Tre

1019 Parole
Dopo mezz'ora passata da sola nell'aula delle punizioni, anche Damiano torna dalla palestra. Si vede che alla fine ha ripulito la sua parte. Lo ignoro guardando il cellulare e pregando solo che non si metta a parlare, non ne ho voglia e le poche parole che ci ho scambiato oggi hanno solo riconfermato la mia prima impressione. Ovviamente però le cose non possono mai andare come voglio fino infondo, e me ne accorgo quando il moro comincia a picchiettare fastidiosamente le dita sul banco. Alzo gli occhi al cielo ma decido di stare zitta nella speranza che la smetta presto, però la situazione peggiora e basta. Infatti contemporaneamente alla mano comincia a battere a terra anche il piede in un gesto nervoso, facendomi salire il sangue al cervello. «Puoi smetterla per favore?» Gli chiedo dopo un po', spazientita, e in tutta risposta lui interrompe subito il suo tic irritante. «India» Dice tutto d'un tratto, facendomi rabbrividire. Fingendomi disinvolta gli rivolgo una semplice occhiata interrogativa, cercando di capire dove vuole andare a parare. E io che pensavo che dal preside non stesse neanche ascoltando. «Non sapevo che ti chiamassi così» Mi fa sapere, e io distolgo lo sguardo per evitare di arrossire come un'imbranata, cosa che accade tipicamente in tutte le situazioni imbarazzanti in cui mi trovo. «Non uso molto il mio nome» «Perché?» «Non so, insomma, tutti mi chiamano Didi da una vita» Mento, sperando solo che questo improvviso interesse verso il mio nome sparisca velocemente come è nato. Lui annuisce, e io mi chiedo cosa diavolo faremo per la prossima ora se non riusciamo neanche a fare una conversazione che duri più di un minuto. Non che ci tenga o che ci abbia provato particolarmente, ma se ogni volta va a parare su temi personali è inevitabile che chiuda subito il discorso. Annoiata comincio a guardarmi intorno, iniziando a contare il numero di quadrati presenti sul soffitto dell'aula. Una volta constatato che sono 32, riprendo con lo sguardo il mio giro turistico della classe, fino a soffermarmi per sbaglio sulla figura di Damiano. Penso sia una delle poche persone in questa scuola con cui non ho scambiato neanche mezza parola in cinque anni fino ad oggi, perché ho sempre cercato di rimanere fuori dai litigi quasi quotidiani tra il suo gruppo e i miei amici. E adesso guardandolo mi viene in mente che forse non mi è neanche mai capitato di averlo a distanza di due banchi e di osservarlo con un po' più di attenzione. È concentrato sul cellulare come se stesse facendo qualcosa di importante, le sopracciglia folte sono corrugate e la mandibola contratta. Non sono sicura che sembri così sull'attenti perché sta succedendo qualcosa, credo piuttosto che questa sia la sua espressione perenne anche da rilassato. I suoi capelli sono un po' più corti degli altri anni da quanto ricordo, e gli vanno in ciocche davanti al viso squadrato. Non so cosa faccia impazzire così tanto le ragazze che incontra, insomma di bei ragazzi molto meno sbruffoni di lui ce ne sono miliardi. «Hai finito de fissarme?» Mi riscuoto immediatamente e torno a guardare davanti a me, presa in pieno, arrossendo leggermente e maledicendolo per il suo essere eccessivamente diretto. «Non ti stavo fissando» «Ah no?» «No.» Taglio corto, rivolgendogli un'occhiata sprezzante per fargli capire che non ha bisogno di fare alcuna insinuazione. «Guarda che 'nme scandalizzo, non sei né la prima né l'ultima» Insiste, più per irritarmi che perché lo pensi davvero, facendomi l'occhiolino e passandosi la lingua sulle labbra screpolate. «Mi dispiace deluderti ma non sei proprio il mio tipo» Lo contraddico, sfoggiando un sorriso eccessivamente largo che sprizza strafottenza da tutti i pori. Si può parlare in altro modo con questo ragazzo? «Biancaneve, mi chiamo Damiano David. Sono il tipo di tutti» Annuncia pavoneggiandosi, e io alzo gli occhi al cielo perché se pensavo che i miei amici avessero toccato il fondo, ho scoperto che esiste un livello di egocentrismo ancora maggiore. «Hai un ego un po' gonfiato non ti pare?» «Non sono mai stato smentito» Ribatte, incrociando le braccia al petto, e c'è qualcosa nella sua sicurezza che mi fa capire perché qualche ragazza potrebbe dire di trovarlo attraente. Non io, in ogni caso. «C'è sempre una prima volta» Non voglio dargliela vinta, e se posso smontare anche solo di poco l'ego eccessivo che si ritrova posso andare avanti a provarci anche fino a stanotte. «Sai quante ne ho conosciute di riccone snob che me guardavano dall'alto in basso? Mille, e so' finite tutte nel mio letto» Lo dice in modo così serio che non ho dubbi che sia vero, eppure lui non mi conosce abbastanza per sapere che avere un bel visino non basta neanche lontanamente per portarmi a letto. «Sbruffone esibizionista» Borbotto, alzandomi in piedi con un sospiro di sollievo non appena noto che le due ore di tortura sono finite. Come minimo non voglio più vedere la faccia di questo individuo fino a Venerdì prossimo. «È vero che c'è una festa da te stasera?» Chiede, sfoggiando un sorriso smagliante, e io vorrei sfondarmi la testa contro al muro. «Non sei invitato» «Non serve un invito» «Non hai niente di meglio da fare?» Domando, irritata, cercando la pazienza per non essere eccessivamente maleducata anche se la tentazione è tanta. «Voglio bere gratis» Gemo di frustrazione sfoggiando la mia migliore espressione disperata, per poi riprendere la mia strada e uscire finalmente da quella classe che è stata luogo di grande frustrazione oggi. «È un bel nome comunque» Mi giro verso Damiano, non sicura che si stia riferendo a me, per poi alzare un sopracciglio con fare interrogativo quando noto che mi sta guardando, poggiato allo stipite della porta dell'aula. «Eh?» «India. È un bel nome, dovresti usarlo» Lo guardo confusa per qualche istante, non capendo se sia serio o se mi stia prendendo in giro. Ogni volta che penso che si sia dimenticato di un argomento o che abbia lasciato perdere, lui ci torna sopra dopo ore e ore. «Buon weekend» Mi limito a dire, prima di congedarmi ed uscire al più presto dalla scuola. Questo ragazzo è bello strano.
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