Luigi - «Il mio primo invito»Per impegni di lavoro e anche per pigrizia, erano già un paio di mesi che non frequentavo una donna. Conquistare una donna è faticoso; farla innamorare è faticoso all’ennesima potenza: devi essere sempre presente, sempre attento e disponibile; dimostrare gentilezza e comprensione anche nelle giornate in cui hai le palle che ti girano a mille; devi sorprenderle con regali inaspettati; stare ad ascoltarle quando ti parlano di tutte le loro cazzate oppure ti porgono domande idiote del tipo che cosa ti è piaciuto di me? Ma cosa vuoi che mi sia piaciuto? Ti ho solamente trovata trombabile. E poi devi garantire entusiasmanti prestazioni sessuali, di quelle di cui lei ha sentito soltanto parlare nei racconti di amiche più fortunate. Sì, all’inizio, è una gran fatica e gran rottura. Ma dopo, signori miei, dopo è una festa. Dopo che lei si è innamorata potete fare tutto e tutto vi sarà perdonato: non chiamarla, non rispondere alle chat, disdire gli appuntamenti, preferire uscire con gli amici; potete anche fingere un’improvvisa stanchezza per evitare di scoparla quella sera, perché quella sera, in realtà, non riuscite a togliervi dalla testa una tizia che avete tentato di abbordare al bar; oppure perché quella sera non ne avete proprio voglia. Accettate il consiglio di un esperto: per ottenere i migliori risultati con il minimo dispendio di energia, scegliete una donna che abbia già manifestato un minimo di interesse nei vostri confronti; magari una che non ha una relazione già da un po’ di tempo: la solitudine l’avrà resa più sensibile e sarà meglio disposta ad accogliere le vostre avances.
Da questo punto di vista, Bianca era perfetta: le piacevo già fisicamente. Le piacevo tanto fisicamente, al punto da ricordarle un attore famoso; e quale donna non andrebbe fiera di essere stata conquistata da un uomo appartenente allo star system?
Dopo quella goffa presentazione, ho iniziato a osservare Bianca con più attenzione: in fondo era scopabile, e forse valeva la pena approfondire la conoscenza per capire se era disponibile a farsi «dare una pigiatina». Così, nei giorni a seguire, abbiamo iniziato una specie di balletto: se lei era arrivata prima di me, io andavo a nuotare nella medesima corsia in cui si trovava lei; e lei, che aveva percepito il mio interesse, faceva altrettanto. E quando questo non era possibile, perché le corsie erano già sovraffollate, facevamo almeno in modo di allenarci in due corsie adiacenti. È stato durante uno degli allenamenti che ho fatto la mia prima mossa.
Quella sera eravamo in due corsie separate; lei si era appoggiata ai galleggianti e stava sciacquando gli occhialini, io mi ero appena fermato dopo una serie di vasche a dorso.
«Come va?» le ho chiesto, diretto.
«Bene, grazie» mi ha risposto lei, sgranando gli occhi e osservandomi di tre quarti, colta di sorpresa dalla mia domanda.
«Quante volte vieni a nuotare durante la settimana?»
«Tre, quattro volte a settimana. Dipende dagli impegni di lavoro e dalla voglia che ho.»
«Mmm… Capisco…»
«Che cosa capisci?»
«Capisco che devo trovare una serata in cui non hai voglia di nuotare per invitarti a uscire.»
Bianca è arrossita e ha rivolto lo sguardo verso il bordo opposto della vasca.
«Be’… insomma… Pratico nuoto per piacere; non è un obbligo. Se ne vale la pena, posso anche rinunciarvi per una sera.»
«E per uscire con me, ne vale la pena?»
«Orientativamente direi di sì. Ma la certezza posso dartela solo dopo che siamo usciti.»
«Ti va di provare?» le ho chiesto, avvicinandomi con le la labbra al suo orecchio.
«Sì, mi va» ha risposto, volgendo gli occhi su di me.