Capitolo 2-1

1403 Parole
2 Nash A quest’ora del giorno la Fossa è per lo più deserta, il che è un bene: il leone già è sufficientemente eccitato dagli odori di mutante che impregnano l’ambiente. Lo lascio uscire e mi aggiro per il locale. Ci troviamo in una romita zona industriale abbandonata, e nessuno vedrà un leone aggirarsi per un magazzino. Nessuno viene qui, se non mutanti. E i mutanti che frequentano il posto mi riconoscerebbero. Questo è il mio territorio. Il mio regno. Permetto al mio leone impazzito di marcare il suo territorio, scivolando lungo la rete che circonda il parcheggio. Poi mi ritramuto e mi vesto di nuovo. Vado dentro per bere qualcosa, cercando di non pensare a quanto sono diventato patetico. Pochi istanti dopo, un uomo biondo entra nel capannone, annusando l’aria. Dal bancone, alzo il bicchiere in segno di invito. Una bellissima donna asiatica è insieme a lui, e si avvicinano. Mi fissa negli occhi. Incrocio il suo sguardo con un leggero atteggiamento di sfida. È una neo-mutante, una delle creazioni meglio riuscite del dottor Smyth, una dominante. Il mio leone generalmente si schiererebbe contro la sua arroganza, ma in questo momento non la vede come una minaccia. Questo è un incontro tra alleati, e lui sa che sta per avere ciò che vuole. Sam si siede. Senza dire una parola, posa il telefono sul bancone, lo schermo acceso. C’è la foto di una donna che esce di casa, il volto mezzo coperto da una zanzariera. Mi si stringe il petto. Denali. La stanza si offusca, diventa rossa. Sam posa un dito sullo schermo e lo fa scorrere, mostrandomi il resto. Denali che cammina lungo il vialetto, entrando in auto. Le lunghe gambe infilate in un paio di shorts tagliati, una semplice maglietta bianca che mette in risalto le braccia tornite. “Il mio contatto le ha scattate stamattina. Ha confermato l’indirizzo. Pare che viva lì.” Sam mi passa un pezzo di carta, ma non riesco a staccare gli occhi dalle foto. In ogni scatto, c’è un’espressione seria sul suo volto. Non propriamente triste, ma distante. “È lei?” chiede Layne. “Sì.” Trovo la voce. “È lei.” Denali. Mia, ruggisce il mio leone, facendo tremare le sbarre della sua gabbia. Vuole uscire e andare a caccia. Trovare Denali, confermarla come sua. Mia. Il rosso mi annebbia la vista. Sbatto le palpebre, e tutto diventa nero. Alzo la testa, rendendomi conto che sono rimasto in silenzio per qualche minuto. L’aria è carica di tensione. Gli occhi di Layne sono chiari, da mutante. Sa che sono uno squilibrato. Cavolo, avrei potuto ammazzare Sam l’anno scorso, quando ha deciso che il modo migliore per assicurarsi il mio aiuto per trovare il dottor Smyth era di farsi un round nel ring contro di me. Ha pensato bene di tirare in ballo Denali e mi sono parzialmente tramutato all’istante, dentro alla gabbia. Gli ho piantato gli artigli addosso. Ma lui è sopravvissuto, e abbiamo beccato Smyth. Questo è ciò che mi aveva promesso in cambio: trovare la mia compagna. “Scusa se ci abbiamo messo tanto,” dice Sam. Ha i peli dritti e tesi sul braccio, ma la voce è calma. Non sarà un mutante grande e grosso, ma sotto pressione sa controllarsi. Diversamente da tutti noi. “Pensavo con sicurezza che fosse lei, l’ultima volta.” Stringo il pugno e devo sforzarmi per rilassarmi. “Probabilmente si sposta molto.” Si starà nascondendo come facciamo noi. Guardandosi sempre alle spalle. Non sapendo mai se comparirà qualcun altro intenzionato a fare altri test. “Sembra essersi sistemata. La proprietaria del posto non ha voluto dire quando è arrivata, né ha fornito altre informazioni su di lei.” Sam indica il foglietto con l’indirizzo. “Ma è meglio sbrigarsi. Io e Layne possiamo…” “No.” Mi metto il foglio in tasca. “Soltanto io. Da solo.” “Con tutto il dovuto rispetto…” Sam si alza dallo sgabello al bancone un attimo dopo di me. Non cerca di mettermisi in mezzo ai piedi, ma mi si avvicina un po’ troppo. Il colore esplode dietro alle mie iridi. Il buio danza ai margini, poi ha il sopravvento. Un secondo dopo, torno in me. Ho le mani strette sulla maglietta di Sam. L’ho sbattuto contro il bancone. Mi mostra il collo, un segno di resa per un lupo. Alza le mani, allarga le braccia per arrendersi, ma al mio leone non interessa. Mi fanno male i canini mentre si allungano, un ruggito mi sale dalla gola. Un secondo dopo sento il dolore esplodere nella schiena. “Se fossi in te non lo farei.” Sento un suono quasi suadente nelle orecchie, tenue e sibilante. Gli artigli conficcati nella mia pelle si piegano e stringono, dolore acuto, aghi finissimi. “Fai il bravo gattino e lascialo andare.” Lottando contro il mio leone, lascio andare la maglietta di Sam, ringhiando mentre gli artigli sulla schiena affondano ancora. “Layne,” mormora Sam. Mezze fusa, mezzo ringhio, e il peso che ho addosso si solleva di colpo dal mio dorso. Mi raddrizzo, ignorando il dolore alla spina dorsale, e mi giro lentamente. La donna mi fissa nelle pupille con occhi a mandorla e felini. Se fosse maschio, il mio leone vorrebbe combattere con lei, anche se sono io lo stronzo qui. Ma ammiro la sua forza. La sua grazia. E apprezzo quello che lei e Sam stanno facendo per me. Però il mio leone non può fare a meno di dire la sua. “C’è gente che non provocherebbe il re delle bestie nel suo territorio.” Layne risponde alla mia sfida con un’occhiataccia. Sam scivola al suo fianco e lei lo prende per mano senza distogliere lo sguardo. Non minacciare il mio compagno, sembra dire. Il mio leone approva, con riluttanza. “Forse è meglio se vai da solo, Nash.” Sam tira Layne verso la porta. Appena escono, mi copro il viso con la mano. Ho la fronte madida di sudore per lo sforzo di tenere il mio leone in catene. È violento, si scaglia indistintamente contro amici e avversari. Sono pericoloso. Disperato. Sto morendo, e c’è solo una cura. Denali. Il foglietto che ho in mano sembra spingere contro il palmo. Lo accartoccio e lotto contro la marea rossa che sale, minacciando di oscurarmi la vista. Fa male, ma la respingo. “Ebbene, capo? Vai a prenderla?” Parker è davanti a me. Non mi ero reso conto che la banda mi aveva seguito fino alla Fossa, ma pare che sia così. Sono onnipresenti. “Non posso.” Tiro fuori le parole forzatamente, ignorando il grido di disperazione del mio leone. “Devi,” dice Declan, al mio fianco. “Il tuo leone non ce la farà ancora per molto.” “Lo so.” Chiudo gli occhi. Dovevo trovare Denali per andare da lei. Scusarmi. Assicurarmi che fosse al sicuro. È troppo tardi. Il mio leone è sfuggito al controllo e devo trovare qualcuno che lo uccida. Che mi uccida. “Se ci fosse qualcuno capace di ucciderti, l’avrebbe già fatto ormai,” sottolinea Parker, e mi rendo conto di aver parlato ad alta voce. “Combatti ogni giorno, e vinci. Coi mutanti più grossi e più cattivi, i pazzi. Con chiunque entri nel ring, a volte anche due alla volta.” “Non puoi smettere di combattere,” mormora Declan. “Non che mi lamenti. Gli affari vanno bene. Le scommesse sono alte. La polizia ha smesso di ronzarci attorno, e il Fight Club dei mutanti di Tucson ci ha resi ancora più famosi.” Fa roteare il drink nel bicchiere. “La Fossa. La casa del Re delle bestie.” Giusto. E cosa succede se un giorno il mio leone ammazza qualcuno nel ring? Se finisco come mio padre? Un assassino? Uff, ma chi voglio prendere in giro? Sono un assassino da quando mi sono tramutato durante un incarico in Afghanistan. Pensavo che Smyth mi avrebbe aiutato a controllare il mio leone. Non ha fatto altro che peggiorare le cose. Ringhio. Sono tentato di uscire, prendere la macchina e andare a casa di Denali per dirle tutto. Magari mi perdonerà, una volta superato lo shock. Ma non posso. Tra i flashback, la violenza e la pazzia del mio leone, mi sono costruito una gabbia più forte di quelle in cui mi tenevano alla Data-X.
Lettura gratuita per i nuovi utenti
Scansiona per scaricare l'app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Scrittore
  • chap_listIndice
  • likeAGGIUNGI