Due

1014 Parole
Chiudo l'armadietto praticamente sbattendolo, per poi poggiare la fronte sul suo metallo freddo. Non posso credere che dovrò passare davvero due ore in questo posto a fare qualcosa di orribile come ripulire la palestra. «Cioè tu mi dici di ignorarli e poi finisci in punizione per una rissa con David?» Lancio un'occhiataccia a Daniele, che se infierisce un'altra volta potrebbe finire chiuso a chiave nel mio armadietto. «Ma quale rissa! Quel coglione ha fatto tutto da solo» Sbuffo, cercando di lisciare con le mani i capelli corvini che cominciano a perdere la perfezione data dalla piastra di questa mattina. Odio scompormi. «Se vuoi n'approfitto per tirargli quei quattro schiaffi che vorrei dargli da sempre» Si intromette Marco, e io capisco che se continuo a restare con loro il mio livello già alto di nervosismo non farà altro che salire ancora di più. «Beh io vado» Saluto i miei amici agitando la mano e dò due baci sulle guance ad Erika e Margherita, per poi avviarmi verso la palestra che dovremo provare a ripulire in due ore. Quando la raggiungo però non sento altro rumore se non l'eco dei miei passi, e mi chiedo se Damiano se la sia svignata. Insomma, non mi dispiacerebbe per niente se non mi servisse una mano per ripulire tutto. Poi però lo vedo, seduto a terra con una sigaretta tra le labbra e il cellulare tra le mani. «Scusa? Non si può fumare qui, guarda che ci sono gli allarmi antincendio!» Annuncio la mia presenza rimproverandolo, e lui non ne sembra così felice. Lui alza piano la testa, guardandomi scocciato con gli occhi contornati di matita scura. Mi osserva per qualche secondo senza dire nulla, mettendomi a disagio, e io mi sistemo il maglioncino in lino sulle spalle per cercare di dissimulare il mio imbarazzo. «Mollami» Dice poi, serio, facendo un altro tiro dalla sua sigaretta. Aggrotto le sopracciglia, infastidita, e quasi quasi sarebbe stato meglio se se ne fosse andato. «Dobbiamo mettere a posto tutto» «Tu devi mettere a posto tutto.» Mi corregge, con un ghigno divertito sulle labbra, e io vorrei tirargli un calcio su quei denti perfettamente dritti. Faccio un respiro profondo, troppo nervosa per gestire anche la sua presenza irritante. Poi mi lego i capelli in un'ordinatissima coda bassa, e appoggio il mio zaino a terra di fianco a lui. «Io pulisco la mia metà, tu fai quello che ti pare. Non ti coprirò un'altra volta» Lo avviso, per poi smettere di prestargli attenzione, girandomi e dando inizio alle pulizie di primavera che i bidelli non possono fare da soli evidentemente. Porto metà dei palloni sparsi per il campo nel magazzino, riordino metà dei birilli gialli sullo scaffale e pulisco la palestra esattamente fino alla riga bianca centrale. Nel mentre Damiano rimane seduto tutto il tempo a guardarmi mentre mi dò da fare in modo piuttosto goffo, e non perché lo sia di mio ma perché mi innervosisce essere osservata. Mi piego e cerco a fatica di rimuovere dal pavimento una macchia ostinata che non voglio sapere da cosa sia stata prodotta, e devo trattenere i conati di vomito finché la mia spugnetta ormai sporca non finisce di fare il suo dovere. «Non pensavo che una come te fosse in grado di pulire i pavimenti» Interrompo il mio lavoro per guardare il moro con fare scocciato, non capendo perché non possiamo semplicemente evitare di parlarci per due ore. «Una 'come me'?» Ripeto le sue parole con un sopracciglio alzato, anche se so perfettamente cosa intende non capisco da dove prenda la presunzione di poter giudicare senza conoscermi. «Sì insomma, una riccona con la puzza sotto il naso» Per la seconda volta in un giorno la sua eccessiva sincerità mi turba e mi irrita allo stesso tempo. «Tu non mi conosci» Gli ricordo, poggiando le mani sui fianchi e abbandonando a terra la spugna così impregnata di sporcizia che ormai è da buttare. «Conosco quelle come te» Ribatte, alzandosi, e il modo dispregiativo in cui lo dice mi fa sentire offesa. Si volta per dirigersi verso il centro del campo da calcio, ma adesso sono io quella che lo disturba. «Sei solo un presuntuoso, io e te non ci siamo neanche mai parlati e pretendi già di capire chi sono!» Lo accuso, piccata, ma dal modo in cui il mio tono lo fa quasi ridere capisco che forse dovrei essere meno educata e prendere almeno un po' della sua sfrontatezza. «A te e agli amici tua 'nce bisogno de capivve, siete così superficiali che tutto quello che siete se capisce solo guardandove» E devo dire che quelle parole un po' mi bruciano. Non tanto perché mi importa del suo pensiero, infondo anch'io ho una bassa opinione di lui e non ho nessun bisogno della sua approvazione. Mi fa male più che altro perché immagino che sia il modo in cui ci vedono anche tutti gli altri, e io so di non essere così. Ho lavorato così tanto per creare una me stessa che fosse vista da tutti come una ragazza dalla vita perfetta, il cui problema più grande fosse scegliere le scarpe da indossare, che forse ho finito per crederci troppo anche io. «È sbagliato pensare di conoscere chi non si conosce affatto» Rispondo semplicemente, slegandomi i capelli volendo solo trovare una sedia su cui sedermi e stare in silenzio per la prossima ora e mezza. «Oh, andiamo! È quello che tu e i coglioni con cui esci fate con noi da 'na vita» A differenza mia è come se lui non fosse mai minimamente turbato dalle parole che gli vengono dette, forse perché è sicuro di sé o forse semplicemente perché lo tocca solo ciò che viene detto dalle persone importanti per lui. «Mi stai solo dimostrando che abbiamo sempre avuto ragione.» Concludo, scocciata dal suo essere eccessivamente diretto anche con me che sono ancora meno di una sconosciuta per lui. Lui mi guarda con un mezzo sorriso strafottente stampato sulle labbra screpolate, quindi sbuffo un'ultima volta prima di girare i tacchi ed uscire da quella stanza in cerca di un posto in cui sedermi.
Lettura gratuita per i nuovi utenti
Scansiona per scaricare l'app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Scrittore
  • chap_listIndice
  • likeAGGIUNGI