Essere curiosi (e andare ai concerti) allunga la vita-1

2028 Parole
Essere curiosi (e andare ai concerti) allunga la vitaParlare di musica è come ballare di architettura. Frank Zappa genio musicale (1940-1993) Parliamo di “musica colta”, altrimenti detta “musica classica”. Innanzitutto, cosa significa? Dicendo “musica classica”, per distinguerla da quella popolare o leggera, di solito ci riferiamo a tutta la musica colta (sia sacra che profana), prodotta più o meno dal secolo XI fino ai giorni nostri. In realtà la categoria di “classica”, che viene ovviamente assegnata dai posteri, indicherebbe la musica composta nel periodo da Bach a Beethoven, autori del Classicismo, caratterizzati da una grande eleganza e raffinatezza formale: ormai, però, nell’accezione comune viene utilizzata in un significato più ampio, che quindi comprende tutti i generi, le composizioni e gli autori di quasi mille anni di storia. Ma è davvero tutto così difficile? Come fare per iniziare ad ascoltare la musica classica o lirica senza perdersi nei meandri di un mondo sconosciuto e, a prima vista, lontano e sconfinato? Com’è possibile che ci sia ancora gente che ascolta Mozart o Vivaldi? Beh, poiché se ne parla da secoli e si continua ancora a parlarne, un motivo ci sarà di sicuro! Una risposta va forse va cercata nella sottile trama che si forma intorno alle opere d’arte di ogni genere. L’opera d’arte, di qualunque arte si tratti, deve superare una sorta di prova del tempo, in cui essa diventa il centro dal quale si irradia tutta una serie di riflessioni e stimoli, di sollecitazioni, di ulteriori approfondimenti e perfino di imitazioni. Se un “prodotto” musicale si perpetua nel tempo (da Bach ai Beatles) e in molti lo ascoltano, ne trovano motivo di riflessione, lo analizzano per cercare le idee fondamentali, per interpretare il pensiero dell’autore e comprendere come la società ci si rispecchia o come l’autore stesso attribuisce senso e significato alla sua opera, tale “prodotto” assume una diversa valenza e può, in qualche modo, considerarsi davvero musica classica, nel senso che (di chiunque si stia parlando, da Freddie Mercury a Donizetti) ha superato lo scoglio dell’effimero, perché è Musica rimasta scolpita nell’immaginario collettivo. Ecco in linea di massima (e con parole mie) il significato dell’ascoltare la musica classica: probabilmente quando è stata scritta c’era qualcosa di importante che andava detto e quel compositore è riuscito a farlo. E se il suo successo resta immutato, quel “qualcosa” è verosimilmente ancora attuale, quindi vale la pena di scoprire perché: forse perché affronta un problema sociale sempre incombente (come avviene in molte opere verdiane: per esempio nel Nabucco, in cui si esalta il tema della libertà), o perché descrive i moti dell’animo umano, immutabili nel tempo (in ogni opera si parla di amore, odio, gelosia e vendetta, da Otello a Turandot); o, ancora, perché raggiunge vette di emozione che fanno inevitabilmente commuovere (la musica di Beethoven ci scuote e ci emoziona sempre, seppure inspiegabilmente), ovvero perché ha una purezza assoluta e aliena che placa l’anima immediatamente dai suoi affanni (Bach era un genio di intelligenza luminosa, e le sue composizioni sono capolavori di impensabili equilibri matematici e geometrici)… Non c’è, naturalmente, una risposta unica e valida per tutti, perché ognuno di noi può avere le proprie motivazioni e per ciascuno saranno diverse. Attenzione, l’ho già detto e lo ripeterò fino alla noia: anche se non ve ne rendete conto, siete già a conoscenza di un sacco di cose sulla musica. Avrete modo di accorgervene presto. Parlare di musica sembrerebbe non avere senso, come diceva Frank Zappa. Probabilmente sapete già chi è, ma vorrei ricordare a chi invece non lo sapesse che è stato un grande chitarrista, musicista non certo classico, ma dalla sconfinata preparazione e cultura musicale, che ha saputo unire i molti linguaggi della musica, dalle avanguardie classiche al blues, dal barocco al rock e al R&B, rimanendo fedele a se stesso. Era uno di quelli che affermano che la Musica è tutta bella, che ogni genere ha aspetti fascinosi e può presentare sempre qualcosa di interessante. Sosteneva, infatti, che la musica si suona o si ascolta, tutto il resto è inutile. Non che avesse torto, intendiamoci. Ma, a mio avviso, anche se parlarne soltanto non è utile e non esistono opinioni giuste o sbagliate in assoluto, affrontare in modo semplice e divertente l’argomento “musica classica” può in ogni caso offrire molte piacevoli sorprese. Innanzitutto immagino che qualche domanda ve la sarete magari posta anche voi; come per esempio: “Ma, tra tanti compositori uomini, non c’era nemmeno una donna talentuosa?” oppure “cos’è un accidente musicale? e cos’è un fagotto?” Magari ve lo sarete già chiesto, magari no. Però sono domande curiose, che aprono comunque uno spiraglio intrigante su un mondo che all’inizio sembra lontano e rigido (un po’ colpa di un certo accademismo snob, purtroppo bisogna ammetterlo), ma che rapidamente si scopre essere interessante e pieno di vita. Certo, le parole non bastano: bisogna innanzitutto ascoltare ed elaborare una propria opinione. Se ne sentite la curiosità, non abbiate paura di entrare in un teatro o in qualsiasi sala per assistere a un’opera o a un concerto; o anche, più semplicemente, di cercare in Rete gli esempi musicali di cui parleremo in queste pagine dal momento che, per fortuna, le tecnologie odierne ci permettono di accedere in tempo reale a tutto quello che vogliamo conoscere; per questo, se cercherete on-line la musica che vi incuriosisce sono certa che farete scoperte inaspettate. «Ma è più bravo Bach o Mozart?» mi domandano talvolta i bambini che iniziano a studiare la musica, mostrando occhi attenti e incuriositi quando racconto episodi e faccio piccoli esempi, per far loro comprendere che i “grandi della musica” sono stati piccoli anche loro, anche se spesso degli enfants prodige e, in ogni caso, sono vissuti da esseri umani come noi, non privi, quindi, di difetti, pregi e curiosità. Naturalmente penso sia impossibile commisurare la bravura di Mozart a quella di Bach, sebbene fiumi di inchiostro siano stati versati per analizzare approfonditamente l’opera (nonché l’ispirazione, la forma, la storia, la filologia e quant’altro sia degno di studio) di tutti i personaggi che hanno fatto la storia della musica. Non ho risposta, e dubito che se ne possa dare una. Credo però valga la pena che ciascuno formuli la propria, ascoltando la musica alla luce del proprio gusto personale. In fondo, così come elaboriamo una sorta di selezione di tutto quello che ci interessa attraverso le nostre numerose esperienze quotidiane (in qualsiasi settore: dalla cucina alla moda, dai libri ai film…), anche nella musica possiamo scegliere anche solo alcuni brani, o autori, o suggestioni dall’immenso repertorio dei vari generi musicali. Sarà poi la nostra coscienza a offrirci gli strumenti per poterli apprezzare, associandoli a ricordi, emozioni o sentimenti che rendano la nostra esperienza significativa: ma se non proviamo non lo sapremo mai. Quando amici o allievi mi dicono «non sappiamo niente di lirica o di classica», e per questo rinunciano a sentire il concerto o l’opera, rispondo sempre che non c’è niente da capire, come ho ripetutamente detto. Lo ridico anche qui, con fermezza. Non c’è niente che non possiate capire: aprite gli occhi, le orecchie, il cuore, e lasciate che la musica vi parli. Tutto il resto verrà da sé. Una piccola, ulteriore riflessione: tutti, più o meno volentieri, siamo entrati in un museo, o abbiamo visitato qualche mostra, nei luoghi d’arte di cui l’Italia è disseminata, perché “informati” dalle nozioni di storia dell’arte apprese durante tutta la scuola dell’obbligo e oltre; mentre non ci è stata insegnata alcuna disciplina che fosse propedeutica alla frequenza delle sale da concerto o dei teatri. Infatti, mentre tutti abbiamo sentito parlare del pessimismo cosmico di Leopardi, abbiamo imparato a memoria “la donzelletta vien dalla campagna”, oppure sospirato, per sentimento o per noia, sull’“Addio, monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo”, nelle scuole italiane un silenzio assordante ha sepolto la musica cosiddetta “colta”. Tutto cominciò alla fine del 1800, quando la riforma della scuola di Francesco De Sanctis, esimio letterato nonché ministro dell’Istruzione dell’epoca, istituì delle Scuole specifiche per signorine, in cui la musica era annoverata, insieme al cucito, come “arte donnesca”. Pian piano, a partire da quella pignolesca distinzione, la musica a scuola si è sempre più allontanata dai ragazzi, sia dal punto di vista teorico che pratico. Indipendentemente dalla mia opinione personale sulle discipline “donnesche”, è stato davvero un peccato che siano trascorsi così tanti anni di esilio della musica dalla scuola, dando origine a un “analfabetismo musicale” che ha allontanato le giovani generazioni dalle sale da concerto, nelle quali l’età media degli spettatori risulta sempre più alta. In Germania, per esempio, dove si studia musica durante l’intero percorso scolastico, i ragazzi frequentano abitualmente le sale da concerto, così come i musei o i teatri (con conseguenti ricadute economiche anche per l’industria musicale nel suo complesso). Nella scuola italiana, invece, intere generazioni hanno soffiato nel famigerato flautino di plastica, attività che stuoli di volenterosi colleghi insegnanti hanno cercato di gestire con personale creatività, ostacolati da programmi scolastici inadeguati, classi numerose e insufficienti ore a disposizione, che hanno spesso impedito loro qualunque coraggioso tentativo di innovazione. Fatalmente lo studio della musica nella scuola italiana ha perso l’importanza e il significato artistico che avrebbe potuto e dovuto avere, con riflessi economici negativi per il settore dell’industria musicale che riesce a sopravvivere solo mediante i continui interventi finanziari dello Stato. Per creare sensibilità alla musica, bisogna insegnarla e frequentarla lungo tutto il percorso di studi in quanto – soprattutto in un Paese come il nostro, con un passato talmente glorioso da essere invidiato in tutto il mondo – è imperdonabile ricoprire un ruolo marginale proprio in questo settore. Ci hanno fatto studiare la Storia fatta di battaglie e di politica, ignorando, nel contempo, che la musica ha in effetti scandito l’evoluzione delle civiltà nel tempo, con il suo linguaggio variamente ma universalmente condiviso dall’intero genere umano. Intendiamoci: non propongo soluzioni magiche né intendo in alcun modo sminuire l’insegnamento di tutte le altre materie che hanno magari più spazio in un sistema scolastico che ci vuole performanti e pratici; ma penso di poter affermare che, mortificando l’educazione musicale, il livello culturale della nostra scuola si pone considerevoli limiti. Per fortuna i tempi stanno cambiando e la scuola si sta evolvendo anche in questo senso; le iniziative aumentano di anno in anno e dall’iniziale e spesso volontaristica sperimentazione degli anni Settanta si è passati all’istituzione di corsi e laboratori già alle elementari, e ad oggi (2018) si contano in Italia 1400 Scuole medie a indirizzo musicale, e 140 Licei musicali. C’è tuttavia ancora un po’ di confusione per quanto riguarda i Conservatori, che hanno formato generazioni di musicisti fino a pochi anni fa e stanno attraversando una fase di modifica sostanziale che ci auguriamo sia migliorativa. Non mi dilungo ulteriormente su questo argomento, anche se mi auguro una crescente moltitudine di ragazzi curiosi e interessati, già da piccoli, a conoscere tutti i generi musicali (soprattutto la classica ovviamente), senza per questo sentirsi degli esclusi o degli emarginati dai gruppi di coetanei “modaioli”. Spesso si immaginano i personaggi appartenenti alla musica classica come patetici tipi pallidi e fuori dal mondo, che ascoltano, solitari e introversi, musica antica e soporifera. Ma vi garantisco che non è così: i musicisti, e tutti coloro che lavorano nell’ambito musicale classico, al pari degli amanti di questo genere, sono né più né meno come tutti gli altri, divertenti o noiosi, appassionati o pigri, fascinosi o anonimi; hanno voglia di divertirsi, di commuoversi, di arrabbiarsi perfino. Faticano parecchio da giovani perché studiano molto, ma dedicano la vita alla loro passione, destinati quindi ad essere senza dubbio soddisfatti della scelta di vita che hanno intrapreso. Come tutti. E quelli che oggi ci appaiono come personaggi noiosi e lontani (Verdi o Paganini, per fare degli esempi), ai loro tempi erano più famosi e influenti di blogger o popstar attuali. Pensate che Giuseppe Verdi era talmente famoso che al suo funerale parteciparono oltre centomila persone; una folla notevole, se si considera che all’epoca la città di Milano contava in tutto circa 500.000 abitanti! La musica, se ci riflettete un attimo, ci coinvolge in ogni momento della nostra giornata: dalla radiosveglia in poi, al primo jingle di RaiNews24, alla musica dell’ascensore in ufficio o a quella del centro commerciale. E poi le radio, le tv, i film, le serie, le trasmissioni, i cartoni animati; e ancora, le suonerie del telefono, i videogames, i social, YouTube. Ovunque è musica. Di ogni genere, tipo e qualità, ma sempre musica. Spesso, inoltre, usiamo i termini musicali per descrivere azioni umane, come battere i piedi quando camminiamo a tempo di marcia, o magari piantare un chiodo a tempo di valzer (di solito applichiamo esempi musicali a esperienze di movimento, quasi che la musica, proprio per sua natura, possa incarnare il concetto stesso di movimento).
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