Capitolo 2

1926 Parole
Capitolo 2 Invece di scrivermi di andare da lei, mi manda come emoticon un bat-segnale. SOS, si richiede sesso. La migliore pollastrella di sempre. Abe «Non capisco dove vuoi arrivare, facendomi incontrare tutte quelle teste vuote, amico. Devi cominciare a selezionarle un po’ meglio.» Mi giro sulla sedia della mia scrivania quando JB appare sulla porta e indugia lì, appoggiandosi allo stipite. «Oppure, puoi cominciare a farlo da solo.» Lui sbuffa, facendo scorrere una mano lungo la mandibola. «Sei molto più bravo di me.» «In pratica si tratta solo di un messaggio. Penso che potresti cavartela.» Lo fisso negli occhi, tamburellando la matita sulla superficie della scrivania. «Nessuna di loro ha notato che non ti ricordi niente di ciò che vi siete scritti?» «No. Sono troppo occupate a giocherellare con i capelli.» Ride. «Questa di stasera però... era piuttosto sexy.» Kristy M. Me la ricordo. Bruna. Del posto. Adora i gattini, i lustrini e le consorelle della sua confraternita. Oh, e morirebbe per un ristorante di sushi decente in città. «Se era così sexy, qual era il problema?» «Volevo farmi succhiare il cazzo, non sentirla blaterare delle sue due fottute micie tutta la serata.» Questo mi fa ridere. «Ma a te piace la micia.» «Non lo stesso tipo di micia che piace a Kristy.» Sogghigna, indugiando ancora sulla porta. «Troppo pelosa.» JB tira fuori la lingua e fa il gesto di leccare. «Ho un’idea, forse dovresti smettere di uscire con ragazze che pensi siano sexy. Forse... e chiamami pure pazzo per averlo suggerito, dovresti provare a trovare una ragazza con cui hai qualcosa in comune?» «Ma non sono io quello che parla con loro. Sei tu.» Sembra confuso, povera anima ingenua. «Giusto.» Getto la matita sulla scrivania, girandomi fino a mostrargli la mia schiena ampia, e alzo le spalle. «Infatti pensavo cercassi una fidanzata, non una facile scopata.» «Voglio entrambe le cose.» «Allora smettila di provare a scoparti ogni tipa che respira, incontrata durante questi appuntamenti.» Continuo a non guardarlo in faccia. «Non sono appuntamenti. Ci incontriamo per un drink.» «È così che li chiami? Incontri per un drink?» Che cazzata. «Semantica.» «Qual è il problema?» Lo sento strusciare i piedi mentre apro il portatile, accendendolo. «Non voglio essere obbligato a rimanere per il tempo di un pranzo o di una cena, specialmente se la pollastrella è appiccicosa all’ennesima potenza, non potrei sopportarlo.» Glielo concedo, ha senso. Ma comunque… «Ho capito, ma dovresti essere tu quello che parla con queste ragazze, non io. È un casino su tutti i fronti.» «In inglese sei più bravo di me, amico. Inoltre, ci sai fare con le ragazze.» «Che vuol dire che ci so fare con le ragazze?» Non ho un appuntamento da più di un anno, il che significa che non faccio sesso da più di un anno, il che significa che non vedo un vero paio di tette da un anno. La mia vita sentimentale è maledettamente patetica. «Amico, ho letto quello che hai scritto a quella Tiffany, era fantastico. Che tutto accade per una ragione e la bellezza comincia da dentro? Geniale.» «Sì. Sono un genio.» Voglio dire, sono veramente quasi un genio. Negli ultimi tre anni sono sempre stato tra gli studenti migliori dei miei corsi. In questo momento ho la media del ventinove abbondante. Non male per qualcuno che ha a malapena il tempo di pulirsi il culo, per non parlare dello studio. «Allora, quando andrai al tuo appuntamento con Shelby?» JB si strofina il punto sulla nuca che gli fa sempre male, cerca di lavorare sul nodo mentre considera la mia domanda. «Non lo so. È piuttosto irritante.» Sì, è vero. «Ha detto che non sta cercando un amico di penna, qualunque cazzo di cosa significhi.» L’avevo visto ma non avevo ancora risposto. «Significa che non vuole continuare a chattare. Vuole incontrarti, così da poter capire se sta perdendo tempo oppure no.» «Non lo so, amico. Non sono sicuro di voler uscire con qualcuno che usa le parole uhm e ah-ah ottomila volte in un giorno.» No. «Dipende da te, amico.» Io non uscirei con lei, ma non sono JB, e non è il mio account LoveU. Io sono il burattinaio che tira i fili, ma è lui ad andare in scena. Gesù, sono un idiota quando si tratta di analogie. Come se avesse avvertito i miei pensieri, sento il mio coinquilino prendere un sospiro lungo e rumoroso. «Lasciala perdere, okay? Iniziamo a cercare la qualità, non la quantità.» Be’, questo è sicuramente un nuovo sviluppo. JB sta prendendo in considerazione di uscire seriamente con qualcuno? Mi sorprende. «Qualche richiesta particolare?» Ci pensa un po’. Inspira e si raddrizza. «Solo una ragazza che potrei presentare a mia madre all’occorrenza, ma che mi faccia anche venire voglia di scoparla, molto.» Giusto. Non dimentichiamo quello. «È là fuori che ti aspetta, campione.» Rido, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla. «Da qualche parte in questo campus ci sono delle ragazze a modo che aspettano solo di essere scopate dal grande Jack Bartlett.» «Accidenti, lo spero.» Povero piccolo, non riesce nemmeno a capire quando qualcuno è sarcastico. Chiaramente gli si è danneggiato il cervello dopo tutte le volte in cui gli hanno premuto la faccia sul tappeto. JB è un wrestler nella media. Bravo, ma non eccezionale. Lo era fino a quando Tasha non ha rotto con lui; da allora, i suoi schienamenti sono diminuiti drasticamente e oltretutto non si allena abbastanza. I suoi voti sono decisamente calati. Si potrebbe anche dire che fanno schifo. Per farla breve: Jack dovrebbe concentrarsi di meno sul trovare una sostituta di Tasha e focalizzarsi di più sul wrestling e sullo studio. Per come sta andando ora, gli ci vorrà un altro anno per raggiungere i crediti formativi richiesti dall’università per laurearsi. Se proprio vuole rompermi il cazzo e chiedermi un favore, farebbe meglio a pregarmi di dargli ripetizioni, non di trovargli una ragazza. Vabbè. Non voglio giudicare e farò tutto il possibile per riportarlo sulla retta via. Tornare a vincere, avere voti migliori, tornare a darsi da fare. Se questo significa accedere a un’App di appuntamenti e fingere di essere lui qualche ora a settimana, okay. Voglio il meglio per i miei amici. Quello che fa nel suo tempo libero non dovrebbe essere affar mio, purché paghi puntuale la sua parte di affitto e rimanga fuori dalle mie cose, ma non posso fare a meno di sentirmi in qualche modo responsabile per lui dal momento che è il mio coinquilino e compagno di squadra. Sono fatto così. I suoi genitori gli danno il tormento per il suo atteggiamento negli ultimi tempi, e di tutto quel cazzeggiare non ne sanno nemmeno la metà. Non mi dispiace avere il bastardo tra i piedi, preferisco che rimanga. «Penso che lunedì dovresti fare il test per la commozione cerebrale» scherzo. «Nah. Ne ho appena fatto uno un paio di mesi fa.» Si toglie la felpa con il cappuccio e la getta sul mio tappeto. «Dovrei essere a posto.» Bang. Capito quello che intendo? Il povero ragazzo non capisce quando qualcuno lo prende in giro. Mi schiarisco la voce e metto fine alla conversazione. «Va bene, se questo è tutto ciò di cui hai bisogno...» La frase resta in sospeso mentre alzo il libro rimasto aperto sulla scrivania accanto al portatile. Il disordine sulla scrivania fa sembrare che stia studiando con impegno, ma la verità è che studiare mi viene abbastanza naturale. Mi ci vorrà al massimo un’oretta per rivedere alcune note. «Riassumendo: ragazza speciale, basta con la quantità. Scopabile.» Inarco le sopracciglia. «Penso di non aver dimenticato niente.» «No, è perfetto così. Più tardi effettuerò il login e cliccherò su chiunque.» Su chiunque. E questo è il problema. «Sì, grazie per l’aiuto extra.» Mi fa il gesto di spararmi con le mani a forma di pistola, prima di allontanarsi dallo stipite della porta. «Nessun problema.» Poi se ne va, si chiude la porta alle spalle e io sento il rumore dei suoi piedoni echeggiare nel corridoio. Guardo fuori dalla finestra, nel buio, verso la casa accanto: ogni finestra dell’appartamento al secondo piano è illuminata. Il bagno si trova direttamente di fronte alla mia stanza, il suo interno è oscurato da due tende bianche fluttuanti. Sono leggere, ma abbastanza opache da non poter vedere attraverso, non che ci abbia provato. È una casa abitata da ragazze, con nessuna delle quali ho mai parlato. Le poche volte che sono uscito alla loro stessa ora (sembrano sempre uscire in gruppo), ho percorso il marciapiede a testa bassa per evitarle e schivare il contatto visivo. Carine. Socievoli, la maggior parte di loro. Cordiali, a giudicare dai saluti educati, ma questo è tutto. Molto truccate e con risate fragorose. Dalla loro casa proviene sempre della musica, e sono quasi sicuro che una o due di loro siano delle cheerleader della squadra di football. Una è una ballerina. Altre sono in una confraternita. Perché le evito? Non sono il mio tipo; sono più il tipo di Jack, non che io le discrimini in base alle attività extrascolastiche. Questo mi renderebbe uno stronzo, e non sono nemmeno quello. Mi piace pensare di avere la testa sulle spalle, non tra le nuvole. L’ombra di una figura appare davanti alla finestra del bagno, c’è una silhouette dietro la tenda. Tengo il segno sulla pagina del libro di testo che sto leggendo e intanto studio la forma del corpo, sentendomi in colpa. Sono sicuro che si sta togliendo la maglietta, tirandola lentamente sopra la testa come se sapesse che sono seduto a guardare. Si abbassa, probabilmente per togliersi la parte di sotto e Cristo, mi sento un fottuto guardone. Giuro che non lo sto facendo apposta. La finestra del bagno è proprio lì, davanti a me, davanti agli occhi, e questa è la prima volta che noto qualcuno che si spoglia in quella stanza. Giuro su Dio, ci presto a malapena attenzione. Mi vergogno, abbasso lo sguardo sul mio libro di testo, con la mente che vaga. E pensa solo al sesso. Non toccare il tuo uccello mentre guardi, Abe. Non toccare il tuo fottuto uccello. Non tocco il mio uccello. Aspetterò, lo farò più tardi a letto, quando l’immagine sensuale di una ragazza senza nome e senza volto, con grandi tette, che si toglie i vestiti, sarà stata cancellata dal mio cervello dallo studio del testo di biologia di fronte a me. Riga dopo riga, le parole mi attraversano la mente, senza che ne resti alcuna. Non riesco a concentrarmi. Concentrazione zero. Prendo un respiro profondo, frustrato, e mi passo una mano tra i capelli folti e scuri. Vago con lo sguardo verso il cellulare, che ho messo a faccia in giù per non distrarmi dallo studio, lo sollevo e faccio scivolare il pollice sulla superficie liscia dello schermo. Esito qualche secondo prima di decidere quale app aprire. Controllo il mio account Snapchat e aggiungo la mia storia, mando un breve video a mio fratello minore, un altro a mia sorella minore. Il mio pollice indugia su quella maledetta App di appuntamenti, e per quanto protesti e finga di odiarla, una parte di me invidia Jack che ha le palle per usarla. Be’, non proprio personalmente, ma almeno si sta mettendo in gioco uscendo con delle ragazze. Io mi sto nascondendo dietro Jack, fingendo di essere lui, che storia del cazzo, troppo occupato o dannatamente spaventato per uscire io con qualcuno. Non che sia una gran perdita. Sono poche le ragazze su LoveU che hanno attirato il mio interesse. La maggior parte di loro sembra falsa, per non parlare di tutti i filtri animali che in tante usano. Come diavolo fa un tizio a sapere che aspetto ha una ragazza quando ha una lingua di cane che le pende dalla bocca? È maledettamente strano. E non dimentichiamo le ciglia finte. Lo spray abbronzante. Tette finte e reggiseni push-up. Sopracciglia disegnate. Gesù, avrei paura di far scorrere le dita tra i capelli lunghi di una ragazza, e se ne strappassi accidentalmente una ciocca? Ne sto cercando una vera. Non l’ho ancora trovata. Nemmeno dopo aver sfogliato centinaia di profili. Apro l’App, fingendo di annoiarmi mentre lo faccio. La verità è che sono interessato a trovare una ragazza per me stesso. Ma sono anche sicuro che non la troverò in una stupida App.
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