Capitolo I-3

1955 Words
Il giorno 24 agosto Glenarvan con sua moglie, il maggiore Mac Nabbs, Mary e Robert Grant, il maestro di casa Oblieght con sua moglie cameriera di Lady Glenarvan, lasciarono Malcolm-Castle tra le commosse effusioni della servitù riunita, e si installarono a bordo. Il Duncan sarebbe partito nella notte tra il 24 ed il 25, approfittando della marea discendente, ma la sera tutti i viaggiatori e tutto l’equipaggio fino all’ultimo fuochista sbarcarono per assistere ad una funzione religiosa nell’antica cattedrale di San Mungo, affollata di fedeli, dove il reverendo Morton invocò sulla spedizione la benedizione divina. Il cielo cominciava a schiarirsi ad oriente quando il Duncan si mise in moto manovrando tra gli ostacoli del golfo della Clyde. Alle sei del mattino usciva dal Canale del Nord e navigava in mare aperto. Durante la prima giornata il mare fu piuttosto agitato, ma all’alba del giorno seguente le signore poterono raggiungere sul cassero i loro uomini ed ammirare il sorgere del sole. - La traversata sarà lunga, mio caro Edward? - chiese Lady Elena a suo marito. - Tocca al capitano risponderci, - rispose Lord Glenarvan, e girò la domanda al capitano. - Andiamo bene? Siete soddisfatto della Vostra imbarcazione, John? - Molto soddisfatto, Vostro Onore; è uno splendido bastimento ed un marinaio gradisce sentirlo sotto i suoi piedi. Viaggiamo alla velocità di 17 miglia orarie. Se potremo conservarla, noi traverseremo l’equatore fra 10 giorni e fra 5 settimane avremo doppiato capo Horn. - Avete sentito, Mary, - disse Lady Elena - tra 5 settimane! - Sì, Signora, - rispose la ragazza - ed il mio cuore ha battuto forte alle parole del capitano. - E come sopporti questa navigazione, Mary? - le chiese il Lord. - Bene, Milord, e senza troppi disturbi. - Ed il nostro Robert? - Oh, Robert, quando non è attaccato alle macchine, si sta occupando degli alberi; è tipo che non soffre il mal di mare. Tutti gli sguardi si rivolsero verso l’albero di mezzana, e così poterono vedere Robert sospeso in aria all’altezza di 100 piedi. Il capitano disse che lui avrebbe risposto personalmente dell’incolumità del ragazzo. - Il Cielo vi ascolti, capitano, - disse la sorella. Il Lord affermò che loro non viaggiavano per divertimento, ma perché erano spinti dal senso del dovere nei confronti dei naufraghi. Sua moglie gli rispose che egli era il migliore degli uomini. No, replicò suo marito, ma io ho il migliore equipaggio sulla migliore delle navi. E Voi, miss Mary, ammirate anche Voi il nostro Duncan? Certamente, Milord, rispose la ragazza, l’ammiro da vera conoscitrice. Io ho giocato sin da piccola sulle navi di nostro padre; avrebbe voluto far di me un marinaio, e, se fosse necessario, non sarei imbarazzata a intrecciare una garzette. - Cosa state dicendo, miss, - disse il capitano. - Se voi parlate così, aggiunse il Milord, voi vi farete un amico nella persona del capitano, dato che non concepisce altro che lo stato di marinaio. Non vede altra professione per una donna. È vero, John? - Certamente, Vostro Onore - rispose il giovane capitano - e confesso che miss Grant si trova più a suo agio sul cassero che ad avvolgere una vela di parrocchetto. Lady Elena, stendendo le lodi formulate sul conto del Duncan fece presente che desiderava visitare tutta la nave, sino in fondo, e vedere in qual modo erano sistemati nell’interponte gli uomini dell’equipaggio. Il lord dette tutte le assicurazioni possibili a sua moglie sulla sistemazione dei componenti l’equipaggio; ed arrivò a dire che la sua nave era una porzione della vecchia Caledonia. La signora pregò suo marito di fare gli onori di casa, dopo aver dato disposizioni al signor Olbinett perché facesse trovare pronto il pranzo alla fine del loro giro di visita alla nave. Olbinett dette tutte le assicurazioni possibili al Lord, dopo di che la visita ebbe inizio, lasciando il maggiore Mac Nabbs avvolto nelle nuvole di fumo del suo sigaro; egli parlava tra sé e sé secondo il suo solito, ma ad un certo momento si voltò indietro e si trovò faccia a faccia con una persona che gli era del tutto sconosciuta. Se Mac Nabbs fosse stato capace di provare sorpresa, quella sarebbe stata un’occasione unica. Si trattava di un signore allampanato di forse quarant’anni, simile ad un lungo chiodo con una grossa testa; ma la testa era larga e forte, la fronte alta, il naso affilato, la bocca grande ed il mento sporgente. Gli occhi erano riparati dietro due enormi lenti rotonde e lo sguardo sembrava avere quella specie di indecisione che è caratteristica dei nittalopi, capaci di vedere anche nella più profonda oscurità. Lo sconosciuto era abbigliato con un berretto da viaggio, ghette di cuoio ed abito di velluto marrone, le tasche del quale straboccavano di oggetti di ogni genere, senza contare un cannocchiale che portava a tracolla. L’enigmatico personaggio, dopo aver girato, guardato, interrogato con gli occhi, si dedicò all’esame del mare servendosi del proprio cannocchiale lungo più di un metro, poi vi si appoggiò come avrebbe fatto con un bastone, ma quello, rientrando improvvisamente in se stesso, poco mancò che non lo mandasse a gambe levate sul ponte. Chiunque avrebbe perlomeno sorriso, ma non il maggiore che non batté ciglio. Passava per fortuna sul cassero il maestro di casa Olbinett e lo sconosciuto lo abbordò: - Siete voi lo «steward» della nave? - Sì, signore, sono io - rispose quegli sbalordito; - ma veramente non ho l’onore... - Sono il passeggero della cabina n. 6, e voi come vi chiamate? - Mi chiamo Olbinett. - Ebbene, Olbinett, amico mio, sono trentasei ore che non mangio ed anche di più che non dormo, poiché sono venuto difilato da Parigi a Glasgow. A che ora si va a tavola? - Alle nove, signore, - rispose macchinalmente il maestro di casa. Lo sconosciuto volle consultare il proprio orologio, ma l’impresa non fu facile, perché l’orologio fu rintracciato soltanto dopo che ebbe frugato nove tasche. - Ah, sono solo le otto. Bene, Olbinett, datemi allora un biscotto ed un bicchiere di sherry perché muoio di fame. - Ebbene, - continuò - dov’è il capitano? E il secondo? Dormono tutti? Del resto il tempo è buono ed il vento favorevole e la nave cammina da sola. John Mangles veniva in quel momento dalla scala del cassero e lo sconosciuto lo investì senz’altro, esclamando: - Siete voi il capitano? Lusingato, lusingato, capitano Burton, di fare la vostra conoscenza. Lo stupore si dipingeva sul volto di John Mangles, ma lo sconosciuto imperturbabile continuò: - Permettetemi di stringervi la mano. Avrei dovuto farlo fin dall’altra sera, ma so che al momento della partenza non bisogna disturbare. Oggi sono veramente felice di conoscervi. E poiché la presentazione è fatta, mio caro capitano, eccoci vecchi amici. Chiacchieriamo un po’; siete contento del vostro Scotia? - Ma che cosa intendete voi per Scotia? - riuscì finalmente a domandare John Mangles. - Ma come? Lo Scotia, la nave che ci trasporta e della quale ho sentito decantare le virtù, come pure quelle del suo comandante capitano Burton. Siete parente dell’esploratore d’Africa che aveva il vostro stesso nome? Se sì, vi faccio i miei complimenti, signore: era un valoroso. - Signore, - esclamò Mangles - non solo non sono parente dell’esploratore, ma non sono neppure il capitano Burton. - Ah, ho capito? Forse parlo col comandante in seconda. Allora siete il signor Burdness? John Mangles soffocava, ma la verità cominciava a farsi strada nel suo spirito, quando apparvero dalla scaletta Lord Glenarvan e le due donne. Lo sconosciuto esclamò: - Ah, finalmente dei passeggeri! Benissimo! Signor Burdness, spero che mi vorrete presentare... Ma senza attendere la presentazione lo sconosciuto si inchinò alle signore, chiamando «signora» Mary e «miss» Lady Glenarvan. - Lord Glenarvan, - disse John Mangles. - Milord, - rispose lo sconosciuto - scusate se mi presento da solo, ma in mare bisogna chiudere un occhio sull’etichetta; spero che ci conosceremo presto e che per merito della compagnia delle signore la traversata dello Scotia ci sembrerà non solo breve, ma gradevole. Né le signore né gli uomini comprendevano nulla e Lord Glenarvan disse allora: - Signore, a chi ho l’onore di parlare? - A Giacomo Eliacinto Francesco Maria Paganel, segretario della Società di Geografia di Parigi, membro corrispondente delle Società di Berlino, Bombay, Darmstadt, Lipsia, Londra, Pietroburgo, Vienna, New York; membro onorario del Reale Istituto Geografico ed Etnografico delle Indie Orientali; il quale, dopo aver passato venti anni della sua vita a fare la geografia di tavolino, ha voluto entrare nella scienza militante ed è diretto in India per coordinare tra loro i lavori dei grandi viaggiatori. Il Segretario della Società di Geografia di Parigi non era ignoto a Lord Glenarvan e si mostrava per di più uomo molto compìto sicché il Lord non ebbe difficoltà a stendergli la mano mentre gli diceva: - Lietissimo; ma volete permettermi di rivolgervi una domanda? - Anche venti, milord. - Siete proprio arrivato a bordo l’altro ieri sera? - Sì, alle otto. Ero saltato dal treno in una vettura, e da questa a bordo dello Scotia, sul quale, da Parigi, avevo, fatto prenotare la cabina n. 6. Era buio, non vidi nessuno e mi gettai sul letto dove, stanco com’ero, dormii per trentasei ore difilate. - Così, signor Paganel, - disse Lord Glenarvan - è Calcutta la vostra mèta? - Sì, milord. Visitare l’India è stato il sogno di tutta la mia vita. - Ma, vediamo, non vi interesserebbe di vedere invece un altro paese? - Eh no, sarebbe una cosa molto sgradevole, tanto più che ho delle commendatizie per il Governatore Generale e una missione da compiere. Si tratta di riconoscere il corso del Yaru-Dzangbo-Tciu, che irriga il Tibet su di un percorso di 1500 chilometri... - Signor Paganel, - riprese Lord Glenarvan dopo una breve esitazione - sarebbe senza dubbio un’impresa meritoria, ma bisogna che vi disinganni. Non vedrete l’India, per ora. - Ma come?! E perché mai? - Perché alla penisola indiana abbiamo già voltato il dorso. - Eppure, il capitano Burton... - Io non sono il capitano Burton, - intervenne John Mangles. - Ma... lo Scotia? - Questa nave non è lo Scotia. Impossibile descrivere lo sbalordimento di Paganel; guardava volta a volta i suoi interlocutori tra costernati e sorridenti, quando i suoi occhi si fissarono sulla ruota del timone, che recava le parole «Duncan-Glasgow». Gettò un grido di disperazione e si precipitò per la scaletta del cassero mentre un irrefrenabile scoppio di risa echeggiava su tutto il bastimento. - Non c’è da stupirsi - osservò Lord Glenarvan; - Giacomo Paganel è conosciuto, non solo per la sua dottrina, ma anche per le sue distrazioni; ora potrà, o venire con noi, oppure scendere al primo approdo. In quel momento Paganel, che aveva voluto assicurarsi della presenza dei suoi bagagli, risaliva in coperta; andava e veniva interrogando cielo, mare ed alberatura e mormorando «Il Duncan! Il Duncan!» Sembrò ad un tratto convinto e si decise a domandare: - Ma questo Duncan dove va? - In America, e precisamente a Conception, nel Cile; - gli rispose Lord Glenarvan. - Nel Cile! - esclamò il disgraziato geografo. - E la mia missione in India? Come potrò giustificarmi? - Vediamo, signor Paganel, non disperatevi; con un piccolo ritardo tutto potrà aggiustarsi e il Yaru-Dzangbo-Tciu vi aspetterà. Approderemo a Madera da dove qualche nave vi riporterà in Europa. Intanto vi prego di approfittare liberamente dell’ospitalità che vi offro su questo mio panfilo, - disse con molta cortesia Lord Glenarvan. - Vi sono molto grato, milord; ma scusatemi: l’India è un paese meraviglioso che forse le signore non conoscono. Dal momento che siete in viaggio di piacere non potreste far dare un giro di ruota al timone e dirigervi verso Calcutta invece che?... - Ma l’energico scuotimento di testa di tutti i suoi interlocutori gli impedì di completare la sua domanda. - Signor Paganel, - intervenne Lady Elena - se si trattasse di un viaggio di piacere direi volentieri: «Andiamo in India» e certamente Lord Glenarvan non mi disapproverebbe. Ma il Duncan va a rimpatriare dei naufraghi abbandonati sulla costa della Patagonia e non può modificare un programma dettato dall’umanità. In pochi minuti il francese fu informato e riconobbe lui stesso che non era il caso di perdere neppure un giorno. - E perché, signore, - insinuò Lady Elena - non vi assocereste alla nostra impresa? - Impossibile, signora; ho un incarico e bisogna che lo adempia. Sbarcherò quindi al vostro prossimo approdo. - A Madera, allora, - disse John Mangles. Paganel approfittò dell’ospitalità offertagli dimostrandosi estremamente amabile. Studiò anche il famoso documento, della cui interpretazione si mostrò più che sicuro.
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