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Carlo Collodi - Antologia dei racconti

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Trafiletto

Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino

I racconti delle fate

Barba-blu

La bella addormentata nel bosco

Cenerentola

Puccettino

Pelle d"asino

Le Fate

Cappuccetto Rosso

Il gatto con gli stivali

Enrichetto dal ciuffo

La Bella dai capelli d" oro

L"uccello turchino

La Gatta Bianca

La Cervia nel bosco

Il Principe Amato

La Bella e la Bestia

I ragazzi grandi

Parte prima

Parte seconda

Storie allegre

L"omino anticipato.

Pipì.

La festa di Natale

Dopo il teatro

Chi non ha coraggio non vada alla guerra

L"avvocatino difensore

Quand"ero ragazzo!

Una mascherata di Carnevale

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Chapter 1
I. Come andò che maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino. C’era una volta... – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da ctasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel gior no questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della puta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura. Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di le gno, si rallegrò tutto e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce: – Questo legno è capitato a tempo: voglio servirmene per fare una gamba di tavolino. Detto fatto, prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo, ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase colbraccio sospeso in aria, perché sentì una vocina sottile, che disse racco mandandosi: – Non mi picchiar tanto forte! Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Ciliegia! Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza per vedere di dove mai poteva essere uscita quella vocina, e non vide nessuno! Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; apri l’uscio di bottega per dare un’occhiata anche sulla strada, e nessuno! O dunque?... – Ho capito; – disse allora ridendo e grattandosi la parrucca, – si vede che quella vocina me la sono figurata io. Rimettiamoci a lavorare. E ripresa l’ascia in mano, tirò giù un solennissimo colpo sul pezzo di legno. – Ohi! tu m’hai fatto male! – gridò rammaricandosi la solita vocina. Questa volta maestro Ciliegia restò di stucco, cogli oc chi fuori del capo per la paura, colla bocca spalancata e colla lingua giù ciondoloni fino al mento, come un mascherone da fontana. Appena riebbe l’uso della parola, cominciò a dire tremando e balbettando dallo spavento: – Ma di dove sarà uscita questa vocina che ha detto ohi?... Eppure qui non c’è anima viva. Che sia per caso questo pezzo di legno che abbia imparato a piangere e a lamentarsi come un bambino? Io non lo posso credere. Questo legno eccolo qui; è un pezzo di legno da caminetto, come tutti gli altri, e a buttarlo sul fuoco, c’è da far bollire una pentola di fagioli... O dunque? Che ci sia nascosto dentro qualcuno? Se c’è nascosto qualcuno, tanto peggio per lui. Ora l’accomodo io! E così dicendo, agguantò con tutt’e due le mani quel povero pezzo di legno e si pose a sbatacchiarlo senza carità contro le pareti della stanza. Poi si messe in ascolto, per sentire se c’era qualche vocina che si lamentasse. Aspettò due minuti, e nulla; cinque minuti, e nulla; dieci minuti, e nulla! – Ho capito, – disse allora sforzandosi di ridere e arruffandosi la parrucca, – si vede che quella vocina che ha detto ohi, me la sono figurata io! Rimettiamoci a lavorare. E perché gli era entrata addosso una gran paura, si provò a canterellare per farsi un po’ di coraggio. Intanto, posata da una parte l’ascia, prese in mano la pialla, per piallare e tirare a pulimento il pezzo di legno; ma nel mentre che lo piallava in su e in giù, senti la solita vocina che gli disse ridendo: – Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo! Questa volta il povero maestro Ciliegia cadde giù come fulminato. Quando riaprì gli occhi, si trovò seduto per terra. Il suo viso pareva trasfigurato, e perfino la punta del naso, di paonazza come era quasi sempre, gli era diventata turchina dalla gran paura.

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