L'inatteso regalo di Santa Lucia. {Paragrafo 4}

1034 Parole
"Facciamo un passo indietro eh, che ne dici?" Io mi chiamo Rigel, per la mia famiglia ma qualcuno mi chiama anche Michael o semplicemente Mike, quindi tu oltre al tuo nome che noi non diremo mai a nessuno, ti chiamerai Elara o Elle. Il tuo vero nome lo diremo solo quando tornerai a casa tua e lì potrai dire a tutti il nome che hai usato qui, che ne pensi? Così potrai dire alla tua famiglia che hai anche avuto il nome di una Luna! E riguardo a me, puoi chiamarmi come più ti piace!" Le dissi cercando di rendere un gioco quel segreto da custodire. Guardai la sigaretta ormai consumata che avevo lasciato poggiata sulla ringhiera e pensai fra me e me che quella sarebbe stata l'ultima che avrei fumato in pace. Salii le tre scale per tornare dentro alla baita, mi avvicinai al camino e posai la piccola delicatamente su una poltrona. "Cioccolata?" Dissi per rompere il ghiaccio. Come risposta ricevetti un sorrisone e manine in aria. "Sossolata!" "E cioccolato sia!" "Posso avele la pannella, peffavole?" Mi chiese lei. Mi voltai con un'espressione corrugata del viso. "La che?" "La pannella! Quella che di mette nella totta di mele!" Esclamò la saputella. "Pannella?... Aaah, la cannella! Ovvio. Ca - nnella." Ripetei tra me e me ridacchiando disperato ed alquanto preoccupato per il pasticcio dove mi ero infilato. Un pensiero mi fece trasalire. Quanto sarebbe durato tutto ciò? "Elle, quanti anni hai?" Le chiesi avvicinandomi a lei con in mano le tazze con la cioccolata e un barattolino di cannella. La bambina si guardava le manine seria e dopo averci pensato, alzò quattro dita, trattenendone una con l'aiuto dell'altra mano. "Cotí!" Esclamò fiera, tenendo con attenzione il quinto dito abbassato. Per poco non rovesciavo le due tazze di cioccolata. Io e lei ci passavamo tredici anni di differenza e se la matematica non era un'opinione tanti ne sarebbero dovuti passare fino a quando lei non avrebbe compiuto le sue diciassette primavere e io le mie trenta. Tredici anni assieme, tredici come le lune di Giove. Elara, Luna di Giove, arrivata da noi un giovedì di dicembre: questa storia iniziava ad avere delle coincidenze strane. In quel momento avrei voluto il potere di mia madre di smaterializzarmi per poterla raggiungere e strozzarla con le mie stesse mani. Guardai la cioccolata e pensai che avrei avuto più bisogno di una birra ed un nuovo pacchetto di sigarette. "Fai piano, che scotta!" Le dissi passandole la tazza facendo attenzione di lasciarla solo quando mi resi conto che l'aveva afferrata per bene. Notai chi aveva le scarpe bagnate e mi abbassai per sfilarle e le posai vicino al caminetto. "La mia mamma dise che sei hai i piedini bagnati poi ti vieni il laffleddole e fai eccí!" Esclamò la piccolina, con l'aria saggia di chi mi stava dando una preziosa lezione di vita. "Giusto, la tua mamma aveva ragione quindi ora sai cosa faccio? Mi tolgo anche io le scarpe e ce ne stiamo qui ad aspettare che il fuoco ci scaldi i piedi. Fuori ha iniziato a nevicare, sarà una lunga notte, Elle." Sospirai. Lunga. Tredici anni lunga. Il mio pensiero fu interrotto. Sentii la porta aprirsi ed un vociferare all'ingresso. La risata di Logan ruppe il silenzio. Come non riconoscerla, rideva di gusto e solitamente coinvolgeva tutti con le sue espressioni buffe. "Capo, siamo a casa! Scusa se ho tardato, ho incontrato Susy con un'amica che andavano alla Rupe! C'è Luna Nuova, stanotte! Che ti va di mangiare, preparo tre panin..." Logan era rientrato assieme a James, rispettivamente 15 e 10 primavere. Logan era uno spilungone alto e magro, con le spalle larghe, gli occhi azzurri e i capelli castano chiaro, riccioluti e indomabili come lui. James invece era un po' più basso con i capelli biondi e gli occhi azzurri e di indole più timida e riservata. Logan si bloccò entrando in salotto, quando vide Elle e me davanti al caminetto. Fenrir se ne stava accucciato sul tappeto davanti a noi, sonnecchiando tranquillo. "Chi è lei?" Chiese col suo solito tatto. Sentii Elara stringersi a me e prendermi la mano con entrambe le sue piccole manine. "Lei è Elara e beh... abita con noi da adesso." Dissi. Mi guardò come se avessi detto qualcosa in una lingua sconosciuta ed incomprensibile. "Capo... hai fatto danno?" Chiese fissandomi, mentre James fissava sorridendo Elle, che ricambiò il suo sorriso. "Ma no, ma che pensi! Non è mia figlia!" Dissi pizzicandomi lo spazio fra gli occhi, sopra il naso, piegando in basso la testa. "L'ha trovata mia madre e me l'ha affidata." Riuscii ha spiaccicare, non ero pronto a rispondere su domande che riguardassero la bambina e non ero pratico di bugie tanto meno con Logan. "La mia Regina ha trovato una bambina e piuttosto che darle una balia, la porta qui, da noi, che siamo tre adolescenti." Mi disse constatando quanto fosse sciocca come spiegazione. "Seriamente??" Mi chiese incredulo. "L'ha adottata. Solo lei, è una Lopez, non una Yerger. Mio padre non c'entra nulla." Spiegai. Dissi inventando al momento una balla credibile che rendesse la situazione più fattibile. "Vorrebbe farla crescere in famiglia ed eccola qua. Sai senza farla stare tra gli Alpha. Ce la vedi, piccola com'è, in un branco di Alpha nella casa reale?" Mi alzai in piedi e presi Elara per mano, facendole fare qualche passo con me verso Logan. "Logan, lei è Elara Lopez. Elle, lui è Logan. Logan è praticamente mio fratello, la persona di cui mi fido di più nella vita." Le dissi, per farle capire che sarebbe stata al sicuro con noi. "Ciao Lupetta!" Disse lui in tono allegro e le tese la mano Lei gli prese il mignolo e lo strinse nella sua mano per salutarlo. "E lui è James. Anche lui e mio fratello, ti puoi fidare e vedrai che andrete molto d'accordo!" James, più timido, La saluto con la mano e lei ricambiò regalandogli anche un sorriso. "Bene, presentazioni fatte. Ceniamo?" Dissi cercando di dare una normalità alla serata. "Panini! Che ci metto, salsiccia e verdura?" Chiese Logan. Elara sgranò gli occhi alle sue parole. "Che succede Lupetta, non ti piacciono le verdure?" Chiese Logan un po' preoccupato.
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