CAPITOLO DUE

2297 Words
CAPITOLO DUE La spiaggia era incredibilmente bella sotto la luce del sole. Emily credeva a stento che ci fosse tanto sole in quel periodo dell’anno. Era caldo e luminoso come in un qualsiasi giorno d’estate. Passeggiarono insieme, liberando entrambi i cani dal guinzaglio in modo che potessero correre avanti e abbaiare alle onde che si infrangevano a riva. Una volta trovato un buon posto dove fermarsi, Daniel aiutò Emily a scendere a terra. Lei si sedette a gambe incrociate, la protuberanza della pancia annidata comodamente tra le gambe. Chantelle balzò in avanti, piena di esuberanza per quella che le sembrava l’ultima possibilità che aveva di godersi la spiaggia per quell’anno. Daniel si allungò per prendere la mano di Emily e gliela accarezzò teneramente. “Come ti senti all’idea della promozione?” chiese. “Ti preoccupano le ore extra che mi terranno lontano da casa?” “Be’, di quanto tempo stiamo parlando?” chiese Emily. Ora era pronta a conoscere meglio la complessità della cosa, a prendere in considerazione le sfide che avrebbero affrontato. “Jack apre il negozio alle otto,” cominciò lui. “Questo non è il problema, in realtà. Sono abituato a cominciare presto la mattina, e gli orari si incastrano bene con l’inizio della scuola. È la falegnameria il problema più grande. Ci sono volte in cui riceviamo un grosso ordine e non molto tempo per eseguirlo. Prima, quando ero solo un dipendente, sarei stato uno dei tanti e al massimo avrei dovuto fare un’ora o due in più ogni giorno lavorativo. Potevamo condividere il fardello. Ma dato che sarò io a supervisionare l’attrezzatura usata e che sarò il solo responsabile della qualità, dovrò essere sul posto per ogni ordine, a monitorare tutto fino alla fine, proprio come faceva Jack. Sai quanto possono aumentare le ore, comunque. Be’, adesso non farò più parte dell’organizzazione dei turni. Ne sarò a capo, e da me ci si aspetterà che sia presente nei momenti di forte attività.” Più Daniel ne parlava più Emily sentiva l’ansia crescere. La promozione arrivava in un brutto momento. Il pensiero che Daniel non ci fosse mentre lei penava la preoccupava. E il congedo di paternità? Avrebbe ancora potuto permetterselo? Ma più dell’ansia, esplodeva di felicità per lui. Era anche estremamente orgogliosa di Daniel, e non voleva buttargli giù l’umore in alcun modo. Aveva raggiunto così tanto da quando lo aveva conosciuto. Inoltre c’era Amy a riempire i vuoti. “Sono felicissima per te,” disse. “Te lo meriti, dopo tutto il tuo duro lavoro.” “Sicuramente l’aumento ci farà comodo,” rispose Daniel toccandole delicatamente lo stomaco con la mano libera. “Dato che presto avremo più bocche da sfamare.” Emily sorrise e sospirò di soddisfazione. Nonostante le avversità che stava affrontando, guardava ancora al futuro, all’incontro con la piccola Charlotte. Quando Daniel tornò a parlare sembrava un po’ malinconico. “Più responsabilità vuol dire più stress. Spero che avrò ancora l’energia di trascorrere del tempo con le bambine.” “Sarai fantastico,” lo incoraggiò Emily. “Lo so che sarà così.” Anche se capace di recitare il ruolo della sposa che lo supportava da fuori, Emily era ancora piuttosto ansiosa sul cambio di ruolo di Daniel. Aveva la tendenza a lasciarsi prendere dallo stress, o a sentirsi schiacciato dall’aspettativa percepita. Era una cosa che in lui ammirava. Ma poteva anche andare a danno della famiglia, perché a volte sembrava che mettesse tutto il mondo prima di loro. Per Emily non era sempre facile ricordarsi che la vera ragione per cui a volte metteva le altre cose prima era per loro – per lei, e Chantelle, la locanda, e ovviamente per la piccola Charlotte. “Mi chiedo perché Jack non abbia promosso uno degli altri,” si chiese Daniel ad alta voce. “Sono relativamente nuovo in confronto ad alcuni dei vecchi.” “Probabilmente perché sei giovane,” disse Emily. “Perché lavorerai duro per la tua famiglia. O magari perché sa che hai il talento per farcela da solo.” Daniel si accigliò. “Che cosa vuoi dire?” “Voglio dire che potresti facilmente aprire una falegnameria tua. Non è che non ne abbiamo lo spazio, qui. Potremmo convertire uno dei granai, dopotutto. E adesso hai un sacco di esperienza nel creare mobili. Cioè, hai fatto la culla per Charlotte nel tempo libero ed è fenomenale! La gente pagherebbe tantissimo per una cosa del genere, una culla unica per il loro bambino. Devi solo guardare il cartellino del prezzo sulla mia poltrona da allattamento per vederlo!” Rise ricordando le migliaia di dollari che Amy aveva gettato sulla poltrona a dondolo e sul poggiapiedi per lei. Daniel, d’altra parte, stava zitto. Aveva un’espressione sognante e lontanissima. “A che cosa stai pensando?” gli chiese Emily. Tornò in qua. “Sto solo pensando che potresti aver ragione sul fatto che Jack mi abbia promosso per tenermi lì invece che perdermi.” “Potrei aver ragione?” scherzò Emily. “Ho assolutamente ragione! Potresti gestire un’attività di mobili su ordinazione per bambini. O persino fare barche, se lo volessi. Hai il talento per fare tutto ciò che ti metti in testa di fare.” Era davvero ovvio per Emily, ma Daniel sembrava sconvolto, come se il pensiero non gli fosse mai passato per la testa. “Non ci avevo mai pensato in questi termini,” disse. “Per me è solo un lavoro, sai.” “Solo un lavoro! Sei troppo umile, a volte,” proseguì Emily. “Quante persone credi che abbiano quel tipo di capacità? Tu hai talento, Daniel. Devi pensare più in grande, a volte.” Invece di incoraggiarlo, le sue parole parvero spingerlo alla ritirata. “Io penso in grande,” mormorò, sulla difensiva. “Ma non sono bravo quanto tu pensi che io sia.” “Non lo penso solo io,” gli disse Emily delicatamente. “Chiaramente lo pensa anche Jack.” Non voleva insistere tanto. Voleva solo che Daniel capisse di avere talento, e che questo talento avrebbe potuto condurlo lontano. Ma lui sembrava ritirarsi, sgonfiandosi sotto al peso della percezione delle cose di lei. Silenziosamente, Daniel abbassò il viso verso la sabbia, raccogliendo sassolini e lanciandoli per la spiaggia. Proprio allora il telefonino di Emily prese a suonare. Sospirò, da un lato sollevata di essere stata salvata per un pelo, ma dall’altra parte frustrata di venire privata della possibilità di approfondire le ragioni dell’apparente cambiamento di umore di Daniel. Rovistò nella borsa e prese il cellulare. Con sorpresa vide che la stava chiamando l’agente immobiliare per l’isola. Il nome le si illuminava davanti come una sorgente di luce. “Sono loro!” esclamò forte, sentendo l’agitazione in fibrillazione nel petto. Daniel alzò brusco lo sguardo da dove stava lanciando sassolini. Dal bagnasciuga, Chantelle si voltò al suono della voce di Emily. “È l’agente!” le urlò Emily attraverso la spiaggia. I due cani rispecchiarono i movimenti di Chantelle, e tutti e tre attraversarono la spiaggia in saltelli verso Emily, sollevando nuvole di sabbia alle loro spalle. Una volta che ebbe raggiunto Emily Chantelle si bloccò sul posto, e i cani corsero loro intorno in cerchi, l’acqua salata del mare che gli si avvinghiava al pelo, abbaiando con la loro comprensione istintiva che stava per accadere qualcosa di entusiasmante. Con respiro irregolare, Emily rispose alla chiamata e la mise subito in vivavoce. La famiglia si affollò in avanti, guardando il telefono in aspettativa. Era come se quella scatolina di plastica avesse in suo potere il loro intero futuro. “Siamo tutti qui,” spiegò Emily. “Sulle spine. Allora, qual è la novità?” Da quando avevano fatto l’offerta, Emily si era preparata al peggio. Anzi, si era decisamente convinta che la cosa non sarebbe andata a frutto, che non avrebbero avuto l’isola. Non era il tipo di cosa che accadeva alle persone normali. Ma nonostante avesse continuato a ripetersi all’infinito che non sarebbe accaduto, era stata incapace di raffreddare il baluginio di entusiasmo che sentiva dentro, quel frammento di speranza che sfidava la parte pessimista della sua mente con il semplice mantra, e se… L’agente parlò, la voce attraversava la linea in crepitii. “È una buona notizia,” disse la donna. “L’offerta è stata accettata. L’isola è vostra!” Emily non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. L’energia statica della linea le aveva fatto sentire quello che voleva? Ma quando alzò lo sguardo sugli occhi di Daniel, li vide brillare di sorpresa ed esultanza. Quando Chantelle balzò in aria e si mise a saltare su e giù, agitando le braccia, Emily seppe che non c’era dubbio. I cani si misero ad abbaiare di fronte alla commozione di Chantelle, facendo un salto con le zampe fradice, impiantandole orme bagnate di sabbia su tutti i vestiti. “Davvero?” balbettò Emily sforzandosi di sentire la voce crepitante attraverso il baccano. “Ce l’abbiamo davvero?” “Ce l’avete davvero,” rispose l’agente. Emily riuscì a sentire il sorriso che aveva nella voce. “Ovviamente ci sono ancora delle carte da firmare e archiviare. Ma sentitevi liberi di andarci a fare un salto nel frattempo.” Terminò con una risatina. Emily era così sconvolta da non riuscire a trovare la voce. Daniel prese il comando, chinandosi più vicino al telefono che era tra loro. “Vuol dire che possiamo andarci adesso?” chiese, lo sguardo fisso su Emily invece che sul telefono. “In quanto proprietari ufficiali?” Dall’apparecchio giunse la voce dell’agente, metallica e robotica, “Sì, assolutamente.” Chantelle allora si chinò e gettò le braccia al collo del padre in modo così esuberante da farlo quasi cadere a terra. “Andiamo sull’isola adesso?” gli urlò nell’orecchio. Daniel sussultò, ma sorrideva apertamente. Le braccia di Chantelle gli stavano avvolte attorno al collo come i tentacoli di un polipo, e lui sollevò le mani per allentarle la presa facendo un cenno con le sopracciglia a Emily. “Che ne dici? Andiamo a vederla attraverso gli occhi dei proprietari?” Emily si toccò la pancia, sentendo la forma della piccola Charlotte dentro di sé. Stava diventando sempre più protettiva a mano a mano che le settimane passavano, e non voleva far subire alla bimba sgradevolezze di sorta. Ma il mare oggi era calmo, ed era sicura che non sarebbe stata male durante il tragitto. “Ok,” disse. Chantelle urlò di gioia. Daniel si curvò sul telefono, quasi urlando adesso per sovrastare il rumore di cani e bambini, sforzandosi mentre Chantelle gli gridava addosso fortissimo tutto il suo entusiasmo. “Ci ha reso estremamente felici,” disse all’agente. “Grazie di tutto.” “Prego, signor Morey,” rispose l’agente. Chiusero la telefonata ed Emily e Daniel posarono la schiena con espressioni sconvolte identiche, entrambi stupefatti mentre cominciavano ad assimilare la loro nuova realtà. Chantelle ronzava attorno, gettando le loro cose a casaccio in una borsa, muovendosi come a velocità doppia. “Dai,” urlò. “Andiamo!” Daniel si mise in azione, si alzò e aiutò Emily a mettersi in piedi. Il porto era a pochi passi di distanza, ma Emily sapeva che avrebbe dovuto prenderla con calma. Chantelle correva avanti con i cani, fermandosi periodicamente per tornare indietro di corsa, raddoppiando di fatto la distanza che copriva in confronto a Daniel ed Emily. Per strada superarono Cynthia e Jeremy, che erano fuori per un giro in bicicletta. “Abbiamo comprato un’isola!” gridò loro Chantelle mentre passavano, salutandoli con la mano. Cynthia si accigliò. “Hai detto un’isola?” le urlò di rimando. “Sì!” gridò Chantelle saltando su e giù. Emily rise. Nessuno avrebbe creduto a quello che avevano fatto, che si fossero comprati un’isola sulla costa del Maine! Ci credeva a stento lei stessa. “Guardate, sono Amy e Harry!” urlò allora Chantelle. Emily strinse gli occhi in lontananza e vide che la coppia innamoratissima se ne stava seduta su una panchina sul margine del porto, in piena conversazione. Sembrava che si trattasse di qualcosa di intenso, con Amy che si sporgeva in avanti e gesticolava ampiamente. Harry che scuoteva la testa enfaticamente con quella che pareva un’espressione severa sul viso. Emily si chiese di nuovo che cosa stesse accadendo a quei due. Le sembrava proprio che stessero litigando. “Pensate che vogliano venire a vedere la nostra isola?” chiese Chantelle. Emily stava per dirle di lasciarli in pace, ma prima di avere la possibilità di rispondere Chantelle era già corsa via. Chantelle era in missione e l’andatura a papera di Emily era troppo lenta per starle dietro. Vide Chantelle raggiungerli, e li osservò allontanarsi di scatto, scioccati dall’interruzione. Non riusciva a udire nulla da quella distanza, ma riuscì a vedere i sorrisi finti su entrambi i loro volti, e gli sguardi tirati nascosti nelle loro espressioni. Per quando lei e Daniel ebbero raggiunto il trio, Chantelle aveva già dato la notizia. Amy si voltò e abbracciò Emily. “Sei pazza, lo sai?” disse l’amica. “Un’isola?!” “È un’estensione della locanda,” cercò di spiegare Emily. “Ma hai appena sistemato la Casa di Trevor.” Amy rise. “E c’è ancora da aprire la spa, e il ristorante.” Fece un cenno verso Harry, che sarebbe stato il manager del nuovo ristorante, una volta aperto. Si scambiarono un’occhiata, con sorrisi chiaramente fasulli, poi Amy distolse rapidamente lo sguardo di nuovo. Non abbastanza rapidamente perché Emily non percepisse la cosa, comunque. Conosceva l’amica alla perfezione. C’era decisamente qualcosa tra lei e Harry. L’agio che di solito esisteva tra loro sembrava tirato. Si chiese che cosa potesse essere. D’un tratto Chantelle interruppe la conversazione con urla ferventi di, “Dai, dai, dai!” Aveva chiaramente perso la pazienza nei confronti della “noiosa” conversazione degli adulti, e stava tirando Amy dalla mano. “Per piacere, possiamo andare sull’isola adesso?” Daniel si rivolse a Harry. “Siete entrambi i benvenuti, se volete venire con noi. Dato che adesso sei sul libro paga, ha senso che ci siate anche voi!” Harry fece un largo sorriso. “Non vedo l’ora che arrivi la grande apertura da Trevor,” disse. “Sono pronto a buttarmici a capofitto!” “Sono contenta di sentirlo,” rispose Emily, raggiante. “Allora, che ne dite? Escursione sull’isola?” Non era certa che l’invito sarebbe stato ben accetto, soprattutto visto che aveva dedotto che avevano interrotto un litigio, che almeno Amy chiaramente non ne era dell’umore, ma Harry parlò per primo, non dandole la possibilità di declinare. “Assolutamente sì,” disse. “Non abbiamo altro da fare oggi, vero, Ames?” Amy guardò rapida Harry, ed Emily le vide l’esasperazione negli occhi per via di qualsiasi cosa fosse rimasta irrisolta tra loro. “Certo,” rispose Amy con tono esageratamente gioviale, come se stesse fingendo di essere felice per il bene di tutti gli altri. Fece un largo sorriso a Emily, ma non riuscì a nascondere alla sua migliore amica il turbamento che aveva negli occhi. Il sorriso le svanì quando comprese di essere stata beccata a fingere. Almeno la sua felicità sembrò genuina quando portò un braccio attorno alle spalle di Chantelle, pensò Emily. “Possiamo anche venire a vedere in quale follia vi siete ficcati adesso!” Sbirciò verso Emily oltre la testa di Chantelle. “Stai bene?” le chiese muovendo solo le labbra Emily. Amy annuì una volta, con decisione, poi rispose, sempre senza far uscire suono, “Ne parliamo dopo.” Qualsiasi atmosfera Emily avesse colto tra Harry e Amy, aveva avuto ragione a pensare che ci fosse qualcosa che non andava. Era preoccupata per l’amica, e determinata a rimanere da sola con Amy per capire la situazione a fondo. Però, per il momento, Emily scelse di concentrarsi sul suo momento felice; una gita in barca con gli amici e la famiglia per andare sull’isola dei loro sogni.
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