“Ci vediamo domani sera alla cena dei Jenkins" l'avevo salutata così il giorno prima.
E adesso lei era di fronte a me, nella casa del senatore Jenkins, con il broncio sul viso e l'aria annoiata. Odiavo vedere la mia Heidi con lo sguardo spento. Odiavo che le chiudessero la bocca per metterla a tacere o che le impedissero di dare la sua opinione sulle 'ingiustizie' della società.
Lei era sempre stato uno spirito ribelle e forse proprio questo suo lato indomito era riuscito ad attrarmi sin dalla prima volta che l'avevo conosciuta.
Annoiata, ferma accanto una poltrona non sembrava proprio lei, con molte probabilità non era interessata a partecipare alla serata 'in famiglia' dei Jenkins. Ma quella era la società dove entrambi eravamo cresciuti e se ci dicevano di andare, noi dovevamo esserci, volente o nolente.
"Adelaide sorridi al senatore Jenkins e cerca di non discutere delle scelte politiche effettuate." Sussurrò Manila Thompson alla figlia.
"Sarebbe una cena in famiglia, questo esclude parlare di politica." Emise lei in un sussurro
"Hannah ha organizzato questa cena per un motivo, avere l'appoggio dei Keller adesso che si è candidato come senatore del Massachusetts è importante." Aveva risposto Manila spingendo la figlia verso gli ospiti di casa per i convenevoli di rito.
Anche io sapevo quella cosa, sinceramente che lo chiamassero già senatore mi infastidiva. Perché non chiamarlo dottore o avvocato, sapevo che chiamarlo rappresentante era strano. Ma chiamarlo senatore no, o almeno non era il caso dal momento che non lo era ancora.
Sapevo che mio padre lo avrebbe appoggiato, Jenkins era un democratico e tanto bastava per avere i favori della mia famiglia.
Guardai la schiena diritta e nuda di Heidi e mi chiesi cosa avevo fatto di male a meritarmi un'altra serata con lei.
L'avevo ignorata in quegli ultimi due anni, più che ignorata, evitata era il termine giusto. Perché non riuscivo ad ignorarla!
Credo di averla amata dal primo momento che l'ho conosciuta a quindici anni, quando io e suo fratello London diventammo compagni di classe, e successivamente migliori amici, alla Boston Latin Academy.
London lo aveva portato a casa sua quel giorno e lui aveva sentito Manila discutere.
"Sembra che mia sorella Adelaide ne abbia fatta una delle sue." Mi aveva detto London entrando nella sala degli ospiti.
Una donna dai capelli neri e la carnagione scura stava sgridando una bambina con la pelle poco più chiara della sua e gli stessi capelli neri e ricci. Sembrava che la bambina fosse intervenuta in una scorribanda con alcuni ragazzi che stavano approfittandosi di uno della prima classe.
"Non ho potuto fare a meno di intervenire. Era più piccolo e volevano prendergli la merenda."
"Devi darti una calmata Adelaide, quando vedo queste cose avverti un docente, ti rendi conto che con i tuoi atteggiamenti metti in imbarazzo tutti noi?" Diceva la donna disillusa.
"Mamma quel bambino..." Continuò lei fermandosi notando la nostra presenza.
"London!" Disse la matriarca osservando il primogenito così simile al padre sia di aspetto che nei modi.
"Mamma, io e Gabriel abbiamo la ricerca, ricordi?" Disse il mio amico indicandomi.
Io subito ero entrato nella parte, avevo teso la mano e come mi aveva insegnato mio padre mi ero presentato. "Deliziato signora Thompson, Gabriel Keller, per servirla." Le avevo preso la mano e lievemente vi avevo poggiato la bocca.
"Oh sì! London mi aveva detto di te. Ma andate, proseguite in biblioteca, io intanto vi faccio preparare qualcosa da bere." Ci aveva detto prendendo la figlia per mano.
I miei occhi si erano sposati sulla bambina e mi folgorarono, per il colore particolare sicuramente, erano verdi grigi, ma anche per l'intenso ardore che vi vidi.
"Adelaide va in camera tua, parleremo dopo con tuo padre della tua condotta." Disse la donna alla piccola.
Io le sorrisi beffardo. Adelaide, come la protagonista dell'anime che avevo visto in Germania a casa di mia madre. Sembrava proprio come quella pastorello, una piccola selvaggia indomita. "Ciao Heidi." Le avevo detto.
"Heidi?!" Una smorfia era comparsa sul suo viso. "Adelaide, mi chiamo Adelaide."
Ancora le avevo sorriso spalleggiandomi a London. "Si sì, proprio così! Heidi." La beffeggiai. "Avete tutti nomi di città qui in famiglia?" Avevo chiesto al mio amico che, divertito, rise portandomi fin se in biblioteca.
"Ovvio! London, Chester, Brooklyn, Adelaide, Dallas e Alaska." Me li elencò lui. "Lo so, i miei sono assurdi."
Io risi. "Tanto quanto mio padre, ci ha messo i nomi dei tre alti arcangeli." Gli dissi guardandomi intorno, come a casa mia anche in quella abitazione c'era una biblioteca privata di tutto rispetto. I testi erano forse più antichi di quelli che si trovavano a casa ed anche la fattura dei mobili che si comprendeva fossero più antichi.
La mia famiglia era giunta a Boston agli inizi del ventesimo secolo, sapevo solo che il mio bis nonno un banchiere di Monaco, aveva lasciato la Germania col nonno. Il nuovo Reich chiamava alle armi tutti i giovani cittadini tedeschi e al bis nonno sacrificare l'unico figlio per la patria, dopo che aveva combattuto nella prima guerra mondiale, non doveva andare proprio giù, se aveva deciso di mandare via il figlio.
Ovviamente col senno di poi e sapendo della guerra che ne era seguita, dovevo ammettere che il mio bis nonno aveva fatto bene. La seconda guerra mondiale aveva colpito anche gli Stati Uniti. Ma non come l'Europa e soprattutto a Boston, dove era approdato nonno Edgar, i rumori di quella guerra erano pochi.
Il nonno aveva tirato su la sua impresa aprendo una società di consulenza finanziaria, seguendo la tradizione di famiglia, lì a Boston.
Rientrato in Europa aveva rilevato la banca con i figli degli ex soci e trasformata in una sede secondaria della sua società.
Mio padre poi, con lo zio Gellert, aveva fatto crescere la Keller consulting group in tutto il mondo, cominciando da Londra, fino ad arrivare all’altra estremità del globo in oriente.
Aveva sacrificato tutto per la sua società papà, anche me. Il figlio inaspettato!