CAPITOLO DUE-4

1136 Parole
Sconvolgente. Completamente sconvolgente. Tutti i mondi collidevano in un unico dolce luogo tra le sue cosce. Il Principe aprì gli occhi, mentre i fianchi rallentavano il loro movimento e il potente seme finiva di riversarsi nel pro­fondo del suo ventre. Continuando a leccare e succhiare e mor­dere ovunque riuscisse ad arrivare, gemeva sulla sua pelle. Lei tremava, il piacere era evidente nel modo in cui non riusciva a fermarsi. Era la creatura più meravigliosa di tutti i mondi. Mentre lei implorava il suo nome, il membro del Principe era ancora duro come la pietra. Smise di mordicchiarle la spalla e si sollevò per guardarla negli occhi. Erano scintillanti, e le guance rosse per l’emozione. «Vieni, mio Re. Ora tocca a me assaporarti. Ti prego. Permettimi di imparare. Sono desiderosa di darti questo piacere.» Il Principe mostrò con un sorriso splendente la sua ammira­zione per quelle parole, mentre si spostavano in modo che Astrea si adagiasse sopra di lui. Lei per un attimo rovesciò gli occhi all’indietro. Inarcò la schiena e iniziò a oscillare piano su di lui. Si muoveva lentamente, i capezzoli duri e la pelle luminosa mentre dondolava e gemeva. Il Principe grugnì. Stava per afferrarle i fianchi e iniziare a spingere, quando lei si sollevò, quasi facendolo ruggire. Protestò mentre scivolava fuori di lei, ma Astrea aveva altre intenzioni. Si fermò quando gli morse il petto, prendendosi le stesse libertà che lui aveva esercitato con lei. Quando fu vicina al membro palpitante, lo afferrò con una mano e con la lingua lo accarezzò sulla punta. Il tocco della sua lingua era inferno e paradiso, e tutto quello che c’era in mezzo. Era il vaso di Pandora. Ne voleva di più. Portò le mani tra i suoi capelli bianchi e setosi e si avvicinò alla sua bocca, rendendo il contatto più profondo. Astrea leccò avidamente i suoi succhi, poi iniziò a consumarlo. Le sue labbra rosate lo avvolsero, scatenando dentro di lui un nuovo furore. Grugniva di desiderio e chiedeva di più. I capelli di Astrea si attorcigliavano intorno alla sua mano e ricadevano sul suo bacino, mentre lei si alzava e si abbassava succhiandolo con una ferocia divina. I gemiti che le uscivano dalla bocca mentre aveva il suo sesso in gola gli fecero di nuo­vo ribollire lo stomaco. Sentiva il piacere crescere e i suoi fianchi iniziarono a muoversi allo stesso ritmo, sempre più in profondità nella bocca della Regina. Aggrappandosi con forza ai bianchi capelli setosi, spinse ancora una volta, poi esplose, urlando nella loro antica lingua. La bocca avida non perse una goccia del liquido caldo. Ingoiava e continuava a muovere la mano, i suoi occhi rilucevano come stelle mentre guardava quelli di lui. «Sì, Astrea, oh sì! Per il vostro Dio…» gemette, mentre lei aspettava che cessasse ogni spasmo prima di allontanare la bocca. E a quel punto leccò bene il membro gonfio per assicu­rarsi che fosse perfettamente pulito. «Il tuo sapore è così dolce. Ti prego, possiamo farlo ancora?» Sollevò lo sguardo. «Oh, sì, Astrea. Di più, e più ancora. Tu sei la mia Regina e noi due porteremo nuova vita nel regno. Un’unione santa da cui discenderanno i più degni eredi di questo mondo. Io ti im­pongo questo destino.» Astrea lo guardò sussultando. «Non dovrò stare con gli altri? Posso stare con te, mio Signore?» Al solo pensiero di lei con qualcun altro, si sentì trafiggere il cuore. Non conosceva quella sensazione, ma non gli piaceva affatto. Gli sembrava qualcosa di sbagliato e orribile. «Tu starai con me, Astrea. Con me soltanto. Fino alla fine dei giorni.» Lei sorrise dolcemente e si adagiò sul suo petto, stru­sciandogli addosso il sesso bagnato. «Ti prego, posso farlo di nuovo? Vorrei provare quella sensazione ancora una volta.» Il Principe sorrise e guidò i suoi fianchi, mentre lei si lascia­va cadere sopra di lui e gemeva; i suoi seni erano pesanti e tur­gidi. «Sì», sussurrò. «Abbiamo bisogno di farlo ancora…» La sua voce si spense quando lei iniziò a muoversi, l’oscillazione armoniosa dei suoi fianchi creava una nuova fri­zione, e con essa una nuova sensazione di piacere intenso. Il mondo si dissolse. Avevano così tanto da scoprire insieme. Quell’unione era forse la ragione per cui erano stati esiliati? Non aveva mai provato niente di così bello come l’essere av­volto nel suo bozzolo caldo. Forse il loro destino era completa­mente diverso? Se stavano per portare una progenie nel mondo, come sarebbe stata? Avrebbero generato i perfetti figli di Dio. Senza dubbio. Ruggì dentro di sé mentre lei dondolava su di lui con ener­gia, gemendo di piacere e graffiandogli il petto. Così bella. Così… Mia! gridavano i suoi pensieri attraverso una travol­gente sensazione di urgenza. Urgenza di penetrare più a fondo. Di divorarla. Di esplorare ogni centimetro della sua carne. Sì, adesso conosceva il desiderio. E non era affatto come lo spiegavano gli studiosi. Dicevano che la lussuria fosse peccato, ma non poteva esistere nulla di più sacro di quell’unione. Era distante anni luce da qualcosa di sbagliato. Era così buona. Così divina. Tutti loro avevano torto. Non sapevano niente. Perché mai avevano nega­to quell’esperienza agli esseri superiori? Perché soltanto i mortali avevano la possibilità di sperimentare una tale beatitu­dine? Il sudore brillava sulla sua carne diafana e tremante, i ca­pezzoli erano duri e tesi. Il Principe si sollevò e le abbracciò la schiena, affondando i denti nelle braccia, nel collo, nei seni, sempre assecondando il suo ritmo. Con ardore fissò lo sguardo di Astrea e decise. Avreb­bero avuto degli eredi. Molti eredi. E sarebbero stati diversi da qualunque creatura esistente. I veri discendenti di Dio, non come i figli mortali del secondo Nephilim. Non era più un An­gelo di ordine superiore. Era molto di più. Adesso era Dio in quel mondo e la Terra avrebbe conosciuto tutti i suoi figli. La afferrò per i capelli, cosicché lei non riuscì a muoversi quando lui le leccò le labbra e la fece girare sulla pancia, per­dendo il contatto per un momento che gli sembrò il più lungo della sua vita eterna. Rapidamente le sollevò la schiena contro il suo petto e la penetrò di nuovo. Quella posizione, nonostante le sue dimensioni, non li soddisfaceva; le allargò le ginocchia e le mise una mano sulla schiena, costrin­gendola ad avvicinarsi con le natiche. Era stupendo, rotondo e morbido, e un grugnito gli esplose in gola. Gli mancava il respiro mentre massaggiava quella carne perfetta e spingeva dentro di lei. Astrea urlava mentre il Principe si immergeva nel suo centro e annegava in una marea di sensazioni. «Sì…» sibilò mentre la penetrava più a fondo; le sue gri­da di piacere erano una melodia nel vento. Tenendole i fianchi, sprofondava dentro di lei e, affascinato, la guardava aggrappar­si al letto e strappare le lenzuola gemendo il suo nome. Ruggì nel vedere il membro eretto e bagnato che usciva fuori per poi penetrare di nuovo, mentre la teneva stretta in vita. Quello era il Paradiso. E mai più sarebbe stato negato agli Immor­tali. Non in quel mondo. Lui era Dio. Avrebbe governato. E si sarebbe saziato di questa bellezza più e più volte fino alla fine dei giorni. Come era suo diritto.
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