QUATTRO – BALLA, VALCHIRIA, BALLA
Non vi è stato forse detto che gli Dei hanno realizzato un ponte che collega Terra e Paradiso chiamato Bifrost? Di sicuro lo avete visto, ma forse lo avete chiamato arcobaleno. È composto di tre tonalità ed è costruito con più arte di qualunque altra opera. Ma, per quanto forte possa essere, verrà fatto a pezzi quando i figli di Muspell, dopo aver attraversato i grandi fiumi, cavalcheranno su di esso.
Edda Poetica di Snorre Sturleson
KARA
Club Surrender – Islanda
oggi
Corpi si muovono contro di me, a un ritmo pulsante che mi spinge a muovere i fianchi anche mentre mi sposto tra la folla. Un rivolo di sudore mi scorre nella valle tra i seni mentre mi scosto un altro ridicolo mortale di dosso. C’è qualche interessante Altro, qui dentro, ma nessuno con cui abbia molta voglia di ballare. Mando giù il quarto o quinto Dirty Martini, che mi lascia un retrogusto amaro sul palato.
Chiudo gli occhi e sento le mani di Zane risalirmi lungo le linee del vestito quasi inesistente. Lo provoco, lasciando che siano i miei fianchi a parlare. Sorrido a questa piccola vittoria. Sapevo che mi avrebbe seguito, come fa sempre. Solo che non ha mai danzato con me, prima.
Segue un ritmo più blando.
Le mani di Zane seguono le curve fino a soffermarsi sul mio addome.
Il profumo di Acqua di Gio mi invade le narici… aspetta, che diavolo è?
Mi volto e vedo qualcuno che non è Zane, ma un gigante umano che mi afferra. Grido come una Sirena. Di sicuro loro non apprezzerebbero il mio pensiero, essendo le loro voci sesso liquido e tutto il resto. Comunque, centottanta centimetri di steroidi contornati da capelli nero-porpora mi porgono un sorriso da ubriaco. A giudicare dai tatuaggi, pare che lui non sappia se rientrare nella categoria degli sportivi o dei ragazzi alla moda. Nel vedere Betty Boop spuntare da un’intera rete di tribali, devo combattere per non scoppiare a ridere.
Oh, dannazione, rido lo stesso – a lungo – e la cosa non lo scoraggia.
«Ehi, baby», biascica. C’è troppo Jack Daniels nel suo alito.
«Fuori dai piedi, imbecille.» Lo spingo indietro di un metro e la cosa sembra sorprenderlo. Lo sorprenderebbe ancora di più sapere che sto controllando la mia forza per via dei mortali che ci circondano. Ehi, solo perché sono alta poco più di un metro e cinquanta… okay, okay, non più di un metro e cinquanta, non vuol dire che questo idiota non possa essere scagliato a centocinquanta metri di distanza. Potrei lanciare il suo culo mortale su Marte, se volessi. Mandando giù il resto del mio Martini, mi allontano, o meglio, ci provo. L’idiota, che si sta ritagliando un posto nel guinness dei primati degli idioti, mi ferma.
«Ehi, Betty, dovresti andare fuori.»
«Oh, no, coniglietta, vado fuori con te. Dentro e fuori, a dire il vero, molto presto. E il nome è Jackson.»
Rimango a bocca aperta, completamente sotto shock. Deve essere veramente ubriaco fradicio. Chi parla così a una donna? Immagino che mi stia trattenendo dall’ucciderlo perché magari è un tipo a posto quando è sobrio e non avverto niente di davvero sbagliato in lui, grazie agli Dei. E poi non voglio lasciar andare la Valchiria che è in me senza Zane nei paraggi a salvarmi. Mi irrita che io ne abbia bisogno, ma è un blackout che nessun farmaco mortale può anche avvicinarsi a curare. Tremo un po’ a quel pensiero e Mr. Jackson – anche conosciuto come imbecille del giorno – si fa venire un sorriso da mangiamerda a tradimento nell’accorgersene, forse pensando che sia una reazione alle sue parole o qualcosa del genere. Avverto un prurito alle mani che mi spinge a impugnare la spada per mero riflesso, ma mi accontenterò di prenderlo a pugni, a questo punto. Non era questo ciò che intendevo quando ho detto che stasera avrei fatto la cattiva.
Per l’amor del cielo, ho degli standard.
«Sì, sarebbe carino, ma no.»
Provo ad allontanarmi di nuovo, ma quello mi afferra il polso in una presa che mi fa ancora più incazzare tanto da non riuscire a trattenermi. È nel mio spazio personale, non è stato invitato e ora si sta preparando un posto al cimitero. Prima che io possa girarmi e colpirlo con un pugno, un odore meraviglioso mi assale. Non è di Zane. Non è Michael Kors o Acqua di Gio. È il profumo della pura estasi, avvolta in foglie di loto e un pizzico di Hel mischiato per buona misura. Colpita, cerco la fonte di quell’aroma delizioso e mi trovo assalita da un viso ancora più delizioso.
Oh. Per. Gli. Dei.
L’uomo misterioso è improvvisamente tra me e il gigante. Ha capelli castani corti, ma comunque lunghi abbastanza da essere afferrati. I suoi occhi si abbassano sui miei, il colore dell’alba e delle onde allo stesso tempo. Devono essere lenti a contatto. Non esistono occhi dorati e anche se io ho i gloriosi occhi blu-oro, i suoi battono i miei mille a uno. La mano sul mio polso rimane ancora per un secondo prima che il mio cosiddetto spasimante mi lasci andare.
«Mi dispiace, amico, il modo in cui stava danzando… non pensavo che stesse con qualcuno…»
«E quindi tu cosa staresti insinuando sulla mia donna, dicendo questo?» ribatte l’altro, con tutte le pause a effetto, dandomi i brividi.
In effetti, anche il gigante sembra pronto a farsela nei pantaloni. Al diavolo, con il giusto timbro di voce ci sarei potuta riuscire anch’io. Okay, forse no, ma è profondo e fondamentalmente dice non cazzeggiare con me o morirai, senza pronunciare davvero le parole. Mi brontola nell’anima come ghiaccio in un bicchiere, ticchettando contro i lati. Sento allo stesso tempo euforia e dispiacere per il colosso.
«Niente. Lei è assolutamente splendida e per niente volgare in quel vestito… e la parola troia è totalmente fuori dalla mia mente, amico.»
Possibile che questo tizio abbia fumato crack prima di entrare? La mia mano si stringe in un pugno, sul punto di agire per conto suo.
«No, merda, non so cosa sto dicendo. Ho detto a quegli stronzi di non versarmi la tequila. Posso offrirvi da bere? A tutti e due? Al diavolo, la mia carta è alla cassa, inserisco tutti e due. Qualunque cosa vogliate per il resto della sera, la offro io.»
Vedo Occhi Dorati guardare il gigante per un momento prima di annuire. «Non farti vedere a meno di quindici metri da lei.»
«Afferrato, amico, me la squaglio.»
Il gigante si allontana e Occhi Dorati si volta verso di me. Sono decisamente più dorati che blu e non vedo alcun segno rivelatore di lenti a contatto. Sento un calore risalirmi sul collo mentre lui mi valuta. Con i denti mi mordicchio il labbro inferiore per un secondo e i suoi occhi saettano a osservare il mio abito.
«Ciao», dice, con un sorriso malizioso che mette in mostra degli splendidi denti bianchi.
Quelle labbra sembrano essere state fatte per essere baciate. Un improvviso sorriso mi comunica che probabilmente dovrei usare la bocca per dire qualcosa invece di lasciarla spalancata e basta. «Ciao», rispondo, riprendendomi. «Me la sarei potuta cavare da sola, ma grazie.»
«È stato un piacere. Hai un nome, tesoro?»
«Sicuro, non ce l’hanno tutti?»
Una risata che pare quella dei monaci buddisti nel rituale del mattino gli esce dalla bocca mentre io mi prendo a calci mentalmente.
«Kara. Mi chiamo Kara. Tu?»
Quegli occhi dorati mi ipnotizzano sempre di più. Che Odino sia dannato, non può aver creato un essere perfetto quanto Zane. Ma questa sera non sto pensando affatto a quel Drago brontolone. Occhi Dorati sembra un prospetto favoloso per il mio piano. La sua camicia nera non nasconde le rune ai lati del collo o quelle che gli risalgono sugli avambracci. Quelle sì che mi fanno venire in mente il mio Drago. Sospiro e scaccio via il pensiero.
«Gunnr», è tutto ciò che dice mentre continua a osservarmi. Quando gli occhi tornano sul mio viso, sono sicura che il rossore sia arrivato alle guance. «Allora, Kara, vedo che stai cercando guai. Andiamo a bere un drink alla faccia di quell’idiota, così me ne parli. Ma devo prima avvertirti, io mordo.»
«Sì, un drink mi pare una buona idea», squittisco. Sembro una dannata teenager mortale. «Ma per favore trattieniti dal mordere… per ora.»
«Chiaro.»
Mi spinge verso il bar e io salgo su uno sgabello. Primo, così mi avvicino alla sua altezza e, secondo, le mie gambe sembrano fatte di gelatina passata al frullatore. Mi mordo l’interno della guancia e lo guardo con curiosità. E lui chi diavolo è?
Non può essere un Dio perché sono tutti intrappolati, be’, almeno la maggior parte, credo. Spero. Draghi e Mutaforma hanno sempre un lucore negli occhi e sulla pelle anche quando non si sono appena trasformati, e i Draghi hanno diverse sfumature verde nelle iridi. Quando i Draghi e i Mutaforma hanno la bestia vicina alla superficie, la pupilla diventa verticale. Le varie razze di Mutaforma hanno occhi di diversi colori a seconda dell’animale che rappresenta la loro altra metà, ma non ne conosco nessuno che abbia gli occhi blu-dorati di Gunnr. Se fosse un Drago me ne accorgerei, visto che ho trascorso gli ultimi duecento anni con uno di loro… e grazie tante per aver di nuovo insinuato il pensiero nella mia testa. I suoi occhi non sono neanche quelli di un Vampiro, visto che i Vampiri hanno le iridi rosso fuoco come quelle dei loro cugini, i Demoni del Fuoco. La grazia di un Elfo, forse, ma le sue orecchie non sono a punta e non avverto una grande magia in lui, anche se potrebbe essere mascherata. Questo escluderebbe anche Fae e diverse altre razze. Forse uno Stregone? Streghe e Stregoni sono abbastanza umani, almeno fino a quando la magia non diventa troppo vecchia e prende il controllo. Sospiro. Avrei sentito la corrente elettrica della magia su di lui, se fosse stato uno Stregone. Le linee energetiche della magia di evocazione hanno un alone artificioso. È un po’ come conoscere la differenza tra una Coca-Cola e una Coca-Cola Light, o tra burro e margarina. Il prodotto vero ha un sapore diverso e lo stesso vale per la magia di uno Stregone, non essendo una parte di loro come avviene per le razze magiche.
Continuo a osservare il suo corpo muscoloso mentre lui aspetta il barman. Non può essere di certo un Nano e a quel pensiero mi viene da sorridere considerando l’uomo di un metro e ottantacinque che ho davanti. Quando si volta verso di me con un Dirty Martini in mano, mi riprendo.
«Grey Goose, super dirty?»
«Stasera di sicuro. Ma la mia vodka era Absolute. Come facevi a saperlo?»
«Una Dea merita di meglio della Absolute. E poi come altro potevo saperlo se non guardandoti mentre bevevi l’ultimo drink? Con un colpo di fortuna.» Mi strizza l’occhio.
«Tipo stalker?» rispondo, anche se il mio cuore sta cantando nel petto. Questo potrebbe essere proprio ciò che ha ordinato il dottore. Chi se ne importa di chi è. La domanda è: quest’uomo può usare tutte le sue bellissime parti per ciò di cui ho bisogno?
«Solo per una immortale di cui non riesco a distinguere la razza, ma che voglio assaggiare da quando ho posato i miei occhi su di lei.»
Apro la bocca, quindi la richiudo. Un altro tentativo di parlare gli fa brillare gli occhi e lo fa sorridere in un modo che è al tempo stesso malizioso e sincero. È davvero lui il mio biglietto per andarmene da Zane-ville?
«E allora, ti prego, dimmi cosa sei tu? Anch’io sto faticando parecchio a capire la tua razza e sono abbastanza competente in materia, a meno che non ci sia della magia all’opera. Non sei umano, di questo ne sono sicura.» Lo guardo, ancora incapace di distinguere un qualunque collegamento agli immortali che ho incontrato. È stranissimo. Gli Altri possono mischiarsi ai mortali senza che questi ultimi lo sappiano, ma gli altri immortali di solito riescono a riconoscerli per ciò che sono, persino quando sono avvolti dalla magia. C’è sempre qualche segnale rivelatore se guardi bene. La magia di Zane, per esempio, mi protegge per un po’ – abbastanza da allontanarmi da lui per qualche ora – o almeno lui dice così. Non ho mai testato i suoi veri limiti, ma nessuno che mi abbia mai incontrato si è accorto di cosa fossi. Zane dice di dover essere con me perché mi possa schermare del tutto, ma ciò non spiega perché sia così. Giusto un’altra cosa da aggiungere alla lista le cose che mi fanno incazzare dei segreti di Zane. Il mio allarme interiore però non sta risuonando e spero davvero che non dipenda dai Martini.
Gli occhi di Gunnr tornano improvvisamente seri quando risponde: «No, decisamente non sono mortale.»
E questo è tutto. Si volta verso il bicchiere ambrato di qualcosa on the rocks e lo sorseggia, guardandomi dallo specchio dietro il bancone. È lì che incontro i suoi occhi, a una distanza di sicurezza rispetto a quando mi osserva da pochi centimetri.