CAPITOLO 2
Taino, St. Marcos, Isole Vergini americane
20 aprile 2013
A dire la verità, la serenità che avevo cercato a St. Marcos dipendeva in buona parte da quanto sarei riuscita a sfuggire ai miei sentimenti per Nick, che lui aveva chiarito di non condividere, e a riprendermi dallo stato di costante fradicia ubriachezza in cui mi ero ridotta per lui. Solo pochi mesi prima avevo seppellito con grande solennità e determinazione la mia SIM card, in modo che Nick non potesse raggiungermi nemmeno se avesse voluto. Tra l’altro, non mi ero limitata alla SIM card. Avevo messo sottoterra anche l’anello di famiglia della mia defunta madre e una bottiglia vuota di rum Cruzan. Un atto liberatorio. Una pietra sul passato. Un altro passo per lasciarmi alle spalle il dolore che mi bloccava. Ma a quanto pareva avevo fallito. Come era riuscito ad avere il mio nuovo numero? E cosa diavolo significava ‘Voto per il MC’, comunque?
“Tocca a te,” mi sibilò Jackie.
“Puoi sostituirmi tu? Mi sento male.” Appoggiai il dorso della mano sulla fronte. Era febbre? O stavo solo delirando?
Miracolosamente, Jackie non aprì bocca. Si limitò ad annuire, a sfoggiare un ampio sorriso da concorso e a salire sul palco. Il modo in cui aveva affrontato il problema mi fu di ispirazione.
Rimasta sola, scrissi un nuovo messaggio a Nick. ‘?’.
‘Per la Signora St. M. voto per te, Maestro di Cerimonie. Splendidi abiti’.
Sentii la mia fronte aggrottarsi come il muso di uno sharpei, in preda alla confusione. ‘Cosa? Io? Dove sei?’
‘Ultima fila, estrema sinistra’.
‘St. M.???’
‘Non potevo guardarti presentare questo concorso da nessun altro posto’.
Cominciarono a tremarmi così tanto le mani che riuscivo a malapena a digitare sullo schermo. Santo guacamole, non poteva essere vero. Nel bel mezzo del già surreale concorso per eleggere la nuova Signora St. Marcos, tra cinque ridicoli cambi d’abito, ecco spuntare Nick. Era venuto sull’isola per vedermi? Serrai le mani per qualche secondo, finché non smisero di tremare.
Digitai un altro messaggio. ‘Cosa ci fai qui?’
‘Dobbiamo parlare’.
Ah. Quelle erano state praticamente le ultime parole civili che mi aveva rivolto, una vita di umiliazioni prima, a Shreveport, Louisiana, prima che mi buttassi addosso a lui, e che lui scegliesse di non prendermi al volo.
Beh, a onor del vero avevo una piccola parte di colpa nel libro mastro cosmico. Dettagli.
Mi inviò l’ennesimo messaggio. ‘Ho portato anche quel dannato tovagliolo da bar. Mi concedi un’altra possibilità?’
Oh, no, eccoli, i dettagli, che io li volessi o meno. Il tovagliolo da bar. Quello che aveva tenuto stretto in mano nella mia camera d’albergo a Shreveport quando avevo mentito sui miei sentimenti per lui e lui mi aveva cancellato dalla sua vita. Il tovagliolo su cui aveva preso appunti per parlarmi, quello che avevo ridicolizzato, deridendo anche lui per averlo portato con sé. Colpa mia. Qualcuno doveva informare le mie emozioni che seppellire una SIM card era un atto definitivo, perché sembravano non essersene accorte.
La stanza girava. Ero sopraffatta. Dovevo uscire da lì. Spensi il telefono, afferrai la borsa e lasciai il teatro in una nuvola blu ardesia senza un pensiero in testa che non fosse il bisogno di rifugiarmi ad Annalise.