Ora ero io quello che respirava in modo affannato. Mi avvicinai al suo orecchio e le sussurrai: “Voglio portarti su quella panca e legarti, mentre tutti ci guardano. Voglio riempirti il culo e schiaffeggiartelo, e poi scoparti fino a farti urlare.” “Sì, padrone.” “Vuoi farlo qui? In questo luogo… ti scoperò, ma non dobbiamo farlo per forza qui.” Mi guardò coi suoi occhi soffici. Mi studiava. “Lo voglio. Voglio scoprire come eri, come sei ancora.” Scossi la testa e le accarezzai la guancia. “Io non sono più come questa gente. Tu mi dai tutto quello di cui ho bisogno.” Annuì impercettibilmente, poi continuò: “E tu dai a me quello di cui ho bisogno. E ho bisogno che tu… faccia quello che vuoi. Qui.” Tremò e chiuse gli occhi, emettendo un soffice gemito. Sollevò le dita tremanti e tirò i

