Capitolo 4-3

1271 Parole
L’ora successiva sembra surreale. Dopo aver chiamato i suoi scagnozzi, Julian mi presenta ad un uomo rugoso e vecchio vestito da prete cattolico. L’uomo non parla l’inglese, così annuisco e fingo di seguire mentre dialoga con me in spagnolo. È imbarazzante ammetterlo, ma quel poco di spagnolo che conosco è quello che ho imparato al liceo. Quando ero piccola, i miei genitori parlavano in inglese a casa, e non ho trascorso abbastanza tempo con la mia abuela per imparare qualcosa in più oltre a qualche frase elementare. Quando la mia presentazione davanti al sacerdote è finita, Julian mi conduce in un’altra stanza, un piccolo ufficio con una scrivania e due sedie. Appena arriviamo lì, due giovani donne entrano nella stanza. Una di loro porta un lungo abito bianco, mentre l’altra ha le scarpe e gli accessori. Sono simpatiche ed emozionate, chiacchierando con me in un mix di spagnolo e inglese mentre cominciano a sistemarmi i capelli. Cerco di rispondere con gentilezza; tuttavia, le mie risposte appaiono goffe e impacciate, a causa del groppo in gola che mi impedisce di comportarmi come la giovane sposa ansiosa che si aspettano di vedere. Notando la mia mancanza di entusiasmo, Julian mi rivolge un’occhiataccia, e poi scompare, lasciando che le donne si prendano cura di me. Quando finiscono di farmi bella, sono esausta sia mentalmente che fisicamente. Anche se Chicago e Bogotá hanno lo stesso fuso orario, mi sento stordita e completamente priva di energie. Uno strano intorpidimento prende il sopravvento, allentando la tensione nel mio stomaco. Sta succedendo. Sta succedendo davvero. Io e Julian ci sposiamo. Il panico che mi aveva pervasa è scomparso, lasciando il posto alla rassegnazione. Non so cosa mi aspettassi da un uomo che mi ha tenuta prigioniera per quindici mesi. Una ragionevole discussione sui pro e i contro del matrimonio a questo punto della nostra relazione? Mi prendo in giro tra me e me. Sì, certo. Col senno di poi, è chiaro che la nostra separazione durata quattro mesi abbia offuscato i miei ricordi di quelle terrificanti settimane iniziali sull’isola—che in qualche modo ero riuscita a idealizzare il mio rapitore nella mia mente. Avevo scioccamente cominciato a credere che le cose avrebbero potuto essere diverse tra noi, che avrei potuto decidere cosa fare della mia vita. "Fatto." La donna che mi stava sistemando i capelli mi rivolge un raggiante sorriso, distogliendomi dai miei pensieri. "Bellissima señorita, molto bella. Ora, per favore, il vestito, e poi sistemeremo anche il viso." Mi danno delle sottovesti di seta da abbinare all’abito e poi si allontanano con tatto, concedendomi un po’ di privacy. Non volendo aspettare ulteriormente, mi cambio in fretta e indosso il vestito—che, come l’anello, mi si adatta perfettamente. Ormai mancano solo il trucco e gli accessori, e le due donne sono bravissime in questo. Dieci minuti dopo, sono pronta per il mio matrimonio. "Vieni a vedere" dice una di loro, portandomi verso l’angolo della stanza. Lì c’è uno specchio grande che non avevo notato prima e fisso attonita l’immagine riflessa, riconoscendomi a stento. La ragazza nello specchio è bella e sofisticata, con i capelli abilmente raccolti e il trucco raffinato. L’abito in stile sirena è perfetto per il suo fisico esile, con un corpetto che mostra la dolce pendenza del suo collo e delle spalle. Due orecchini di diamanti a forma di lacrima decorano i suoi piccoli lobi, e una collana abbinata le illumina il collo. È esattamente come dovrebbe essere una sposa . . . soprattutto se si ignorano le ombre nei suoi occhi. I miei genitori sarebbero così orgogliosi. Quel pensiero mi balena dal nulla, e mi rendo conto per la prima volta che sto per sposarmi senza la mia famiglia, che i miei genitori non vedranno la loro unica figlia in quel giorno speciale. A quel pensiero, un dolore sordo si diffonde nel mio petto. Non ci sarà lo shopping con mia madre per trovare l’abito da sposa giusto, né l’assaggio della torta con mio padre. Nessuna festa di addio al nubilato con le amiche in un club di spogliarellisti. Provo ad immaginare come reagirebbe Julian a qualcosa di simile e una risatina inaspettata mi sfugge dalle labbra. Ho il forte sospetto che quei poveri spogliarellisti lascerebbero il locale in sacchi di plastica se mi avvicinassi a loro. Qualcuno bussa alla porta e interrompe le mie riflessioni semi-isteriche. Le donne si precipitano ad aprire e sento Julian che parla con loro in spagnolo. Girandosi verso di me, salutano e se ne vanno. Non appena se ne sono andate, Julian entra nella stanza. Nonostante tutto, non posso fare a meno di fissarlo. Con quello smoking nero che avvolge alla perfezione la sua figura slanciata e potente, il mio futuro marito è semplicemente mozzafiato. La mia mente torna alla nostra sessione di sesso sull’aereo, e un calore umido si insinua tra le mie cosce, anche se i miei lividi cominciano a pulsare al ricordo. Mi sta studiando anche lui, guardandomi dall’alto in basso. "Non porta sfortuna allo sposo vedere la sposa prima della cerimonia?" carico la mia voce di tutto il sarcasmo possibile, cercando di ignorare l’effetto che ha sui miei sensi. In questo momento, lo odio quasi quanto lo amo, e il fatto che vorrei saltargli addosso mi preoccupa non poco. Dovrei essermi abituata ormai, ma trovo ancora inquietante il modo in cui il mio cervello e il mio corpo non comunicano fra loro in sua presenza. Un leggero sorriso fa piegare la sua bocca sensuale. "Non preoccuparti, gattina mia. Sei pronta?" Annuisco e cammino verso di lui. Non ha senso rimandare l’inevitabile; in un modo o nell’altro, oggi ci sposeremo. Julian mi porge il braccio e io avvolgo la mano intorno al suo gomito, lasciando che mi conduca di nuovo in quella bellissima sala con il pulpito. Il prete ci sta già aspettando, così come Lucas. C’è anche una grossa fotocamera su un treppiede. "È per le foto delle nozze?" chiedo, sorpresa, fermandomi sull’ingresso. "Certo." Gli occhi di Julian brillano. "Ricordi e tutto quel genere di cose." Uh-uh. Non riesco a capire il motivo per cui Julian voglia questo—il vestito, lo smoking, la chiesa. Mi sento confusa. Non sarà un legame d’amore; mi sta semplicemente legando più forte a sé, formalizzando il suo possesso. Tutto questo contorno è privo di significato, soprattutto perché Lucas è l’unico testimone dell’evento. Quel pensiero mi fa stringere di nuovo il petto. "Julian" dico con calma, guardandolo. "Posso chiamare i miei genitori? Voglio dir loro di questo. Voglio che sappiano che mi sto sposando." Sono quasi certa che rifiuterà la mia richiesta, ma mi sento in dovere di chiederglielo lo stesso. Con mia grande sorpresa, mi sorride. "Se è quello che vuoi, sì, gattina mia. Anzi, dopo che avrai parlato con loro, possono guardare la nostra cerimonia con un collegamento video. Lucas lo può stabilire." Resto a bocca aperta, in stato di shock. Vuole che i miei genitori vedano il matrimonio? Che vedano lui—l’uomo che ha rapito la loro figlia? Per un attimo, mi sento come se fossi entrata in un universo parallelo, ma poi mi rendo conto della genialità del suo piano. "Vuoi che ti presenti a loro, non è vero?" sussurro, fissandolo. "Vuoi che dica loro che sono venuta con te di mia spontanea volontà, che faccia vedere loro quanto siamo felici insieme. Così, non dovrai preoccuparti che le autorità o chiunque altro possa venirti a cercare. Sarò solo un’altra ragazza che si è innamorata di un uomo bello e ricco e che è scappata con lui. Queste immagini . . . quel video . . . è tutta una messinscena . . ." Il suo sorriso si allarga. "Come ti comporterai e quello che dirai dipenderà completamente da te, gattina mia" dice con voce suadente. "Possono assistere a una cerimonia gioiosa oppure puoi dir loro che sei stata rapita di nuovo. A te la scelta, Nora. Puoi fare tutto quello che vuoi."
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