Capitolo 4-2

1324 Parole
Una macchina nera simile a quella che ci ha condotti all’aeroporto ci aspetta quando scendiamo dall’aereo. Lucas assume ancora una volta il ruolo del nostro autista, mentre Julian continua a lavorare sul portatile, apparentemente assorto nella sua attività. Non mi importa. Sono troppo presa a fissare il panorama mentre attraversiamo le strade trafficate. Bogotá ha una certa atmosfera da 'Altri Tempi' che trovo affascinante. Vedo le tracce del suo patrimonio spagnolo ovunque, mescolate a un sapore unicamente latino. Mi fa venir voglia di arepas—dolci di mais che acquistavo in un chiosco colombiano ambulante nel centro di Chicago. "Dove stiamo andando?" chiedo a Julian quando l’auto si ferma davanti a una vecchia chiesa imponente in un quartiere dall’aspetto lussuoso. Non ho mai pensato che il mio rapitore fosse un tipo da chiesa. Invece di rispondere, scende dalla macchina e mi tende la mano. "Vieni, Nora" dice. "Non abbiamo molto tempo." Tempo per cosa? Vorrei fargli altre domande, ma so che è inutile. Non mi risponderà. Mettendo la mano nel grande palmo di Julian, scendo dalla macchina e lascio che mi porti verso la chiesa. Per quanto ne sappia, incontreremo alcuni dei suoi collaboratori qui—anche se il motivo per cui mi voglia con sé non mi è affatto chiaro. Entriamo da una piccola porta laterale e ci ritroviamo in una sala piccola, ma ben arredata. Delle panche di legno in stile antico sono allineate lungo le pareti, e c’è un pulpito con un’intricata croce sulla parte anteriore. Non so perché mi sento nervosa. Un pensiero folle e improbabile mi passa per la mente e le mie mani cominciano a sudare. "Uhm, Julian . . ." Alzo lo sguardo e vedo uno strano sorriso sul suo volto. "Perché siamo qui?" "Non lo immagini proprio, gattina mia?" dice a bassa voce, girandosi verso di me. "Siamo qui per sposarci." Per un momento, tutto quello che riesco a fare è guardarlo senza parlare, in stato di shock. Poi una risata nervosa mi sfugge dalla gola. "Stai scherzando, vero?" Alza le sopracciglia. "Se sto scherzando? No, per niente." Mi prende di nuovo la mano, e sento che sta facendo scorrere qualcosa sul mio anulare sinistro. Con il cuore che batte all’impazzata, mi guardo la mano sinistra, incredula. L’anello somiglia a qualcosa che indosserebbe una star di Hollywood—una fascia sottile, tempestata da diamanti con una grossa pietra che brilla al centro. È delicato e appariscente allo stesso tempo, e la misura è assolutamente perfetta, come se fosse stato creato apposta per me. La stanza si dissolve davanti ai miei occhi, con macchie di luce che danzano negli angoli della mia vista, e mi rendo conto che ho letteralmente smesso di respirare per alcuni secondi. Cercando disperatamente di respirare, guardo Julian, mentre tutto il mio corpo comincia a tremare. "Tu . . . tu vuoi sposarmi?" La mia voce esce come una specie di sussurro inorridito. "Certo." Socchiude leggermente gli occhi. "Altrimenti perché ti avrei portata qui?" Non so come rispondere; tutto quello che posso fare è guardarlo, sentendomi come se stessi andando in iperventilazione. Matrimonio. Matrimonio con Julian. Le due cose semplicemente non possono coesistere. Il matrimonio e Julian sono così distanti nella mia mente che tanto varrebbe che fossero su poli opposti del pianeta. Quando penso al matrimonio, lo immagino nel contesto di un piacevole, ma lontano futuro—un futuro che vede un marito esemplare e due bambini rumorosi. In quell’immagine, ci sono un cane e una casa in periferia, partite di calcio e picnic. Non c’è un assassino con il viso di un angelo caduto, né un bel mostro che mi fa urlare tra le sue braccia. "Non posso sposarti." Le parole mi escono prima che io possa ripensarci. "Mi dispiace, Julian, ma non posso." Il suo volto si rabbuia. In un lampo, è su di me, con un braccio avvolto intorno alla mia vita, e l’altra mano che mi stringe la mascella. "Hai detto di amarmi." La sua voce è dolce, ma sento la minaccia nascosta. "Mi hai mentito?" "No!" Tremando, incrocio lo sguardo furioso di Julian, spingendo impotentemente le mani sul suo ampio torace. Sento il peso dell’anello al dito e il mio panico cresce. Non so come spiegarglielo, come fargli capire una cosa che riesco a malapena a capire io. Voglio stare con Julian. Non posso vivere senza di lui, ma il matrimonio è una cosa completamente diversa, una cosa che non ha nulla a che vedere con il nostro contorto rapporto. "Ti amo davvero! Lo sai—" "Allora perché vuoi rifiutarmi?" chiede, con gli occhi neri dalla rabbia. Rafforza la stretta sulla mia mascella, affondando le dita nella mia pelle. Gli occhi cominciano a bruciarmi. Come posso spiegare la mia riluttanza? Come posso dirgli che non riesco a vederlo come marito? Che fa parte di una vita che non avrei mai immaginato, che non avrei mai voluto, e che sposarlo vorrebbe dire rinunciare a quel vago e remoto sogno di un futuro normale? "Perché vuoi sposarmi?" chiedo disperatamente. "Perché vuoi qualcosa di così tradizionale? Sono già tua—" "Sì, lo sei." Si china in avanti fin quando il suo viso è a pochi centimetri dal mio. "E voglio un documento legale che lo attesti. Sarai mia moglie, e nessuno potrà mai portarti via da me." Fisso Julian, con il petto che mi si stringe mentre comincio a capire. Questo non è un dolce gesto romantico da parte sua. Non lo sta facendo perché mi ama e vuole formare una famiglia. Non sarebbe da Julian. Il matrimonio legittimerebbe che sono di sua proprietà, tutto qui. Sarebbe una forma diversa di possesso, una forma più permanente . . . e qualcosa dentro di me trema al solo pensiero. "Mi dispiace" dico, raccogliendo il coraggio. "Non sono pronta per questo. Possiamo parlarne un’altra volta?" La sua espressione si indurisce, e i suoi occhi si trasformano in frammenti di ghiaccio blu. Fa un passo indietro, lasciandomi andare di colpo. "Va bene." La sua voce è fredda come il suo sguardo. "Se è questo che vuoi, gattina mia, faremo come vuoi tu." Raggiungendo la tasca, tira fuori uno smartphone e comincia a digitare. Una strana sensazione si annida nel mio stomaco. "Cosa stai facendo?" Vedendo che non risponde, ripeto la domanda, cercando di non sembrare in preda al panico. "Julian, cosa stai facendo?" "Una cosa che avrei dovuto fare molto tempo fa" risponde alla fine, guardandomi mentre rimette il telefono in tasca. "Lo sogni ancora, non è vero? Quel ragazzo che un tempo volevi?" Il mio cuore smette di battere per un secondo. "Cosa? No! Julian, te lo giuro, Jake non ha nulla a che fare con questo—" Mi interrompe con un secco gesto sprezzante. "Avrei dovuto eliminarlo dalla tua vita molto tempo fa. Ora voglio porre rimedio a questa svista. Forse così accetterai che ora stai con me, non con lui." "Sto con te!" Non so cosa dire, come convincere Julian a non farlo. Facendo un passo verso di lui, gli prendo le mani, mentre il calore della sua pelle mi brucia le dita congelate. "Ascoltami, amo te, solo te. Non provo più niente per lui da molto tempo!" "Bene." La sua espressione non si addolcisce, e piega le dita intorno alle mie, imprigionandole nella sua stretta. "Allora non dovrebbe importarti di quello che gli succede." "No, non è così che funziona! Mi importa perché è un essere umano, un innocente, e per nessun altro motivo!" Sto tremando come una foglia ora, e mi battono i denti. "Non merita di essere punito per i miei peccati—" "Non mi importa di cosa merita." La voce di Julian mi colpisce come una frusta, mentre stringe la presa sulle mie mani per tirarmi più vicino. Abbassandosi, sussurra: "Lo voglio fuori dalla tua testa e dalla tua vita, hai capito?" Il bruciore agli occhi si intensifica, e mi si appanna la vista a causa delle lacrime non versate. Nonostante il velo di nebbia che mi offusca la mente, mi rendo conto che c’è solo una cosa che io possa fare per fermare tutto questo—che c’è solo un modo per evitare la morte di Jake. "Va bene" sussurro sconfitta, fissando il mostro di cui ero innamorata. "Lo farò. Ti sposerò."
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