Capitolo ventiduesimo I Ogni volta che arrivavo a Genova, finivo assediato da emozioni contrastanti. Mi piaceva la sua incorrotta fatiscenza, la ricchezza celata nei palazzi signorili, la miseria cantata da Fabrizio De André. Ma questa volta mi piacque ancora di più perché mi ero dato appuntamento con Eleonora. Avevo parcheggiato non lontano dalla stazione di Genova Principe che di principesco aveva solo il nome. Quando mettevo piede in posti simili mi chiedevo perché nessuno facesse nulla di fronte a tanta disperazione. Da destra a sinistra i nostri politicanti se ne sbattevano delle povera gente. Chi non aveva casa la trovava in stazione. Mi chiesi anch’io che cosa avrei fatto in simili condizioni. Provavo pena per i senzatetto, meno per i tossici, nessuna per i piccoli criminali. Mi s

