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1813 Parole
Da quel giorno il Re di Fiori Hyun Lin fu costretto a separarsi dalla propria famiglia. Se non l'avesse fatto, avrebbero condannato a morte il bambino, che per una banale differenza fisica andava contro il volere della profezia. Il giovane successore del Regno di Cuori era già nato, due anni prima, e da quel giorno a tutti fu chiaro che l'erede di Fiori sarebbe stata una femmina. Perché suo figlio non poteva semplicemente nascere bambina? La profezia si stava alterando, Hyun come Re stava sbagliando qualcosa? In cuor suo lo sapeva, la cosa sbagliata era solo una: Lui non doveva essere Re. Si trovò a imprecare contro quello che anni prima era stato l'amico più importante che aveva mai avuto: “È tutta colpa di Nadir.” si diceva. “Se solo lui non fosse mai esistito, niente di tutto questo sarebbe mai successo.” Nadir era stato un grande uomo. Teneva il potere nelle sue mani tramandando valori di fratellanza e di pace, non regnava con il terrore. Si serviva della meritocrazia come strumento di giudizio: se anche un uomo di umili origini si dimostrava degno, allora poteva lavorare al suo fianco, proprio come era successo a Hyun. Il popolo lo amava, e perfino la maggior parte dei Nobili, anche se quelli pronti a giudicare chi si avvicinasse troppo alla plebe erano sempre presenti. L'unica pecca del Grande Nadir era il suo ego: Mai aveva voluto prender moglie, la profezia per lui non era cosa da temere. Era in grado di governare da solo, e l'unica via che gli indicava il cuore era quella di curarsi del suo popolo e assicurarsi che nessun individuo subisse alcun tipo di ingiustizia. Così facendo, tuttavia, quel vecchio foglio di pergamena straccia di cui lui non si preoccupava gli si rivolse contro: La donna che avrebbe dovuto sposare un giorno sembrò svanire nel nulla. Inutili furono le ricerche: anche dopo settimane e mesi neanche un capello o un pezzo di stoffa di un suo vestito vennero rinvenuti. Le ricerche inevitabilmente cessarono, e poco dopo il Sovrano, Nadir, iniziò ad accusare i sintomi di una malattia rara, che cominciò a divorare il suo corpo dall'interno, destinandolo nell'arco di soltanto qualche mese ad essere confinato tra un materasso e una pesante coperta. Hyun gli fu accanto fino al suo ultimo respiro, eppure ora forse in cuor suo un po' lo rimpiangeva. Dopo la nascita di quella che doveva essere “Shiroara”, Hyun fu costretto a condannare a morte immediata il dottore che fece partorire la moglie: non poteva permettersi che voce alcuna trapelasse, e non poteva fidarsi di nessuno. E ora, raggomitolato su se stesso, l'ormai Sovrano dalla dignità perduta si ritrovava in una situazione per la quale non era neanche a conoscenza del nome o dell'aspetto che il figlio avesse in quel momento. Non poteva scappare dal suo più acerrimo nemico: si trattava del suo inconscio; e non poteva vendicarsi: L'unico uomo a cui poteva risalire una minima colpa era già morto da tempo. Il suo era un destino di sofferenze, una lotta continua finché fosse stato in vita, un destino crudele che gli aveva rubato l'onore, l'amore e la gioia di essere padre. Come se non bastasse, frammenti di memorie non lo lasciavano dormire da quando, quasi sedici anni prima, lui e la moglie misero in scena la più famosa e popolare tragedia di tutta l'isola. Costretto a rivivere l'incubo di una realtà passata ogni qual volta si trovasse solo, divorato dal dubbio che fosse stata o meno la scelta giusta, con la morta speranza che ci sarebbe potuta essere una via diversa, una piega nella pagina della sua vita che avrebbe indirizzato il romanzo verso un futuro diverso e migliore... eppure sapeva bene che il passato non poteva essere cambiato, che stregonerie del genere non esistevano neanche nelle più occulte storie. L'unica cosa che poteva fare era continuare a subire il passare del tempo, e a rivedere inevitabilmente quelle fiamme che avevano ridotto in cenere il lieto fine del manoscritto disegnato per lui dagli Dei, giorno dopo giorno, notte dopo notte. 《Sbrigati Hyun!》 Lo aveva chiamato Zhaohui tenendo stretto il piccolo in braccio. 《Tesoro...》 le aveva sussurrato lui, con mancanza di convinzione: 《Se anche io scappassi con voi, la gente per strada mi riconoscerebbe.》 《Che cosa vuoi dire, Hyun?》 《Amore mio, Io non posso venire.》 La moglie aveva esitato. 《Come sarebbe a dire?》 《Mi dispiace, sei tutto per me, ma se scappo con voi e dovessero scoprirci, mi macchierei di alto tradimento verso la patria e non condannerebbero solo me, ma anche voi due... non potrei permetterlo.》 《Hyun...》 Il Re aveva afferrato uno dei candelabri presenti sulla tavola della sala da pranzo. La luce si propagava fievole all'interno dell'enorme stanza, eppure quelle tre piccole fiamme celavano un potere catastrofico. 《Vattene, Zhaohui.》 aveva pronunciato l'uomo in modo ostile, come ultimo avvertimento. Se fosse stato più dolce, sapeva che la donna non sarebbe riuscita a lasciarlo indietro. Lo sguardo perso della Regina si era incatenato a quello freddo del marito. Le iridi dolci della donna parevano annegare in un fiume, cercavano aiuto nell'uomo che da sempre era stato il suo appiglio, lo stesso uomo che ora la stava abbandonando. Hyun aveva aspettato che la moglie si fosse decisa a voltarsi, e quando il suono dei suoi passi pesanti e veloci fu abbastanza lontano, le mani dell'uomo furono troppo deboli per sostenere ancora il peso del candelabro. L'olio che era stato precedentemente versato sul pavimento e sulle mura di quella stanza si accese dello stesso dolore che bruciava il petto del Sovrano, consapevole del destino che lo avrebbe atteso. Le pareti si illuminarono di luce calda, la tavola apparecchiata venne avvolta da un vento ardente di rimpianto, i dipinti di volti dall'eterna giovinezza trovarono la morte tra le fiamme dell'inferno. Il passo successivo nel piano del Re consisteva nel correre, nel chiamare rinforzi, ma Hyun non sentiva il calore. Ascoltava il suono delle fiamme e ne osservava la danza, perso tuttavia in qualcosa di più profondo. Per ciò che lo avrebbe aspettato in futuro, che fosse caduto nell'abbraccio delle fiamme o che fosse sopravvissuto, per lui non faceva alcuna differenza. Quel giorno, grazie all'aiuto di alcuni fedelissimi servitori, Hyun Lin si salvò, ma non rivide mai la sua famiglia. 《Vostra Maestà...》 《Sì, scusatemi, dite.》 tornò alla realtà, Lin, alzando il capo. 《Qual è dunque la Vostra risposta?》 Ci pensò su. La sua testa lo aveva fatto sprofondare talmente in basso nell'abisso dei suoi ricordi ancora vividi e bollenti che aveva completamente dimenticato di essere nel salone delle conferenze per la riunione con alcuni dei maggiori esponenti della Nobiltà. 《La mia risposta...》 disse poi, appoggiando stancamente la schiena sulla sedia. 《Prenderò nuova moglie.》 pronunciò in modo innaturalmente sicuro. La malinconia, tuttavia, lo attanagliava. Non lo voleva, ma sapeva bene che tutta quella storia non sarebbe potuta andare avanti in quel modo all'infinito. Il consiglio sembrò sollevato, tuttavia si levarono dei brusii: 《Bene,》 disse qualcuno dei presenti. 《A causa Vostra è tuttavia presente un ritardo di sedici anni. Vostra figlia dovrà sposarsi davvero giovanissima, con un uomo che non lo sarà.》 Erano già passati così tanti anni, quanto tempo ancora voleva far vivere il popolo nella paura? Quale altra scelta aveva? Da Sovrano, avrebbe dovuto assumersi ogni sua responsabilità. 《Così sia.》 disse. 《L'accordo è concluso. Prego, potete apporre il Vostro Sigillo al documento.》 《Quanto tempo eh, Zixin!》 《Che ci fai qui nel bosco? E vicino al confine, poi.》 《Potrei farti la stessa domanda.》 Rise Johan. 《E poi dove vai conciato così? Hai tutta la veste strappata, cosa racconterai a tuo padre?》 《Qualche sciocchezza sicuramente.》 《Non sei cambiato affatto! Vieni, ti do io qualcosa, altrimenti ti riconosceranno tutti.》 I due amici di lunga data appena ritrovati si diressero verso la casa del ragazzo dalle umili origini. Era davvero da molto che non si incontravano, e Johan fu stupito di ritrovare il vecchio amico proprio lì, in mezzo al nulla della campagna. Si erano conosciuti quando ancora Zixin aveva la possibilità di uscire dal castello, seppur accompagnato, tanto era giovane. Una delle varie amicizie che il Nobile era stato costretto a interrompere, che fosse per la differenza di status, di ricchezza o per la prigione in cui era stato in seguito rinchiuso. 《Prego, entrate.》 Fece scherzoso il moro appena arrivati, inchinandosi una volta aperta la porta. 《Non beffarti di me, Hui!》 《E va bene, allora accomodati.》 sorrise 《Però non fare come se fossi a casa tua, non ho intenzione di diventare il tuo servo!》 La tranquilla passeggiata di Arlette Nieto, Qiqiang Lee e Karim Berger stava proseguendo per il meglio, quando Lee ricordò un aneddoto a cui avrebbe dovuto prestare più attenzione. Informò gli amici che il giorno seguente non sarebbe potuto uscire assieme a loro come di consuetudine: 《Domani sarebbe il diciassette Febbraio.》 aveva comunicato. 《Il compleanno e l'anniversario di morte della defunta Principessa. Mia madre ci tiene tanto a farle visita ogni anno, e vuole che vada con lei, purtroppo.》 sospirò il ragazzo, che quella pratica la considerava solo un noioso e inutile spreco di tempo. Gli amici compresero, fin troppo: Arlette sembrava piuttosto allegra del fatto che il giorno dopo non si sarebbero visti. Forse era solo una sua paranoia, ma Qiqiang ne fu comunque un po' sorpreso: che non le importasse di stare con lui? Forse la infastidiva? Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Un vortice di emozioni gli strinse il cuore. Possibile che in tutti quegli anni di amicizia, lui fosse l'unico ad essersi affezionato? Certo, non si aspettava che la maga ricambiasse i suoi sentimenti, almeno non per il momento, ma non si aspettava neanche che lei fosse contenta di non vederlo ad ogni possibile occasione e con un sorriso, per giunta. 《Ragazzi, io devo andare a casa. Domani per me sarà una giornata piuttosto impegnativa.》 Li salutò Karim, interrompendo il silenzio. 《Vado anch'io Qiqi, ci vediamo!》 Si voltò Arlette, seguendo Karim in un lampo, lasciando che i brutti pensieri invadessero ancora di più la mente e il petto del moro. Mentre si allontanava, Arlette sorrise. Aveva notato il volto preoccupato di Qiqiang. Precedentemente, aveva pensato che se si fosse dimostrata poco interessata a lui, il ragazzo si sarebbe rassegnato. Sperava davvero che funzionasse: la ragazza non voleva certo perdere la sua amicizia, ma non desiderava neanche che il ragazzo credesse, attraverso quella falsa sensazione, di amarla. Certo, l'ipotesi di fargli incontrare Zixin rimaneva valida, ma finché non avesse avuto un piano quello era il meglio che lei potesse fare.
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