CAP. 3

1862 Parole
Wynta Lei consegnò il suo badge e il numero del colloquio alla signora nell'atrio e si diresse verso gli ascensori per lasciare l'edificio. Rimase in piedi nell'ascensore che la portava al piano terra e sospirò interiormente mentre mentalmente spuntava un altro lavoro che non aveva ottenuto, anche se questa volta era stata colpa sua. Se n'era andata. Un altro giorno senza lavoro che avrebbe intaccato i suoi risparmi. Conosceva bene il saldo del suo conto in banca, sapeva di avere soldi sufficienti solo per affittare quel monolocale per altri tre mesi, dopodiché sarebbe finita per strada o in un rifugio per donne, oppure sarebbe tornata a fare la ballerina esotica in un club per uomini solo per sbarcare il lunario. Nessuna delle due prospettive le piaceva; era stata senzatetto per alcuni mesi dopo aver lasciato il suo branco, finché non era riuscita a trovare alloggio nel campus, ma non era stato comunque sufficiente per sopravvivere, quindi aveva dovuto accettare un lavoro che le garantisse un reddito, non era disposta a vendere il proprio corpo agli uomini. Diventare una ballerina esotica era stata l'unica opzione a sua disposizione che non interferisse con il suo programma di lezioni. Non le era piaciuto molto e lo aveva fatto solo per guadagnare dei soldi, tutto qui. Quando l'ascensore si fermò, si staccò dal muro a cui era appoggiata e uscì insieme ad altre persone, ritrovandosi faccia a faccia con quello che pensava fosse il Beta dell'Unità Alfa. “Il signor Hayes vorrebbe scambiare qualche parola con lei, signorina Morgan,” disse con quello che sembrava un sorriso amichevole. “Non mi interessa,” gli rispose lei e fece per aggirarlo, ma lui le afferrò il braccio e la fermò. “Temo di dover insistere,” disse lui, trascinandola con sé lungo una fila di ascensori e aprendone uno con una tessera magnetica. Quando fu accompagnata all'interno, vide che non c'erano indicazioni dei piani né all'esterno né all'interno. Le porte si chiusero e l'ascensore si mise in moto. Capì che era un ascensore espresso e che probabilmente andava solo a un piano, quello più alto, dove si trovavano gli uffici di Alfa e della sua unità. Si appoggiò alla parete e rimase in silenzio, senza dire nulla all'uomo che la stava guardando. Lo fissò a sua volta, senza curarsi se fosse offensivo o meno. I solitari non avevano padroni, a meno che non lo scegliessero loro stessi, e lei non lo aveva fatto. Fu un viaggio veloce e tranquillo, lui la scortò fuori dall'ascensore lungo un corridoio e le indicò di sedersi su un divano. “Per favore, resti qui e aspetti,” le disse prima di rivolgersi alla donna alla scrivania accanto al divano, che ora la guardava con un leggero cipiglio sul volto. “Alfa riceverà la signorina Morgan quando avrà finito i colloqui di oggi.” “Sì, Beta.” Lei annuì e lui si allontanò. Almeno aveva indovinato. Lui era il Beta di quel gruppo. Vide quella lupa aggrottare le sopracciglia e arricciare il naso come se fosse offesa dal fetore di Wynta. Lei era pulita e, sebbene fosse una ribelle, si prendeva cura di sé per assicurarsi di non puzzare come gli altri ribelli là fuori nella natura selvaggia. Onestamente non sapeva che odore avessero i ribelli per gli altri lupi, ma a lei sembravano sporchi e bisognosi di un bagno. Non pensava di avere quell'odore. Si limitò a sedersi come le era stato detto. Non voleva causare problemi e sapeva come comportarsi. Anche se non voleva. Dopo un'ora passata seduta lì, era annoiata a morte, così si alzò, si stirò e poi si allontanò per dare un'occhiata all'ultimo piano. C'erano una dozzina di uffici, tre sale conferenze e un'area aperta simile a una caffetteria dove ovviamente mangiavano tutti. C'erano una mezza dozzina di tavoli e sedie e un paio di distributori automatici. Vide che c'era un solo ascensore per l'intero piano, accessibile solo con una tessera magnetica. Senza una tessera non sarebbe riuscita ad andarsene. Trovò la scala di emergenza, sorrise tra sé e sé e spinse la porta, ma scoprì che non si apriva e aggrottò la fronte. Anche lì c'era una cassetta per la tessera magnetica. A quanto pareva, per il momento era bloccata lì. Tornò al divano e si lasciò cadere di nuovo. Passò un'altra ora ed era più che scontenta quando la donna alla scrivania la guardò e disse: “Sii paziente, lui sta facendo dei colloqui.” “Non può tenermi qui in questo modo,” disse lei con tono piatto. “Immagino che lui possa, visto che sei ancora qui. Stai seduta lì,” le fu detto. Wynta ci pensò su, sapeva che doveva esserci un modo per aggirare il sistema di accesso con tessera magnetica e, mentre si appoggiava allo schienale del divano, il suo sguardo cadde sulla cassetta di emergenza rossa con la scritta “Rompere il vetro in caso di emergenza”. Sapeva che avrebbe sbloccato la scala di emergenza. Un sorriso le illuminò le labbra mentre si alzava. Si sarebbe persa tra la folla di persone che uscivano dall'edificio e sarebbe sparita prima che avessero potuto ritrovarla. “Non lo fare, signorina Morgan, la multa è molto alta.” I suoi pensieri furono interrotti dalla lupa. I suoi occhi si spostarono verso di lei e la guardò indicare il soffitto, dove vide una telecamera. “Verrà ripresa dalla telecamera e la multa sarà a carico suo. Se la può permettere? Credo che sia di 1600 euro e potrebbe anche essere perseguita penalmente. In questo Stato è un reato grave, quindi probabilmente finirà con l'avere dei precedenti penali, se non ne ha già.” “No,” rispose Wynta e la lupa sorrise ironicamente, probabilmente pensando che, solo perché era una ribelle, facesse ogni sorta di cose illegali per sopravvivere. Si appoggiò allo schienale del divano, rassegnandosi al fatto che al momento era bloccata lì a quel piano fino a quando qualcuno non l'avesse scortata fuori dall'edificio. Dopo tre ore si sdraiò sul divano e si mise comoda, ignorando il commento della lupa secondo cui non era molto signorile o professionale farlo, e aveva usato il telefono per leggere un libro fino a quando non si era addormentata sul divano. Nessuno su quel piano le aveva prestato la minima attenzione, tranne la segretaria di Alfa, che sembrava semplicemente infastidita dal doverla sorvegliare. A un certo punto, mentre era ancora mezza addormentata, si girò per cercare una posizione più comoda e cadde dal divano, rimanendo distesa lì per un attimo prima di sedersi con un sospiro. La segretaria la stava fissando. “Vedo che sei una pigrona,” mormorò. “Dirò ad Alfa che finalmente ti sei svegliata.” E i suoi occhi si velarono. Lei si alzò dal pavimento. Lui doveva essere tornato, lei aveva dormito tutto il tempo e lui non l'aveva svegliata. Era un po' strano. Lui apparve sulla soglia del suo ufficio: “Ha dormito bene?” le sorrise. “Entri, signorina Morgan.” Le fece cenno di entrare nel suo ufficio. Lei controllò l'ora sul telefono e vide che era metà pomeriggio. Il suo colloquio era stato alle 10 di quella mattina. La giornata era quasi finita. Erano quasi le 15. Entrò nell'ufficio di Alfa e si sedette dove lui le aveva indicato. “Perché sono ancora qui?” gli chiese direttamente. “Perché non sono disposto a lasciarla continuare a essere una ribelle, non è sicuro per le donne ribelli là fuori nel mondo. Ancora di più per quelle senza lupo, che sono indifese contro la forza dei licantropi.” “Gli altri ribelli mi lasciano in pace, quelli senza lupo non interessano alle bande di ribelli vaganti. Non abbiamo alcun valore per chi vuole rapire e vendere le lupe, non possiamo sopportare percosse o frustate senza finire all'ospedale del branco o morire. È uno spreco di denaro comprare chi non ha lupo,” lo informò. “Quindi sono perfettamente al sicuro là fuori da sola. Lo sono sempre stata,” gli disse semplicemente. "Mm, capisco... ma in tutta coscienza, non posso lasciarla andare così com'è. Quindi, ecco cosa sono disposto a offrirle. Il lavoro per cui ha fatto domanda oggi, una casa o un appartamento all'interno del branco e un rifugio sicuro dove non le verrà fatto del male.” "Avrà pieno accesso all'assistenza medica per licantropi senza alcun costo. Potrà anche allenarsi con altri come lei per essere in grado di proteggersi quando è fuori dal branco. Parteciperà ai balli di accoppiamento per trovare il suo compagno e avrà una vita sociale da licantropo a tutti gli effetti." Le sorrise come se fosse un'offerta allettante. “Ho un appartamento qui in città a pochi isolati di distanza. Non guido, quindi non potrei spostarmi dal branco all'ufficio se accettassi l'offerta. Non ho mai subito alcun danno qui nel mondo degli umani e ci vivo ormai da molti anni." “So anche proteggermi se necessario e non ho alcun interesse a essere iniziata, a vivere all'interno di un branco o a partecipare a qualsiasi evento del branco, compresi i balli di accoppiamento,” ribatté Wynta. “Accetterò, tuttavia, il lavoro di cui ho bisogno.” Lui la guardò accigliato. “Tutti i lupi hanno bisogno della socialità, altrimenti possono diventare...” Lasciò la frase in sospeso. “Creature antisociali.” Lei annuì. “Lo sono già e non mi importa.” Alzò le spalle, ma colse l'occasione per dirgli come avrebbe lavorato. “Lavorerò in silenzio e non causerò alcun problema né a lei né a questa azienda. Porto a termine il mio lavoro in tempo o resto oltre l'orario, lavorare fino a tardi non mi disturba particolarmente." “Sono in grado di collaborare all'interno di un team, ascoltare e seguire le istruzioni del mio supervisore. So come essere un membro attivo di un team di lavoro e come comportarmi in modo professionale, anche se non mi interessa socializzare personalmente con i miei colleghi,” gli disse. Lui si appoggiò allo schienale della sedia e la fissò con gli occhi socchiusi, lei imitò la sua posa dopo un minuto di silenzio. Non gli avrebbe dato quello che voleva oggi. Passò un altro minuto e un angolo della sua bocca ebbe un tic. Sembrava divertito dalla sua testardaggine. “Cosa bisogna fare,” chiese lei finalmente, rompendo il silenzio, “per farmi lasciare questo ufficio e ottenere il lavoro?” Lui le sorrise: “Che lei accetti di essere iniziata al mio branco. Le permetterò di mantenere il suo appartamento in città, visto che ne ha già uno e non guida.” Lei lo fissò a lungo poi espose le sue condizioni per ottenere il lavoro di cui aveva bisogno. “L'iniziazione al suo branco avverrà alle mie condizioni.” Gli offrì un compromesso. “Cosa significa esattamente?” lui aggrottò nuovamente la fronte. “Le permetterò di iniziarmi solo quando avrò messo piede volontariamente nel territorio ufficiale del suo branco, che dista un'ora da qui, come ha detto lei.” “Ci sto,” annuì lui. “Posso accettarlo”. Le sorrise. “Andiamo a vedere il suo posto di lavoro, che ne dice?”
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