III-2

2670 Parole
- Ci vorrebbe anche questa, che tu rifiutassi! - proferì stizzito il generale, che non voleva nemmeno nascondere la sua stizza. - Qui, caro mio, non si tratta già di non rifiutare, ma si tratta della tua prontezza, del piacere, della gioia con cui accoglierai la parola di lei... Che succede a casa tua? - Ma che c’entra casa mia? A casa tutto dipende da me, soltanto mio padre fa delle matterie al suo solito, ma ormai è diventato proprio un uomo indecente; io non gli parlo nemmeno più, lo tengo però come in una morsa e, davvero, se non ci fosse mia madre, gli mostrerei la porta. Mia madre, si sa, non fa che piangere; mia sorella è piena di rabbia, ma io ho finito col dir loro senz’altro che il padrone del mio destino sono io, e in casa desidero che mi... obbediscano. A mia sorella, almeno, tutto questo l’ho cantato chiaro, in presenza della mamma. - E io, mio caro, continuo a non capire, - osservò pensieroso il generale, alzando leggermente le spalle ed allargando un poco le braccia. - Anche Nina Aleksàndrovna l’altro giorno, quando venne qui, ti ricordi? gemeva e sospirava. “Che avete?” le domando. Per loro, a quanto pare, è un disonore. Ma che disonore, se è lecito? Chi può fare qualche rimprovero a Nastas’ja Filippovna, o dire qualcosa a suo carico? Forse il fatto che è stata con Tockij? Ma questa poi è una sciocchezza tale, specialmente date le circostanze!... “Voi”, mi dice, “non la lascereste mica andare dalle vostre figliole?”. Be’! Guarda un po’! Ah, che Nina Aleksàndrovna! Voglio dire, come non capire, come non capire... - La propria posizione? - suggerì g***a al generale imbarazzato: - lei la capisce; non adiratevi con lei. Io, del resto, quel giorno stesso detti loro una lavata di capo, che non s’immischiassero nei fatti altrui. Nondimeno finora, a casa nostra, tutto si regge soltanto perché l’ultima parola non è stata ancor detta, ma il temporale scoppierà. Se oggi verrà l’ultima parola, allora verrà fuori tutto. Il principe aveva sentito tutta questa conservazione, mentre attendeva in un cantuccio al suo saggio calligrafico. Egli finì, si avvicinò alla tavola e consegnò il foglio. - Sicché questa è Nastas’ja Filippovna? - esclamò, dopo aver guardato il ritratto con attenzione e curiosità: - è meravigliosamente bella! - soggiunse subito con calore. Il ritratto raffigurava infatti una donna di non comune bellezza. Era stata fotografata in abito nero di seta, di un taglio straordinariamente semplice e squisito; i capelli, evidentemente di un biondo scuro, erano acconciati con semplicità, alla casalinga; gli occhi scuri, profondi, la fronte pensosa; l’espressione del volto appassionata e, si sarebbe detto, altera. Era forse un po’ magra di viso, e pallida... g***a e il generale guardarono stupiti il principe... - Come, Nastas’ja Filippovna! Perché conoscete già anche Nastas’ja Filippovna? - domandò il generale. - Sì, sono in Russia appena da ventiquattr’ore e conosco già una simile bellezza, - rispose il principe, e subito narrò il suo incontro con Rogozin e riferì tutto il racconto di lui. - Ecco delle altre novità! - esclamò, tornando a inquietarsi, il generale, che aveva ascoltato il racconto con attenzione straordinaria, e guardò g***a con occhio scrutatore. - Probabilmente è solo scapestrataggine, - borbottò g***a alquanto impacciato anche lui, - è un figlio di mercante che si dà bel tempo. Ne ho già sentito parlare. - E anch’io, mio caro, - replicò il generale. - Subito dopo il fatto degli orecchini, Nastas’ja Filippovna aveva riferito tutto l’episodio. Ma ora è già un’altra faccenda. Qui forse c’è realmente di mezzo il milione... e la passione, una passione scapestrata, mettiamo, ma sa pur sempre di passione, e si sa di che son capaci quei signori, in piena sbornia... Uhm!... Purché non ne nasca qualche storia! - concluse il generale soprappensiero. - Avete paura del milione? - chiese sogghignando g***a. - E tu no, naturalmente? - Che vi è parso, principe, - gli domandò g***a all’improvviso, - che quello sia un uomo serio o solo così, uno scapestrato? Qual è precisamente la vostra opinione? In g***a, mentre faceva questa domanda, avveniva qualche cosa di speciale. Come se un’idea nuova e singolare gli si fosse accesa nel cervello e gli scintillasse, impaziente, negli occhi. Anche il generale, la cui inquietudine era effettiva e sincera, sogguardò il principe, ma come se non si aspettasse molto dalla sua risposta. - Non so come dirvi, - rispose il principe, - ma mi è parso che in lui ci fosse molta passione, anzi una specie di passione morbosa. E lui stesso, poi, ha proprio l’aria di essere ancora malato. È possibilissimo che qui a Pietroburgo si metta di nuovo a letto fin dai primi giorni, specialmente se ricadrà nei bagordi. - Sì? Così vi è sembrato? - domandò il generale, aggrappandosi a questa idea. - Sì, mi è sembrato. - E tuttavia gli episodi di questo genere possono durare anche pochi giorni, e forse oggi stesso, ancora prima di sera, la cosa prenderà una nuova piega, - e g***a sorrise, volgendosi al generale. - Uhm!... Certamente... E sia, ma allora tutto dipende da quello che le frullerà per il capo, - disse il generale. - E voi lo sapete bene che cosa fa, qualche volta. - Cioè, che cosa fa? - sbottò di nuovo il generale, che aveva raggiunto uno straordinario grado d’irritazione. - Da’ retta, g***a, oggi fa’ il piacere di non contraddirla troppo, e cerca, sai, di essere... insomma, di esser gradito... Uhm!... Perché storci la bocca così? Ascolta, Gavrila Ardalionyc, adesso è il momento, è proprio il momento di domandarci: a che scopo ci affanniamo? Tu capisci che, in quanto all’interesse personale che io ho in questa faccenda, sono già al coperto da un pezzo; in un modo o nell’altro, risolverò la cosa a mio vantaggio. Tockij ha preso la sua decisione irrevocabilmente, quindi anch’io sono del tutto sicuro. E perciò, se ora desidero qualche cosa, è unicamente il tuo vantaggio. Giudica tu stesso: non hai forse fiducia in me? Inoltre tu sei un uomo... un uomo... insomma, un uomo intelligente, e io ho messo le mie speranze in te... e questo, nel caso presente, è... è... - È l’essenziale, - terminò g***a, aiutando di nuovo il generale imbarazzato, e storcendo le labbra in un sorriso velenosissimo che più non cercava di nascondere. Col suo sguardo infiammato fissava il generale negli occhi, quasi col desiderio che quello gli leggesse nello sguardo tutto il suo pensiero. Il generale si fece di porpora ed ebbe uno scatto. - Ma sì, l’intelligenza è l’essenziale! - confermò, guardando g***a con asprezza: - e tu sei proprio buffo, Gavrila Ardalionyc! Sembri rallegrarti di questo mercantuccio, io lo noto, come di una via di uscita per te. Ma qui appunto si sarebbe dovuti giungere con l’intelligenza fin dal principio; in queste cose appunto bisogna capire e... e agire da tutt’e due le parti con lealtà e franchezza, o se no... avvertire prima per non compromettere altri, tanto più che di tempo ce n’era a sufficienza, e anche adesso ne rimane abbastanza, - (il generale alzò le sopracciglia con aria significativa), - sebbene non manchino che poche ore... Hai capito? Hai capito? Vuoi o non vuoi, in sostanza? Se non vuoi, dillo, e buona notte. Nessuno vi trattiene, Gavrila Ardalyonic, nessuno vi tira in trappola per forza, nel caso che qui voi vediate una trappola. - Voglio, - mormorò g***a a mezza voce, ma con fermezza, poi abbassò gli occhi e tacque, cupo. Il generale era soddisfatto. Si era scaldato, ma già si pentiva visibilmente di avere ecceduto. A un tratto si voltò verso il principe, e sopra il suo viso parve passare il pensiero inquieto che il principe era lì e doveva pur avere sentito. Ma in un attimo si rassicurò: bastava dare un solo sguardo al principe per rassicurarsi pienamente. - Oh, oh! - gridò il generale, guardando il saggio calligrafico presentato dal principe: - ma questo è un modello! Anzi un modello raro! Guarda un po’, g***a, che talento! Sopra lo spesso foglio di carta pergamena il principe aveva scritto in caratteri russi medievali la frase: “L’umile igúmeno Pafnutij ha firmato di sua mano”. - Questa qui, - spiegava il principe con grandissima compiacenza e animazione, - è la firma precisa dell’igúmeno Pafnutij, da un facsimile del secolo decimoquarto. Firmavano stupendamente, tutti quei nostri antichi igúmeni e metropoliti, e con che gusto talvolta, con che studio! Non avreste almeno l’edizione di Pogodin, generale? Poi, ecco, qui ho scritto con altri caratteri: questo è il grosso carattere tondo francese del secolo scorso, certe lettere si scrivevano perfino diversamente, è il carattere di piazza, il carattere degli scrivani pubblici, ricavato dai loro modelli (io ne avevo uno); convenite che non manca di pregi. Date un’occhiata a queste d e a rotonde. Io ho trasportato il carattere francese nelle lettere russe: è molto difficile, ma è riuscito bene. Ecco ancora un carattere bellissimo e originale, in questa frase qui: “lo zelo supera tutto”. Questo è un carattere russo, di cancelleria o, se volete, di cancelleria militare. Così si scrive una carta d’ufficio a un personaggio importante, è anche questo un carattere tondo, un bel carattere nero, carico, ma di straordinario buon gusto. Un calligrafo non ammetterebbe questi svolazzi o, per meglio dire, questi tentativi di svolazzi, queste mezze codine qui, non finite, - vedete, - ma nell’insieme, guardate, ha un suo carattere, e qui traspare davvero tutta l’anima cancelleresca militare: ci si vorrebbe sbizzarrire e la fantasia chiede sfogo, ma il bavero militare è agganciato stretto, la disciplina appare anche dalla scrittura: è delizioso! È poco che un modello di questo genere mi ha colpito, l’avevo trovato per caso, e dove poi? in Svizzera! E questo, ecco, è un semplice, ordinario e purissimo carattere inglese: più innanzi l’eleganza non può andare, qui tutto è grazia, queste son perle e gemme; è una cosa finita, ma eccovi anche una variante, francese anche questa, l’ho avuta da un commesso viaggiatore francese: è il medesimo carattere inglese, ma la linea nera è un tantino più nera e più grossa nell’inglese, ecco: la proporzione dei tratti chiari e scuri è turbata; e notate ancora: l’ovale è modificato, è un pochino più tondo, e per giunta è consentito lo svolazzo, ma gli svolazzi sono una cosa rischiosissima! Lo svolazzo richiede un gusto non comune, ma quando poi è riuscito, quando s’è trovata la proporzione, un carattere simile è incomparabile, è cosa da innamorarsene addirittura. - Oh, oh! in quali finezze vi addentrate, - disse il generale, mettendosi a ridere: - ma voi, signor mio, non siete solo un calligrafo, siete un artista; eh, g***a? - È stupefacente, - disse g***a, - e ha anche la coscienza della propria missione, - soggiunse ridendo beffardamente. - Ridi, ridi, ma qui c’è tutta una carriera, - disse il generale. - Sapete, principe, per quale personaggio vi faremo scrivere ora? Ma vi si può assegnare senz’altro trentacinque rubli al mese come primo passo. È già la mezza, però, - concluse il generale, data un’occhiata all’orologio: - veniamo al fatto, principe, perché mi devo affrettare, e oggi forse non ci rivedremo! Sedetevi un momentino; già vi ho spiegato che ricevervi molto spesso non mi è possibile, ma desidero sinceramente di aiutarvi un pochino; un pochino, s’intende, cioè per le cose più urgenti, e poi farete come a voi stesso garberà di più. Un posticino in un ufficio ve lo troverò, non sarà faticoso, ma esigerà diligenza. E ora veniamo al resto; nella casa, voglio dire nella famiglia di Gavrila Ardalyonic Ivolgin, proprio questo mio giovane amico, che vi presento, la sua mamma e la sorella hanno fatte libere due o tre camere mobiliate del loro alloggio e le affittano a persone molto ben raccomandate, con tavola e servizio. Sono persuaso che Nina Aleksàndrovna terrà conto della mia raccomandazione. Per voi, principe, questo vale più di un tesoro, innanzi tutto perché non sarete solo, ma, per così dire, in seno a una famiglia; e, a parer mio, voi non potete fin dal primo momento vivere da solo in una capitale come Pietroburgo. Nina Aleksàndrovna e Varvara Ardaliònovna, madre e sorella di Gavila Ardalionyc, sono due signore per le quali ho una stima illimitata. Nina Aleksàndrovna è la moglie di Ardaliòn Aleksàndrovic, generale in riposo e già mio camerata nel servizio d’un tempo, con cui, per alcune circostanze, ho troncato i rapporti, cosa che, del resto, non m’impedisce di avergli, in un certo senso, della stima. Tutto questo ve lo spiego, principe, perché comprendiate che io, per così dire, vi raccomando personalmente e, per conseguenza, in certo qual modo garantisco per voi. La retta è modicissima e io spero che il vostro stipendio sarà ben presto più che sufficiente per questo. È vero che una persona ha bisogno di avere anche del denaro per le minute spese, almeno un poco, ma voi non vi offenderete, principe, se vi osserverò che sarà preferibile che facciate a meno del denaro per le minute spese, e in genere di aver denaro in tasca. Lo dico per quella opinione che mi son fatta di voi. Ma poiché ora la vostra borsa è del tutto vuota, permettetemi, per cominciare, di offrirvi questi venticinque rubli. Naturalmente, poi faremo i conti, e se voi siete quella persona sincera e cordiale che sembrate a parole, anche su questo punto non potrà sorgere tra noi nessuna difficoltà. Se tanto m’interesso di voi, è perché a vostro riguardo ho perfino un certo scopo; in seguito lo saprete. Vedete, io vi tratto con tutta franchezza; spero, g***a, che tu non abbia nulla in contrario a che il principe venga a stare in casa vostra. - Oh, tutt’altro! Anche la mamma sarà molto contenta... - confermò g***a con cortese premura. - Da voi, mi pare, c’è solo una camera occupata, finora. Quel, come si chiama? Ferd... Ferd... - Ferdyscenko. - Ma sì, non mi piace quel vostro Ferdyscenko: è una specie di sconcio buffone. E non capisco perché Nastas’ja Filippovna lo incoraggi tanto! Ma è vero ch’è suo parente? - Oh, no, è solo uno scherzo! Di parentela nemmeno l’ombra. - Be’, vada al diavolo! E allora, principe, siete contento o no? - Vi ringrazio, generale, mi avete trattato da persona di straordinaria bontà, tanto più che non vi avevo chiesto nulla; non dico questo per orgoglio; non sapevo realmente dove battere il capo. Dianzi, è vero, mi aveva invitato Rogozin... - Rogozin? Eh no, vi consiglierei paternamente, o, se preferite, amichevolmente, di dimenticarlo addirittura, il signor Rogozin. E in genere vi consiglierei di affiatarvi con la famiglia nella quale entrerete. - Poiché siete così buono, - cominciava già il principe, - ho qui un affare. Sono stato informato... - Be’, scusate, - interruppe il generale, - adesso non ho più un minuto di tempo. Ora avvertirò Lizaveta Prokòf’evna: se vorrà ricevervi subito (e io cercherò di parlare di voi in modo che lo faccia), vi consiglio di approfittare dell’occasione e di piacerle, perché Lizaveta Prokòf’evna vi può essere molto utile; non avete lo stesso casato? Se non vorrà, non ve l’abbiate a male, sarà per un’altra volta. E tu, g***a, intanto da’ un’occhiata a questi conti; poco fa ci abbiamo insistito sopra, io e Fedoseev. Bisognerebbe ricordarsi di includerli... Il generale se ne andò, e il principe non riuscì a esporre il suo affare, a cui aveva già accennato forse per la quarta volta. g***a accese una sigaretta e ne offrì un’altra al principe; il principe l’accettò, ma non si mise a discorrere, desiderando di non disturbare, e prese a osservare lo studio; ma g***a diede appena un’occhiata al foglio tutto coperto di cifre, indicatogli dal generale. Era distratto; il sorriso, lo sguardo, l’aria impensierita di g***a parvero al principe ancora più opprimenti, dopo che furono rimasti soli. D’improvviso egli si avvicinò al principe, che in quel momento stava di nuovo davanti al ritratto di Nastas’ja Filippovna e lo esaminava. - E così, vi piace questa donna, principe? - gli domandò bruscamente, guardandolo con occhio penetrante, e come se avesse un qualche suo bizzarro disegno. - Un viso meraviglioso! - rispose il principe: - e son persuaso che il suo destino non è di quelli comuni. Un volto gaio, eppure essa ha sofferto tremendamente, non è vero? Lo dicono gli occhi e questi due ossicini, questi due punti sotto gli occhi, dove cominciano le guance. È un viso orgoglioso, orgogliosissimo; ma chi sa se è buona? Ah, se fosse buona! Tutto sarebbe salvo! - E la sposereste voi una donna simile? - seguitò g***a, senza levargli di dosso il suo sguardo infiammato. - Io non mi posso ammogliare, io sono malato, - disse il principe. - E Rogozin la sposerebbe? Che ne pensate? - Quanto a sposarla, credo che la potrebbe sposare anche domani; la sposerebbe, ma dopo una settimana sarebbe capace di scannarla. Appena il principe ebbe detto questo, g***a ebbe un tale sussulto, che il principe per poco non mandò un grido. - Che avete? - disse, afferrandolo per un braccio. - Monsignore! Sua Eccellenza vi prega di favorire dalla eccellentissima signora, annunciò il domestico, comparendo sulla soglia. Il principe si avviò dietro al domestico.
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