily annuì. “L’ultima volta ho avuto le mestruazioni appena prima del nostro matrimonio. Perciò sono passate circa otto settimane.” “Quindi potrebbe essere un figlio del viaggio di nozze?” disse la dottoressa Arkwright con un sorriso. “Romantico.” Emily arrossì. La dottoressa proseguì. “Il modo in cui capiamo quando dovrebbe nascere è prendendo inizialmente in considerazione dalle trentotto alle quarantadue settimane dalla fine dell’ultima mestruazione. Perciò stiamo parlando dell’undici dicembre.” Emily e Daniel si scambiarono uno sguardo con gli occhi sgranati. Così vicino a Natale! “Poi, quando farà la prima ecografia e il bambino verrà misurato, la data potrà essere leggermente aggiustata,” aggiunse la dottoressa. “Mi può dire quali sintomi ha e da quanto tempo?” “Nausee e capogiri,” spiegò Daniel. “Da subito dopo il matrimonio, giusto?” Guardò Emily in cerca di conferma. “Pensavo che fosse stress,” disse. “In quel momento ci stavano succedendo tante cose.” La dottoressa Arkwright annuì. “Sono i due sintomi più comuni della fase iniziale. E spesso vengono confusi con lo stress. Però non è svenuta, giusto? Ha provato solo stordimento?” “Sì,” disse Emily. La dottoressa Arkwright prendeva appunti mentre parlava. “Bene. Se sviene non mette in pericolo il bambino perché al momento è troppo piccolo, e si trova in una sacca protettiva di fluido. Ma per lei può essere ovviamente un po’ doloroso, soprattutto se cadendo va a sbattere contro qualcosa. Ci stia attenta, da qui in avanti. È probabile che la cosa si risolverà nel corso delle prossime settimane, ma per alcune donne i sintomi persistono. Se è naturalmente incline ad avere la pressione bassa la cosa potrebbe continuare fino al secondo trimestre. Perciò si assicuri di stare tranquilla. Si alzi lentamente. Mangi con regolarità. La cosa migliore è tenere in borsa una banana. E un sacchetto di noccioline.” “Sicuro,” disse Emily annuendo, sentendosi già un po’ sopraffatta. Avrebbe voluto aver preso degli appunti e sperava che Daniel stesse memorizzando tutte le cose che lei era troppo sopraffatta per assorbire. “Bene; le diamo un’occhiata?” disse la dottoressa Arkwright alzandosi in piedi. Emily spostò le gambe in modo da stendersi sul lettino. Daniel si alzò per mettersi accanto a lei. La dottoressa Arkwright indossò dei guanti di lattice. “Mi pare di essere stata rapita dagli alieni,” disse Emily scrutando dal basso il suo pubblico. Daniel rise. “Sì, nei prossimi mesi sarà pungolata e tastata più di quanto le sia mai successo in tutta la sua vita,” disse la dottoressa Arkwright. “Alla fine non si farà scrupoli a spogliarsi davanti alla gente. Ogni inibizione riguardo al corpo finirà fuori dalla finestra.” “Non vedo l’ora,” disse Emily sentendosi arrossire la guance. La dottoressa Arkwright le controllò le pelvi e l’addome, la rotazione delle anche e la flessibilità generale delle articolazioni. Muoveva le dita con destrezza, controllandole quasi ogni centimetro del corpo. A Emily pareva di essere un grumo di pasta che veniva lavorato. “Le farò fare degli esami del sangue,” spiegava nel frattempo la dottoressa. “Per conoscere tipo di sangue e fattore Rh. Verificheremo anche se siamo in presenza di anemia, di determinati anticorpi, e ci assicureremo che lei sia immune a tutti i grossi virus, come la varicella, la rosolia e l’epatite.” Emily non adorava alla follia gli esami del sangue. Il pensiero di farne così tanti la fece sentire sempre più ansiosa. “È la sua prima gravidanza, vero, signora Morey?” chiese la dottoressa mettendole sul petto un freddo stetoscopio. Emily annuì. “Sì.” “Ha avuto quale problema ginecologico in passato? Risultati anormali del pap test? Infezioni sessualmente trasmissibili? Qualcosa del genere?” Emily scosse la testa e si chiese se non sarebbe stato meglio che Daniel non fosse venuto a quella particolare visita. Ingenuamente aveva pensato che non le sarebbero state poste immediatamente domande così delicate. Si sarebbe dovuta abituare a confessare tutto sul suo corpo, adesso. Nulla sarebbe stato off limits! La dottoressa Arkwright tolse lo stetoscopio e se lo riappese al collo. “Ora, vista la sua età avanzata per una gravidanza,” spiegò riportando l’attenzione sul suo addome, “nel suo caso è un po’ più importante prendere le vitamine giuste, dormire a sufficienza, ridurre i livelli di stress ai minimi assoluti. Sono tutte cose che raccomandiamo alle pazienti incinte di qualsiasi età, ma per lei è un pochettino più importante.” “Dovremmo preoccuparci?” chiese Daniel. “Dell’età di Emily?” Emily lo guardò con cipiglio. Avere lo stomaco esposto ed entrambi che la guardavano come fosse materiale di studio la rendeva vulnerabile e praticamente alla loro mercé. Poteva superare il fatto che la dottoressa facesse riferimento alla sua età, ma non che lo facesse lui! La dottoressa Arkwright guardò brevemente Daniel e scosse la testa. “Al giorno d’oggi è decisamente molto più comune che le donne comincino a metter su famiglia sul finire dei trent’anni, e il mondo medico si sta mettendo al passo coi tempi. Non è più un problema come un tempo. L’ostacolo più grosso è in realtà la fertilità, il che chiaramente in questo caso non costituisce problema. C’è un rischio marginalmente più alto di diabete gestionale, problemi di pressione del sangue, nascita prematura. Ma siete in buone mani.” Emily si sentiva davvero in buone mani. Sperava solo che non ci fossero da fare troppi esami. Le pareva tutto un po’ impersonale. Clinico. Non le piaceva proprio sentirsi un contenitore di bambini e sarebbe stata contentissima quando quelle perizie iniziali fossero finite. La dottoressa Arkwright si sfilò i guanti. “Fatto. È in buona forma, perciò qui non c’è niente di cui preoccuparsi. La prego di accomodarsi e daremo una breve occhiata alla sua storia clinica.” Emily si tirò su a sedere e rivolse a Daniel un debole sorriso, ancora non pronta del tutto a perdonargli i commenti sulla sua età avanzata. Si sistemò i vestiti e si rimise le scarpe, poi andò a sedersi. La dottoressa Arkwright si lavò le mani e poi andò alla sua sedia, ruotando verso il computer. Si prese un momento per leggere lo schermo. “Ha una buona patente sanitaria,” disse esaminando i dati. “Scarlattina nell’infanzia senza effetti postumi persistenti. Non fumatrice, il che mi dà un grande piacere. Nessuna particolare condizione di salute. Nulla di cronico. Nessuna medicina in uso. Un tasso alcolico leggermente più alto di quello che vorrei vedere, ma comunque per i prossimi mesi smetterà completamente di bere.” Si girò ancora per guardare Emily. “Smettiamo entrambi,” disse Emily. “Altrimenti non mi sembrava giusto,” disse Daniel. “Soprattutto dato che abbiamo un bar con un esperto di cocktail secondo a nessuno!” La dottoressa Arkwright sorrise. Poi posò gli avambracci sulla tavola e guardò Emily con espressione seria. “Ora, questa potrebbe essere una cosa un po’ delicata di cui parlare, ma non ho potuto evitare di notare che nel suo modulo di registrazione ha spuntato la casella della storia familiare di problemi di salute mentale. Se le va, mi piacerebbe che mi raccontasse qualcosa di più su quella storia. Va interamente a suo vantaggio, qui nessuno la giudica, è solo per assicurarci di tenere d’occhio quel tipo di cose quando nel corso della gravidanza i suoi ormoni cambieranno.” Emily strinse le mani in grembo, subito a disagio. Parlare dei suoi primi caotici anni era la cosa che meno voleva fare in assoluto, soprattutto con un’estranea, anche se l’estranea in questione era un medico che probabilmente aveva già sentito cose del genere e che voleva solo aiutarla. Daniel si allungò e le toccò la mano per rassicurarla. Rinfrancata dalla sua presenza, Emily fece un respiro profondo. “Mio padre ha attraversato un lunghissimo periodo di depressione,” disse alla fine con voce sottile. “Per decine di anni. In seguito alla morte di mia sorella.” La dottoressa Arkwright annuì e mantenne un viso neutro mentre scriveva l’informazione sul suo modulo. “E sua madre?” “Mia madre?” Emily scosse la testa. “Non so neanche che problema abbia, a dirle la verità. Potrebbe essere qualcosa di psichiatrico. Però potrebbe anche essere solo una persona difficile.” “Non le è stato diagnosticato nulla?” Emily scosse la testa. Ora si sentiva molto a disagio. Parlare di queste cose la faceva sempre sentire un po’ terrorizzata. Ma la dottoressa Arkwright aggiunse l’informazione al modulo, comportandosi come se l’ammissione di Emily non fosse assolutamente nulla di cui preoccuparsi. “E lei?” disse con delicatezza. “Ha mai avuto dei problemi, crescendo?” Emily si strinse nelle spalle. “Credo di no. Cioè, ero distrutta dopo la morte di Charlotte. E dopo che mio padre…” Smise di parlare per raccogliere i pensieri. Dopo un respiro ricominciò. “Nella vita ho vissuto dei momenti molto difficili. Non so quanto bene sia riuscita ad affrontarli all’epoca. Mi ci sono voluti anni per affrontarli completamente. Poi, quando ho cominciato, mi è tornato tutto in delle specie di spaventosi flashback.” Col pollice Daniel le accarezzava il dorso della mano lì dov’era. “A volte aveva la testa da un’altra parte,” aggiunse. “Si allontanava, più o meno. Ma adesso succede molto meno.” La dottoressa Arkwright rimase molto professionale mentre parlavano, assorbendo le confessioni di Emily con nient’altro che un cenno compassionevole della testa. “Pare che lei possa aver avuto dei deboli sintomi da disturbo post-traumatico da stress,” disse. Emily si allarmò. Sembrava così drammatico. Per lei erano state solo cose che aveva superato, una specie di risultato naturale dovuto al venire in contatto con dei ricordi che aveva tenuto lontani per così tanti anni. “La prego di non preoccuparsi,” la rassicurò la dottoressa. “È molto più comune di quanto creda la gente, soprattutto quando il trauma si ha nell’infanzia. Quando non possediamo il linguaggio per esprimere le emozioni che proviamo, o addirittura per etichettarle nel modo giusto, la repressione diventa un meccanismo di difesa naturale. La cosa importante da notare adesso è che potrebbe avere un rischio leggermente più alto di depressione o psicosi pre o post-natale. Lo ripeto; pare drammatico ma oggigiorno è una cosa molto ben trattata, attraverso la terapia e i farmaci, se necessario. Fino a quando teniamo d’occhio i sintomi non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi.” Emily annuì e lasciò andare il respiro. La dottoressa Arkwright era molto rassicurante, ma allo stesso tempo provava una sgradevole ansia per ciò che poteva esserci in serbo per lei. Di queste cose non si parlava mai. Né con gli amici né con la generazione di sua madre. Non poteva evitare di preoccuparsi per la probabilità più alta di subire una cosa che veniva capita così poco. La dottoressa Arkwright sorrise e le porse un patinato foglio ripiegato. “Ecco un opuscolo che illustra nel dettaglio cosa fare con l’alimentazione, le vitamine, la ginnastica, i viaggi, etc. Trovi un po’ di tempo per leggerlo, e la prossima volta che ci vediamo mi faccia sapere se ha qualche domanda. Le faccio anche una prescrizione per vitamine prenatali, che sono molto importanti. Prenotiamo un’ecografia tra quattro settimane, così potrà vedere il bambino.” Si girò verso il computer e prenotò un appuntamento per l’eco. Poi si voltò di nuovo. “Per il momento basta così. Le prometto che le prossime visite non saranno così lunghe.” Si alzò e porse la mano a Emily. Emily si alzò e le strinse la mano, e Daniel fece lo stesso. Sembrava che la visita fosse stata velocissima, eppure erano stati lì dentro molto tempo. Emily non aveva idea di quanto fosse riuscita ad assorbire di quello che aveva appena sentito. Pareva niente, in sostanza. Lasciarono lo studio medico e uscirono insieme nella luminosa giornata. “Ci hai capito qualcosa?” chiese a Daniel mentre passeggiavano fino alla macchina. “No, a dire il vero,” confessò lui. “C’erano così tante informazioni.” Mentre camminavano Emily scrutò il suo volto. Sembrava stressato, e si chiese quale parte della visita nello specifico l’avesse preoccupato di più. I problemi di salute relativi all’età? Il rischio verosimilmente elevato di depressione postnatale? O solo il fatto di non essere riuscito a memorizzare nessuna delle parole della dottoressa? “È tutto nell’opuscolo,” lo rassicurò. “Possiamo leggerlo e rileggerlo. Ogni sera prima di andare a dormire, se vuoi.” Rise, cercando di alleggerire l’umore. Però Daniel annuì, e sembrava ancora in tensione, con lo sguardo perso in lontananza. Emily voleva chiedergli che cosa gli passasse per la testa, scoprire quale fosse il problema, ma lui sembrava essersi chiuso. Di conseguenza, sentì il proprio entusiasmo cominciare a svanire. Il comportamento di Daniel sembrava andare in conflitto col suo. Non riusciva a vedergli neanche il più piccolo bagliore di entusiasmo negli occhi. Erano solo pena, preoccupazione e stress che gli leggeva nell’espressione. Montarono sul furgoncino e si recarono a casa in silenzio.
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