Capitolo 2

2272 Parole
DUE Fermai la Jeep sul bordo del parcheggio dei camion vicino a dove si era radunata una folla. Luci blu e rosse lampeggiavano in tutte le direzioni. La curiosità mi afferrò, e feci qualche passo avanti per avvicinarmi alla folla che si aprì per lasciar passare due paramedici e una barella. Attraverso il varco, vidi una persona grande e nera a terra, con la testa in una pozza di sangue. Non si muoveva, e la gente intorno a lui aveva il piglio silenzioso che ero abituata ad associare alle tragedie. Rabbrividii. Dietro il corpo, una donna sbirciava attraverso le tendine di quello che sembrava lo scomparto letto della cabina di una motrice targata TUCK69. «Scena del crimine, signora, faccia un passo indietro,» disse una poliziotta. Era infagottata fino agli occhi con una sciarpa pesante, attraverso la quale gridava per farsi sentire. Aveva un rotolo di nastro giallo in una mano. «Cos’è successo?» «Hanno sparato a un uomo.» Quindi il suono che avevamo sentito era stato un sparo. «È morto?» «Temo di sì. Ora, si sposti. Ci lasci spazio per fare il nostro lavoro.» Indietreggiai, ancora ipnotizzata dal sangue sullo strato di neve fresca nel parcheggio. «Non è Wallace quello?» chiese Jack, attirando la mia attenzione. Mi voltai, e lui indicò versò il negozio Love’s. Un'altra folla si era formata sotto la pensilina del controllo del gas dei mezzi pesanti. Tra la gente c’era un uomo alto e magro con i capelli biondo sabbia. «È lui.» Wallace alzò una mano mentre ci dirigevamo verso di lui, poi se la posò sul fianco e scosse la testa, con le mèche in risalto che gli dondolavano perfette sulle palpebre. Riusciva sempre a sembrare a posto, mentre io avevo l’aspetto dell’Abominevole uomo delle nevi. Mi aggiustai la frangetta, sperando di rendermi presentabile, e della neve mi caffe sul viso. «Perché ci avete messo così tanto?» chiese Wallace. «Stavamo seguendo i ragazzini,» gli dissi. «Li avete trovati?» «Sì. E li abbiamo ripersi. Sono andati via.» Qualcosa nelle mie parole mi dilaniò. Avevo perso un bambino mio in ottobre, un aborto e, allo stesso tempo, avevo perso l’unica tuba di Falloppio che avevo, o comunque una buona parte di essa, il che significava che ero sterile. Neonati. Bambini. Perdita. Pensarci rallentava il tempo, e mentre guardavo la neve cadere riuscivo a vedere ogni singolo fiocco nel cielo intorno a me, sospesi fino a essere quasi immobili. Dovevo farmela passare: l’avevo quasi superata, e non potevo lasciare che gli altri si accorgessero che mi distruggeva ancora. Tirai un sospiro profondo, ed espirai piano per la bocca. Jack, che mi era rimasto accanto come un indiano in legno da negozio, ruppe il silenzio. «Mi ha distrutto la Jeep.» Questa volta Wallace si voltò verso di lui. «È un inferno su ruote, ma ho sentito dire che è molto più brava a cavallo.» Jack emise una specie di rumore, a metà tra uno sbuffo e una risata. Wallace ci presentò un tizio grosso con l’acne e i capelli flosci che si era materializzato al suo fianco. «Lui è Byron Philly, ragazzi. Nonostante il fatto che ricorda un brutto episodio de I quattro della scuola di polizia, in realtà è sposato, padre di tre figli e un adulto responsabile.» «Piacere di conoscerti, Byron. Sono Emily Bernal, assistente legale della Williams and Associates. Lavoro per lui.» Incurvai il pollice verso il mio capo. «Jack Holden.» Jack strinse la mano di Byron. «Byron Philly. Scusate.» Scosse la testa, come per cercare di schiarirsela. «Abbiamo un neonato a casa e nessuno riesce a farsi la doccia o a dormire. Piacere di conoscervi. Ora, in che direzione sono andati i miei ragazzi?» Feci un gesto alle nostre spalle. «Hanno attraversato il campo.» La neve cadeva più veloce, e potevo sentire i fiocchi toccarmi il naso. «Potresti dire se avevano i vestiti adatti al clima?» Ci pensai su, con gli occhi chiusi. Avevo dato una bella occhiata a Greg. Berretto nero. Giacca da aviatore rivestita in pelle sintetica. Guanti? Non ne ero sicura. Così come per Farrah, non avrei potuto dirlo. Si era fusa con l’oscurità, e una volta scomparsa, mi ero concentrata su ciò che aveva detto, non su ciò che indossava. Ma persino cappelli, cappotti e guanti non sarebbero stati di grande aiuto in una notte come quella. «Cappotti e cappelli. A parte questo, non potrei dirlo. Il tempo sembra peggiorare sempre più.» Fece una smorfia. «Vado ad aggiornare la polizia.» Byron si diresse verso l’ingresso del Love’s e un gruppo di uomini e donne in uniforme blu. Mi voltai verso Wallace, che ammirava Jack mentre si mangiava un’unghia, il che ovviamente lo rendeva focoso e sexy. Wallace agitò le sopracciglia in direzione di Jack a mio vantaggio. Benedetto Wallace. Non la smetteva mai di provare a favorire un incontro tra noi, e dovevo ammettere che speravo ci riuscisse. Anche se alzai gli occhi al cielo. «Be’, vi siete persi un bel movimento,» disse Wallace. Uno dei camionisti è stato sparato e ucciso nel parcheggio.» «Già, ho visto la scena. Raccapricciante.» Jack abbassò una volta il mento. «Sì. Credo che abbiamo anche sentito gli spari.» Dissi a Wallace: «Direi che ci abbiamo quasi guidato sopra, ma poi i ragazzini sono arrivati correndo, e abbiamo dimenticato gli spari.» Una donna minuta si avvicinò dalla direzione del parcheggio dei camion. Camminava senza fretta, quasi a caso, ma i suoi occhi scattavano a destra e a sinistra, a destra e a sinistra, a destra e a sinistra mentre sceglieva il percorso sul suolo innevato con stivali dal tacco a zeppa altissimo. La pelle sintetica si estendeva fino alle cosce dove arrivava quasi a una gonna a tubino zebrata. Il centimetro di pelle scoperta era protetto solo da una calza a rete. Sopra indossava una giacca che le arrivava in vita con strisce nere di un materiale che non era pelliccia. Eyeliner, unghie, e lunghi capelli lisci erano neri come la giacca. Puntò su Wallace, chiamandolo. «Ehi, io ti conosco, vero?» Mentre si avvicinava, mi accorsi che il trucco non riusciva a nascondere la testimonianza di una vita dura, che il tempo le aveva inciso intorno alla bocca e agli occhi. Trentacinque anni o più, tirando a indovinare. Wallace la valutò per alcuni istanti. «Sì, credo di sì, ma non riesco a ricordare dove.» «Be’, faccio la ballerina. Vai mai nei club?» «Per caso balli al Polo Club?» «Sì.» «Deve essere quello. Ci sono stato non molto tempo fa per un indagine.» Gli occhi della donna si spalancarono a tal punto che temetti che sarebbero rimasti bloccati in quel modo. «Sei uno sbirro?» «Non quel tipo di indagine. Lavoro per i Servizi sociali.» Lei espirò. «Uff! Be’, meno male.» Gli sussurrò qualcosa all’orecchio e Wallace spalancò gli occhi. Mi venne la pelle d’oca dietro al collo. Non mi piacevano i segreti se non mi includevano. Dopo una buona trentina di secondi trascorsi a scambiare sussurri, Wallace tornò a includere me e Jack nella conversazione. «Accompagno la signora...» «Puoi chiamarmi Ivanka.» Un nome dell’Europa dell’est con quell’accento? Non pensavo proprio. «... Ivanka alla mia auto per darle un passaggio a casa.» «Buona notte, allora,» dissi. “Ivanka” si lanciò un’altra occhiata alle spalle in direzione del Love’s poi gli prese il braccio, allontanandolo. Era difficile dire chi dei due avesse la miglior oscillazione nella camminata, ma diedi il vantaggio a Wallace. Guardai Jack che inarcò il sopracciglio sinistro. Mi accigliai. «Mi chiedo di cosa si tratti.» Byron venne verso di noi con un agente in uniforme. Mentre si avvicinavano, però, Byron si staccò per seguire Wallace e la donna. Il poliziotto continuò a camminare. Indossava un cappotto della Dipartimento di Polizia di Amarillo, che sembrava caldo quando il berretto il lana blu con sopra la testa di una civetta bianca, il logo portafortuna della Rice University. Gli invidiai cappotto e berretto. Stavo morendo di freddo. Avevo iniziato a perdere sensibilità alle dita dei piedi. Mi ero messa calzini sottili sotto gli stivali, non aspettandomi di trascorrere la serata fuori alle intemperie. Pestai prima un piede poi l’altro per riscaldarli. L’agente si fermò davanti a noi. «Emily Bernal e Jack Holden?» Il tizio aveva un aspetto familiare. Jack richiamò al mia attenzione e alzò lo stesso sopracciglio che aveva alzato un istante prima. Anche lui lo riconosceva? «Emily sono io. Ci siamo già incontrati?» L’agente tirò fuori un piccolo taccuino a spirale e una penna senza guardarmi. «Possibile. Sono l’agente Samson, e ho bisogno che risponda ad alcune domande su Greg Easley e Farrah Farud.» «Va bene.» Lo fissai, mentre la mia mente sfogliava uno schedario di visi. Maschio bianco. Occhi gonfi e cerchiati di nero. Monociglio. Capelli slavati striati di grigio. Era alto come Jack, forse un metro ottantacinque, anche se non snello come Jack. Ma il tizio che gli occhi della mia mente raffigurarono aveva quindici centimetri di Wonder Bread1 che gli sporgevano dal ventre e sulle gambe sottili. In quel momento, quell’uomo sembrava magro sotto la giacca. Tuttavia, sapevo che si trattava dello stesso uomo. Quindi lo conoscevo, ma dove lo avevo conosciuto? Confrontai posti, in cerca di corrispondenze, e ne ottenni una. Aveva interrogato me e Wallace nell’appartamento di una testimone quando la bambina che cercavamo era stata rapita. Non una bambina qualsiasi, ma Betsy, quella che avrei adottato non appena il grande stato del Texas mi avrebbe dato l’approvazione, se tutto fosse andato come previsto. Jack — del quale potevo dire che conosceva di sicuro anche lui l'agente— non disse nulla a proposito, così non dissi altro nemmeno io. «Ho sentito dire che avete visto Greg e Farrah stasera, gli adolescenti in fuga?» L’agente Samson rimase con la penna in bilico. Jack indicò me. «Ho visto due sagome correre via dal parcheggio. Lei ha visto più di me.» Annuii e indicai il campo dove ci eravamo schiantati con la Jeep. «Ho parlato con loro, circa dieci minuti fa, in mezzo a quel campo. Sono andati via da lì.» Samson mi guardò strizzando gli occhi. «Di cosa avete parlato?» «Sono andata a finire con l’auto su qualcosa in cemento, loro si sono avvicinati e hanno chiesto se stessimo bene. Ho detto sì, e poi sono scappati.» «Verso dove?» «Non ne ho idea.» «In che direzione?» «Mi dispiace, era così buio e nevicava così forte che non saprei dire.» L’agente si accigliò e scrisse qualcosa. «Quando li ha visti la prima volta, quando sono scappati dal parcheggio?» «Sul retro, circa a metà strada.» «E lei dove si trovava?» «Ero anche io sul retro, ma eravamo abbastanza lontani. Abbiamo fatto il giro verso il retro.» Due donne si affrettarono davanti a noi, vestite come Ivanka, ma una era più magra di Ivanka e l’altra aveva denti orribili. Abbassarono lo sguardo e presero le distanze da Samson, che fece una smorfia alle loro spalle. «Maledette lucciole da parcheggio. Sono loro la metà del problema da queste parti.» Non avevo mai sentito quell’espressione. Guardai Jack, che sussurrò: «Prostitute.» Oh. Oh. Samson stava parlando di nuovo. «Avete sentito spari qui stasera?» Annuii «Sì, vari spari. Prima che i ragazzini arrivassero di corsa.» L’agente sollevò un istante lo sguardo. «Avevano qualche arma?» «No, non che io abbia visto. Sembravano solo spaventati e giovani e infreddoliti quando ho parlato con loro nel campo.» «Ha visto qualcun altro quando sono scappati dal parcheggio?» «No.» Si voltò verso Jack. «E lei?» «No.» «Per caso avete assistito alla sparatoria» — indicò la scena dell’omicidio — «o avete visto qualcuno con un’arma?» Rispondemmo quasi all’unisono. «No.» L’agente Samson mordicchiò l’estremità della penna. «Bene. Chiamatemi se vi viene in mente qualcos’altro.» Ci diede un bigliettino da visita ciascuno. Annuii, e Samson tornò verso il Love’s. Non ci rimaneva null’altro da fare, e io e Jack ci dirigemmo verso il retro della Jeep. Ero congelata fino al midollo quando arrivammo: Ivanka, Wallace e Byron erano scomparsi e io non sapevo ancora che cosa avesse appreso il io migliore amico dalla ballerina. Il mio stomaco brontolò. «Sai, ho molto freddo, ma ancor di più, sono stranamente affamata.» Jack sbuffò. «Non puoi incolpare nessuno se non te stessa per questo.» «Già, be’, ceno non appena chiudo lo sportello della Jeep.» Poi mi chinai verso di lui, abbassando la voce in caso l’amichevole agente Samson riuscisse ancora a sentirmi. «Di’ un po’, lo hai mai incontrato quel poliziotto? Io l’ho visto una volta, all’appartamento di Victoria, quando cercavamo Betsy.» «Era uno dei poliziotti sulla scena quando hanno accusato il nostro cliente di aggressione, uno dei testimoni dell’accusa contro Alan Freeman.» Alan Freeman era nostro cliente. Avevo conosciuto Alan pochi mesi prima, quando aveva rimesso a nuovo il pavimento dell’ufficio per pagare la parcella. Non capivo cosa mi piacesse di più: il fatto che Jack lasciasse pagare i clienti in qualunque forma potessero farlo, o che Freeman fosse il tipo d’uomo all’altezza delle sue responsabilità. «Pensavo si supponesse che Freeman avesse aggredito un ex poliziotto, Jason qualcosa?» Jack mi accompagnò al lato del passeggero. Saltai su, e lui si appoggiò un po’ dietro di me. Il cuore iniziò a battermi forte mentre le mie funzioni cerebrali rallentavano in reazione. «Wu, sì.» «Come fare la corte?» Mentre parlavo, mi resi conto che intendeva “Wu2,” come nel cognome di Jason, e non nel senso di cercare l’affetto, l’amore o il sostegno di qualcun altro. Le mie guance iniziarono a scaldarsi. Jack sollevò il sopracciglio sinistro, e feci di tutto per non colmare gli ultimi centimetri che separavano le nostre labbra. La fossetta si arricciò. Fiamme mi risalirono sul viso. «Wow.» Chiuse lo sportello, e intravidi il suo sorriso sbilenco. Espirai. «Uff,» dissi, e mi portai le mani alle guance infuocate.
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